TRUMP VINCERÀ DI NUOVO

image_pdfimage_print
Nonostante le previsioni di impeachment presidenziale, che però negli ultimi giorni si stanno sgonfiando a vista d’occhio, in questo caso è un modello predittivo di Moody’s a dirlo: Trump siederà per altri 4 anni alla Casa Bianca (e addirittura con una larga maggioranza). E lo fa con tanto di logica stringente e analisi dettagliata delle motivazioni alla base della previsione. Ovviamente se l’economia tiene…

 


Il modello parte da una premessa: che alla fine gli elettori guarderanno più alla loro pancia che ai grandi ideali politici quando si recheranno a votare. E cosa dice quest’anno la loro pancia? Che la disoccupazione è scesa, il reddito è cresciuto, le tasse sono calate e la borsa macina ogni giorno nuovi record. Tutto ciò peraltro alla faccia della Federal Reserve con la quale Trump ha ingaggiato nei mesi scorsi una battaglia mediatica (vinta alla grande) perché la FED stava alzando i tassi invece di abbassarli, “spiazzando” l’economia americana e privandola della sufficiente liquidità per gli investimenti, nel timore di una fiammata inflazionistica che in realtà non c’è mai stata.

E il bello è che questa previsione riguarda uno dei presidenti che ha più diviso il paese tra sostenitori e detrattori, uno dei meno amati dal punto di vista della simpatia e dell’impatto mediatico, per stessa ammissione di Moody’s, sebbene possa in compenso contare su una forte stabilità dell’elettorato che lo sostiene, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato:


Certo l’assunzione centrale alla base della previsione di Moody’s Analytics è che l’attesa di una recessione nel 2020 si riveli quantomeno precoce, se non del tutto infondata. E l’esito di tale scommessa è ad oggi tutt’altro che certo: la crescita dell’economia americana ha continuato a rallentare negli ultimi mesi, e la disoccupazione, da tempo ai minimi storici di sempre, potrebbe di conseguenza risalire.

A fare da contraltare a tale possibilità ci sono i profitti delle imprese, che scendono sì, ma tutto sommato si mostrano stabili, e non solo: le riserve di liquidità degli americani all’estero che vengono rimpatriate (l’investimento delle quali aiuta a generare nuovi posti di lavoro) nonché l’enorme immissione di liquidità che la banca centrale americana di è trovata costretta a pompare (ma soltanto all’ultimo momento, perdendoci anche la faccia).

Questo della liquidità è l’altro cardine centrale delle motivazioni che spingono prendere in considerazione la possibilità che la previsione sia stata formulata correttamente: entro la fine dell’anno è possibile che i nuovi interventi della Federal Reserve e delle altre banche centrali nel mondo giochino un ruolo importante non soltanto nel sostenere l’economia reale, ma anche e soprattutto nel sostenere le quotazioni delle borse valori, a partire da quella a stelle e strisce, dal momento che continua ad esercitare sui capitali di tutto il mondo un’attrazione fatale: in ogni angolo del globo infatti una prudente ripartizione degli investimenti sul mercato mobiliare vede, per ogni dollaro investito localmente, una quota di quel dollaro inevitabilmente destinata ad essere spesa a Wall Street.


E se Wall Street continuerà ad essere in forma anche l’umore degli americani si adeguerà, premiando le imprese innovative che vi si recano per trovare capitali per la crescita e alimentando la crescita economica e la trasformazione digitale degli Stati Uniti d’America che, a sua volta, genera lavoro e ricchezza. Tutto questo non può che premiare l’amministrazione attualmente all’opera, cioè quella repubblicana che è riuscita nel risollevare le sorti dell’economia.

Una parte importante dello studio di Moody’s è infatti la propensione degli americani al cambiamento (rispetto all’amministrazione esistente): quando le cose vanno bene il loro pragmatismo li porta ad abbassarla decisamente, e ciò incrementa le chances di vittoria del presidente in carica.

Stefano di Tommaso