INVESTIRE COLLEZIONANDO: Patek Philippe 1463

LA COMPAGNIA HOLDING
Patek Philippe è senza dubbi il brand più famoso e rispettato dell’industria orologiera, solitamente associato a preziosi ed eleganti orologi da sera. E’ necessario attendere fino alla comparsa del Nautilus nel 1976 perché entri a listino un “orologio sportivo”. Comunque, quando analizziamo le prime referenze di Patek Philippe, è facile distinguere come certi disegni siano chiaramente pensati per clienti dallo stile di vita più vivace.

Ecco spiegato perché parleremo della referenza 1463, uno dei più famosi cronografi nella storia degli orologi ed una pietra miliare nella produzione di Patek Philippe.

Genesi di un mito

La produzione del Patek Philippe 1463 spazia dai primi anni ’40 agli anni ’60 circa, quando venne ritirato. La cassa impermeabile di questo cronografo a carica manuale misura 35 mm di diametro, ed il meccanismo è attivato da due grandi pulsanti rotondi con finitura antiscivolo, è stato velocemente soprannominato “Tasti Tondi” dai collezionisti italiani e così conosciuto in tutto il mondo. La produzione è stimata tra i 700 ed i 750 esemplari, di cui poco più di 200 esemplari sono apparsi sul mercato o nei libri.

Il cuore di tutti i 1463 è il calibro manuale Valjoux 23, che venne assemblato e rifinito da Patek Philippe, che lo rinominò cal. 13-130. Presenta una funzione cronografica con ruota a colonne e due sottoquadranti, con sfera secondi al 9 ed indicatore da 30 minuti del cronografo ad ore 3.

LA COMPAGNIA HOLDIN

In produzione per circa trent’anni, l’orologio venne incassato in oro giallo, rosa ed acciaio inossidabile. Con l’oro giallo come più comune – per quanto “comune” possa essere un Tasti Tondi – gli esemplari in oro rosa ed acciaio inossidabile sono incredibilmente rari. Sebbene alcuni studiosi ritengano possibile l’esistenza di altri metalli – probabilmente ordini speciali – non esiste traccia di esemplari in oro bianco, platino o metalli misti.

La cassa

Taubert et Fils, marchio ginevrino fondato da François Borgel (comunemente indicato dalle iniziali FB sul retro dei fondelli) era ben conosciuto per le sue casse impermeabili e venne incaricato di creare la cassa per il 1463. La cassa del primo Patek impermeabile è realizzata in tre pezzi, con fondello a vite ed una copertura interna in ferro morbido con funzione antimagnetica. Inoltre, i famosi grandi pulsanti rotondi furono scelti per aumentare la resistenza all’acqua.

LA COMPAGNIA HOLDING

Possiamo dividere la produzione delle casse in due serie differenti. Possiamo ritrovare la prima, che presenta anse leggermente incurvate, lungo il seriale 620.xxx per l’acciaio, mentre le prime casse in oro rientrano intorno al seriale 623.xxx. La seconda presenta un piccolo ricciolo sulla parte finale dell’ansa, e possiamo trovarla tra il seriale 625.xxx e 2.6xx.xxx per l’acciaio inossidabile, mentre tra il 628.xxx ed il 2.647.xxx per l’oro. Mentre normalmente le casse del 1463 sono a scalino, quattro esemplari prodotti da FB in un range di seriali molto limitato, sono noti per avere una ghiera piatta. Queste casse sono state soprannominate da alcuni “pre-serie”, sebbene non siano tra le più antiche.

Il quadrante

Come i collezionisti ben sanno, il quadrante può essere fonte di grande differenza in collezionabilità e valore quando parliamo di orologi d’epoca. Il Tasti Tondi presenta una discreta varietà di quadranti, che rendono chiaramente più raro l’intero orologio.

LA COMPAGNIA HOLDING

Possiamo dividere i quadranti in due serie, ed è importante chiarire come gli esemplari in acciaio possano presentare solamente quadranti della prima serie, mentre entrambe sono apparse su esemplari in oro. Mentre i primi presentano doppia minuteria a ferrovia, una per i minuti e l’altra generalmente accoppiata ad una scala tachimetrica, i seconda serie sono facilmente riconoscibili per la singola minuteria a ferrovia con tachimetro esterno e minuti interni. Il cambio di quadrante è avvenuto intorno al seriale 2.615.2xx, con una leggera sovrapposizione tra le due serie. Nonostante questo, è comunemente accettato trovare quadranti della seconda serie su seriali più bassi, cambiati durante una revisione.

In prima serie sono stati prodotti un una grande varietà di configurazioni. Il colore più frequente è l’argento, mentre i più rari sono rappresentati dal rosa e dallo champagne e, a seconda delle stampe, possono apparire in due o tre finiture. La scala tachimetrica è la più facile da incontrare nei prima serie, con “Base 1000” meno rara rispetto a “Base 1 Mile”. Punzoni d’importazione, firme di concessionari ed estratti dimostrano come questi più rari modelli fossero destinati al mercato americano, rendendo questi esemplari maggiormente ricercati. In ogni caso, parlando di scale sui quadranti, la più desiderata e rara è la scala pulsometrica, rinvenibile in un numero incredibilmente ridotto di pezzi. Gli indici sono sempre applicati e sono noti tre diverse configurazioni: Breguet ad ogni ora, 12/6 Romani accoppiati a punti o batons, e 12/6 Arabi accoppiati solamente a batons. Le lancette possono essere sia a foglia che a baton.

In seconda serie sono meno vasti in termine di varietà. La maggior parte sono incassati in oro e quasi tutti presentano scale tachimetriche “Base 1000”, con indici baton applicati e numeri arabi applicati al 12 ed al 6. Le lancette sono sia dauphine che baton. E’ possibile trovare alcuni quadranti rari, sia nella prima che nella seconda serie, con la stampa “Swiss” ad ore 6. Nonostante non sia mai stato confermato, la maggior parte di questi quadranti possono essere rinvenuti in esemplari venuti fuori dalla Svizzera, si pensa quindi che siano stati stampati per motivi d’esportazione.

Eccezioni

Il collezionare, come sappiamo, è fatto di eccezioni e la ref. 1463 non è da meno. In realtà, vi sono alcune variazioni su pezzi unici o prodotti in numeri talmente piccoli da non poter essere classificati come “regolare produzione”. Solo quattro orologi sono noti per avere un quadrante nero, con tutte le casse nel range 653.xxx/684.xxx, in tre diverse configurazioni:

  • Tripla scala: telemetro, tachimetro e scala a chiocciola centrale
  • Due quadranti identici, montati su casse consecutive, con numeri Arabi e lancette luminose, di cui uno appartenuto a Briggs Cunningham, famoso sportivo americano.
  • Indici e lancette luminosi, doppia firma Serpico Y Laino

LA COMPAGNIA HOLDING
Credit: Christie’s

Esistono anche due modelli con quadrante argentato ed indici luminosi, entrambi con le iconiche lancette a siringa verniciate al radio, tipiche dei Patek luminosi. Il primo non presenta indici applicati, ma 12/6 arabi al radio ed un punto di vernice al radio per ogni indice, mentre nel secondo troviamo il “classico” quadrante Breguet ed indici al radio applicati. Non unici, ma sicuramente rari abbastanza da meritare una menzione, sono i quadranti a settori, possibili da ritrovare sia su esemplari in oro che in acciaio, in quantitativi limitatissimi. Esistono anche rarissimi esemplari con scala asmometrica, usata dai medici per misurare i respiri al minuto. Mentre uno è nel seriale 644.76x, il secondo venne prodotto senza numero seria e donato da Patek Philippe a Jacques Golay, uno dei migliori maestri orologiai dell’epoca, in occasione del suo pensionamento.

Patek Philippe 1563

Se pensiamo ad esempio alle referenze gemelle 1578/1579 o 2497/2499 è facile capire come, intorno alla metà dello scorso secolo, Patek Philippe usò le stesse casse, con pochissime modifiche, per accogliere diversi movimenti. Questo non è accaduto con la referenza 1463, dato che nessuna referenza parallela ha mai visto la luce della produzione di massa. Nonostante ciò, esistono tre esemplari, marchiati con la referenza 1563, che adottano la stessa cassa impermeabile con tasti tondi, ma presentano il calibro cal.13-130 a carica manuale con cronografo rattrappante, facilmente posizionabili nell’Olimpo del collezionismo d’orologi.

LA COMPAGNIA HOLDING
Credit: Christie’s

I tre esemplari, tutti realizzati in oro giallo, presentano tre diversi quadranti:

  • Quadrante champagne con idici arabi applicati al 12 e 6, scala pulsometrica
  • Quadrante argentato con indici arabi applicati al 12 e 6, scala tachimetrica, appartenuto alla leggenda del jazz Duke Ellington
  • Quadrante argentato con lancette a pugnale, indici Breguet al radio e scala tachimetrica

Il simbolo di un’era

Curiosamente, la referenza 1463 ha visto una timida crescita dei prezzi dagli anni ’80, alzandosi senza dubbio, mantenendo però un trend stabile negli anni. La spiegazione può essere ritrovata nel fatto che le sue dimensioni e la varietà di quadranti, associate ad una presenza discreta al polso ed una spiccata praticità d’utilizzo, lo resero fortemente apprezzato (e prezzato) già quarant’anni fa. Non è un orologio eccezionalmente raro, numericamente parlando. La sua grandissima importanza è data piuttosto dal fatto che è riuscito, in qualche modo, a segnare indelebilmente la storia di Patek Philippe. Il 1463 è stato infatti il primo cronografo impermeabile prodotto dalla maison, ed anche l’unico fino agli anni ’90, che grazie ad un design moderno ed uno charme senza tempo è diventato immediatamente popolare tra appassionati e collezionisti. Per Patek Philippe sarà sicuramente una sfida creare, in futuro, un altro cronografo tanto iconico come il Tasti Tondi.


Per informazioni:marika.lion@lacompagnia.it

 




INVESTIRE COLLEZIONANDO: Cartier Crash, l’orologio eclettico

Edoardo VII, re d’Inghilterra dal 1901 al 1910, coniò per Cartier una definizione destinata a rimanere nella leggenda: “Il gioielliere dei re, il re dei gioiellieri”. Possiamo quindi dire che il Cartier Crash sia “l’orologio degli eclettici e l’orologio eclettico“.

 

In effetti, le creazioni della Maison, fondata a Parigi nel 1847 da Louis-François Cartier si sono sempre distinte per eleganza, splendore e costo, accessibile solo ai più ricchi del mondo. E anche dopo la divisione dell’azienda di famiglia in tre rami, uno per ciascun fratello, le tre Cartier di Parigi, Londra e New York continuarono a disegnare e creare i gioielli più esclusivi in assoluto.

Tuttavia, si sa, le cose cambiano: nella Londra degli anni sessanta, gli swingin’ sixties, i clienti della Maison non erano più solamente gli Windsor e gli altri nobili inglesi, ma i Beatles, i Rolling Stones, e tutti i personaggi del jet-set internazionale che affollavano le pagine dei rotocalchi e avevano eletto la città più frizzante del mondo a loro residenza.

Boutique londinese di Cartier, credit Financial Times

L’eclettico ramo Londinese

Jean-Jacques Cartier, allora presidente e direttore del ramo britannico, non si fece certo cogliere impreparato: introdusse infatti a catalogo nuovi gioielli e orologi, reinterpretando design già esistenti come nel caso del Maxi Oval oppure disegnando nuovi pezzi da zero – come avvenne per l’Helm o il Pebble.

Ma la creazione più stravagante ed inaspettata fu senza alcun dubbio il Crash, orologio che, come suggerisce il nome, sembra reduce da uno spaventoso incidente. Apparentemente fuso, accartocciato o ammaccato, l’orologio in realtà è frutto di un preciso intento di design. Un design così particolare e fuori dal comune che l’indicazione dell’ora era imprecisa tra le 10 e le 11, compromesso necessario affinché gli indici romani risultassero equilibrati.

Jean-Jacques Cartier, direttore di Cartier London negli anni ’60, credits NY Times

Origine ed evoluzione

La forma del Crash, decisamente fuori dal comune, ha da sempre ispirato teorie fantasiose sulla sua origine. Alcuni sostengono che l’ispirazione sia arrivata da un Maxi Oval appartenente al direttore della boutique, coinvolto in un incidente d’auto e lì danneggiato irreparabilmente; altri, invece, sono convinti che dietro alle originali linee del segnatempo ci sia niente meno che il pennello di Salvador Dalì, ai cui orologi liquefatti i designer di Cartier si sarebbero ispirati. Entrambe le versioni, tuttavia, sono state ufficiosamente smentite dalla Maison, e sembra insomma che il Crash sia stato semplicemente un’originale ed eclettica idea figlia del suo tempo.

Tutti gli orologi più eclettici di Cartier Londra vennero prodotti in un numero molto limitato di pezzi, quasi si trattasse di un gioiello piuttosto che di un segnatempo.

Il Crash “originale” venne infatti prodotto a partire dal 1967, ma ne vennero realizzati solo una dozzina di esemplari, dei quali tre in oro bianco ed i restanti in oro giallo. La loro rarità fu da subito motore del desiderio dei collezionisti: già negli anni ‘80, nelle rare occasioni in cui un Crash London appariva in asta, le stime superavano i 100mila franchi svizzeri.

Cartier Crash del 1967 venduto da Sotheby’s per 885mila dollari, credit Sotheby’s

Dopo il 1967, il Crash sembrò cadere nel dimenticatoio della Maison: fu solo nel 1991 che Cartier, ormai riunita, decise di rilanciare il particolare orologio.

Lo fece attraverso una serie limitata di 200 pezzi, parte della “CPCP” o “Collection Privée Cartier Paris”, una serie di orologi e gioielli prodotti appunto in numero limitato e disponibili solamente presso la boutique parigina. Ancora alla capitale francese sono legati i successivi 13 pezzi, datati 1997 e prodotti per la riapertura della boutique in Rue de la Paix dopo un restauro. Il numero 13, ricorrente nell’estetica del marchio, è un riferimento all’indirizzo originale dell’azienda: il numero 13 della leggendaria Place Vendôme.

Il moderno Cartier Crash

Nel 2013 fu la volta del primo Crash “al femminile”, un modello che ricalcava le linee dell’originale aggiungendo però piccoli diamanti a taglio brillante sulla cassa e sul bracciale integrato. Nel 2015, poi, arrivò il primo (e finora unico) Crash scheletrato mai prodotto, con il quale venne inaugurata la collezione “Legénds Mecaniques”.

Due Crash del 2013, uno con bracciale standard, l’altro Pavè, credit Pinterest

Per l’occasione, il dipartimento orologeria della Maison creò uno spettacolare movimento di forma, perfettamente sagomato per la peculiare cassa, la cui piastra principale replica con il suo traforo gli indici romani tipici dei quadranti Cartier: il calibro 9618MC. Ancora una volta, l’orologio venne prodotto in pochissimi esemplari: 67 esemplari in ciascun metallo, ovvero oro bianco, giallo e rosa, per un totale di soli 201 pezzi.

Il Crash “Legéndes Mecaniques” in oro rosa, credit A Collected Man

I più recenti Crash, infine, sono il “Radieuse”, edizione di 50 pezzi prodotta nel 2018 con un particolare quadrante a specchio con un decoro concentrico che riprende le linee della cassa, e la ri-edizione del Crash 1967, ordinabile esclusivamente tramite la boutique di Londra. La produzione di quest’ultimo è limitata ad un pezzo al mese, cosa che ha ovviamente fatto nascere una lista d’attesa virtualmente infinita.

Un Cartier Crash Radieuse, credits Hairspring

Va detto però che in tutti questi anni Cartier, come ogni gioielliere che si rispetti, ha offerto ad alcuni clienti molto speciali la possibilità di ordinare comunque un Crash. Ciò ha dato vita ad un ristretto numero di pezzi unici che, apparendo sul mercato di quando in quando, hanno alimentato il culto di cui l’orologio gode al momento, contribuendo a farne lievitare le quotazioni a dismisura.

Un Crash unico del 2003 con quadrante rosso, credit Christie’s

 

Due Cartier unici appartenenti al collezionista Californiano Eric Ku

Prezzi

Il valore attuale del Crash, prestando fede ai risultati d’asta, si attesta abbondantemente oltre i 100mila euro per un modello “moderno”, dall’edizione 1991 in poi; e vicino al milione per un “London” originale del 1967. Questo vertiginoso aumento dei prezzi, più che quintuplicati per entrambe le versioni nel giro di pochi anni, è stato provocato da diversi fattori.

Prima tra tutti, la nuova popolarità di cui il marchio Cartier gode tra i collezionisti, che ha portato ad una crescita notevole e generalizzata delle quotazioni. In secondo luogo, il fatto che il Crash è apparso al polso di diverse celebrità che nulla hanno da spartire con la ristretta nicchia dei collezionisti: Kanye West, Jack Dorsey e Tyler The Creator, per menzionare i tre più noti. Infine, il fatto che, nonostante le numerose riedizioni di modelli storici viste negli ultimi anni, Cartier abbia ufficiosamente dichiarato di non aver in programma alcuna riproposizione del Crash. Insomma, chi vuole possedere l’orologio più eclettico nella storia della maison parigina non può far altro che adeguarsi ai prezzi di mercato e inseguire il sogno all’asta… o prepararsi ad una lunghissima attesa nella boutique di New Bond Street!

Inutile dire che, se siete interessati ad acquisire un orologio incredibilmente raro, vi invitiamo a mandarci un messaggio o dare uno sguardo alla nostra Collezione!

 

Ricerca effettuata da Alvise Mori
Per informazioni lnk