INVESTIRE COLLEZIONANDO: UN PATEK PHILIPPE NON SI POSSIEDE MAI COMPLETAMENTE

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Un Patek Philippe non si possiede mai completamente, semplicemente si custodisce e si tramanda”, un motto che trasuda identità e legame con la tradizione, il passaggio di mano simbolico fra generazioni che, per forza di cose, avviene anche in Patek Philippe. Un ambiente sicuramente prono all’innovazione, purché porti con sè gli stilemi cardine dell’azienda; forse avrete già capito che stiamo parlando del Nautilus, il primo “salto nel vuoto” fatto da Patek Philippe. Un salto nel vuoto perché fino al 1976 la casa ginevrina era sempre stata sinonimo di eccellenza nel campo delle complicazioni ma sappiamo anche che proprio in quegli anni vi era il boom degli gli orologi al quarzo che, provenienti dal Giappone, stavano mettendo a dura prova l’orologeria meccanica svizzera. A tal proposito, ogni brand cercava un escamotage per sfuggire alla morsa della concorrenza del quarzo giapponese. Sulla scia del Royal Oak, lanciato 4 anni prima da Audemars Piguet, anche Patek Philippe decise di puntare su un segnatempo che fosse un trait d’union fra eleganza, data dall’eseiguo spessore e la cassa dai profili smussati e sportività, conferitagli dal materiale, l’acciaio, ed il bracciale.

 

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Disegni originali firmati Gerald Genta di Nautilus e Royal Oak

Entrambi gli orologi nascono dalla matita di Gerald Genta, personaggio chiave che non ha solamente risollevato le sorti dei due brand ma ne ha altresì spianato la strada per un successo che ancora oggi non accenna a finire. Come spesso accade, l’ispirazione non muove da calcoli o studi ma si manifesta inaspettatamente nel quotidiano e sta all’artista saper coglierla ed incanalarla nei giusti binari. Il Nautilus ne è la prova, con Genta che durante una cena posa lo sguardo sulla finestra a forma di oblò del ristorante e ne trae l’idea per la cassa. Il lancio del Nautilus venne accolto con morigerato entusiasmo, in quanto, da un lato vi era l’innegabile finezza costruttiva ed estetica ma dall’altro alcuni clienti rimasero sorpresi nel vedere Patek Philippe virare su un segnatempo tanto sportivo e versatile. Il successo planetario di cui oggi il Nautilus gode era ancora lontano.

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Pubblicità Nautilus ref. 3700 in acciaio

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Brevetto della cassa del Nautilus. Credits: Monochrome Watch

Il primo Nautilus nacque sotto la referenza 3700 e veniva distribuito nelle versioni acciaio, oro ed oro-acciaio. Ad oggi tale referenza risulta sicuramente la più ricercata dai collezionisti, sia perché rappresenta la prima iterazione di questa icona, sia in quanto molti la considerano la versione più riuscita esteticamente. Infatti, accanto ad uno spessore estremamente ridotto, il primo Nautilus sfoggia una cassa di 42mm, dimensioni piuttosto inusuali per l’epoca, tanto da meritare l’appellativo di “jumbo”.

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Nautilus 3700 in acciaio. Credits: Phillips

 

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Nautilus 3700 in oro giallo. Credits: Christie’s

Proprio per accontentare la fetta di clienti desiderosa di una cassa con diametro più contenuto, nel 1981 Patek Philippe introduce la referenza 3800, ancora oggi apprezzata per l’enorme versatilità e la varietà di configurazioni disponibili. Poco dopo il nuovo millennio, nel 2004 Patek Philippe concentra le sue forze sul Nautilus, modello che da tempo non veniva innovato. La prima manovra consiste nel riesumare la cassa jumbo da 42mm del 3700, che non risulta più oversize ma perfettamente in linea con gli attuali gusti del pubblico. Nasce così la referenza 3711, la quale verrà prodotta esclusivamente in oro bianco e rappresenta la transizione verso la nuova generazione del modello. La 3711 rappresenta una rarità in termini di numeri di produzione, in quanto rimase in catalogo solo dal 2004 al 2006, anno in cui verrà introdotta la referenza che ha fatto conoscere il Nautilus al grande pubblico, la 5711.

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3711 in oro bianco. Credits: Phillips

A differenza del Royal Oak, declinato nel tempo in numerose versioni e complicazioni, il Nautilus è sempre rimasto piuttosto fedele al disegno originale e non ha mai visto l’aggiunta di complicazioni oltre la data e l’ora. Tutto ciò fino al 2018, anno in cui Patek Philippe abbina il calendario perpetuo al Nautilus in una soluzione largamente apprezzata dai collezionisti. Tale referenza, la 5740, ha rinvigorito il modello e diventerà certamente un futuro must-have.

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5740 calendario perpetuo. Credits: Phillips

Negli ultimi 5 anni, le quotazioni del Nautilus sono andate aumentando in maniera costante con il 3700 che a poco a poco ha trainato anche le referenze successive, compresa l’attuale 5711. La versione in acciaio della 3700 risulta essere la più ricercata, dal momento che sin dal 1990, anno in cui cessa la produzione della referenza, bisognerà attendere il 2004 per vedere nuovamente un Nautilus con cassa jumbo da 42mm. Oltre ai metalli canonici, esistono degli esemplari rarissimi di 3700 in oro bianco e platino. Se l’oro bianco può essere considerato una rarità degna di aggiudicazioni altissime, il platino realizzato in un meno di 5 pezzi rappresenta il re dei Nautilus e ne riassume al meglio l’importanza.
Quest’ultimo è apparso in asta per la prima volta nel 2013, momento in cui il Nautilus non godeva ancora dell’attenzione odierna, conseguendo la cifra record di 730.000 euro. Qualora tornasse sulle scene, tale esemplare conseguirebbe certamente un risultato di gran lunga superiore. Infatti, un esemplare in oro binaco, battuto nel 2020 ha ottenuto un risultato molto simile(690.000 euro) nonostante la differente rarità. Ciò riflette palesemente la crescita che il Nautilus ha sperimentato negli ultimi anni.

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3700 in oro bianco battuto nel 2020 da Phillips per 690.000 euro. Credits: Phillips

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3700 in platino battuto nel 2013 da Christies per 730.000 euro. Credits: Christie’s

Abbandonando le rarità assolute, possiamo osservare che attualmente un 3700 in acciaio possiede una quotazione che oscilla tra i 130.000 ed i 200.000 euro, cifra che vista la maggiore rarità può spaziare dai 180.000 ai 300.000 euro per gli esemplari in oro. La forbice indica le variazioni di prezzo che intercorrono fra i diversi esemplari, a seconda delle condizioni in cui si trovano e della presenza o meno del corredo originale.
La crescita esponenziale del Nautilus ed in particolare della referenza 3700 non deve sorprenderci, in quanto tale modello riflette in pieno le tendenze estetiche attuali e portandosi addosso la storia e la tradizione di un marchio come Patek Philippe, crea un binomio irresistibile per qualunque collezionista.

La ricerca è stata effettuata da Lorenzo Rabbiosi

Per informazioni: marika.lion@lacompagnia.it

 

 




FOTOGRAFIA: INVESTIRE COLLEZIONANDO

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Il mercato dell’arte e fotografia dipende da una serie di molti fattori. Possiamo definirlo un mercato complesso e particolarmente diverso da quello finanziario. Per investire in arte, pertanto, non è sufficiente saper riconoscere un’opera e stimarne il possibile valore economico, ma bisogna soprattutto conoscere il mercato e comprendere i meccanismi economici su cui si regola.

 

Per quanto concerne la fotografia, anch’essa è una forma d’arte nota e apprezzata, ma più recente nel mercato,  anche se l’interesse sta crescendo notevolmente e sempre più nuovi collezionisti considerano questo settore una nuova opportunità di investimento. Se per le opere d’arte si parla di autentico, in fotografia – essendo riproducibile – si parla di edizione limitata, ossia quante volte è stata stampata un’immagine, meglio se le copie sono firmate o timbrate dall’artista che ne autenticano la paternità. Mentre le prove d’artista sono quelle copie che non entrano prettamente nel mercato, ma vengono utilizzate a scopi personali, queste a differenza delle precedenti, vengono indicate con numeri romani da I al massimo di III. Poi dobbiamo dividere le foto in quelle storicizzate o vintage e quelle che entrano nel settore dell’arte contemporanea. Due settori ben precisi con stime e investimenti diversi tra loro.

In Italia, solo negli ultimi anni, il mercato della fotografia ha iniziato ad entrare nel collezionismo d’investimento, preferendo immagini di noti fotografi storicizzati, meglio se di moda o comunque immagini di celebrità come quelle del cinema. Allo stesso tempo si registra una crescita verso la fotografia contemporanea con autori più o meno noti grazie anche alle esposizioni internazionali sempre più frequenti, meglio se raccontano un momento storico, reportage dal tema sociale o immagini ambientali contestualizzate ad un messaggio preciso, come nel caso della mostra “Amazõnia” di Sebastião Salgado, che si tiene a Roma al Maxxi dal 1 ottobre 2021.

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Di seguito alcuni esempi di fotografia storicizzata (dove in questo momento si evidenzia un minore interesse o stabilità) e altri di contemporanea (con valori in crescita).

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Henri Cartier-Bresson (1908 – 2004) Siena, Italy. Stima 4,000 – 6,000 USD – aggiudicazione Sotheby’s (2020) 5,292 USD. Gelatin silver print, signed in ink in the margin, framed, a Ginny Williams Collection label on the reverse, 1933, printed later image: 14 by 9 1/2 in. (35.6 by 24.1 cm.

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Henri Cartier-Bresson (1908-2004) Bruxelles. Stima 6,000 – 9,000 – aggiudicazione Sotheby’s (2020) 6,300 USD – ferrotyped gelatin silver print, the photographer’s credit stamp and annotated in pencil by Martine Franck, president of the Fondation Henri Cartier-Bresson, on the reverse, framed, 1932, printed circa 1960 image: 6¾ by 9¾ in. (17.1 by 24.8 cm.

Per questo artista vi è stato un picco del valore 2012 per poi scendere gradualmente fino ad oggi (vedi grafico). I valori di oggi rendono appetibile per un investimento a lungo periodo. I grafici sono riferiti all’opera * (fonte artprice) 

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Diane Arbus, Untitled (8) 1970-1971– stima 10,000- 15,000 – aggiudicazione Phillips (2021) 27,500 USD Gelatin silver print, printed later by Neil Selkirk. 14 5/8 x 14 1/2 in. (37.1 x 36.8 cm) Stamped ‘A Diane Arbus photograph’, signed, titled, dated, numbered 49/75 by Doon Arbus, Executor, in ink, two copyright credit stamps and a reproduction limitation stamp on the verso.

Anche in questo caso il valore è sceso negli anni, confermando il cambiamento del collezionismo dalla foto storicizzata a quella – che vedremo dopo – contemporanea o di moda.

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Vivian MAIER (1926-2009) New York Public Library, New York (c.1952)
Stampa alla gelatina ai sali d’argento. Printed posthumous, 2011 Ed. 15 30,8 x 30,6 cm Prezzo di aggiudicazione: 2.800 € Stima: 2.500 € – 3.000 € Asta Photographie 09/06/2021 Grisebach, Berlino, Germania (Dettagli: Timbro successione Copyright “Vivian Maier […] © Maloof Collection / All Rights Reserved” / verso)

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Saul LEITER (1923-2013) Snow (1970). Stampa cromogenico, printed later.
Ed. AP 3. 48,2 x 32,3 c, Prezzo di aggiudicazione: 17.407 € (15.000 £ , Prezzo incluso spese : 21.932 € (18.900 £ ), asta Photographs 20/05/2021 Phillips, Londra, Regno Unito. Dettagli Firmato alla mano / verso. Provenienza: The Estate of Saul Leiter. Per Saul Leiter i valori sono stabili ma con una prospettiva di rivalutazione.

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Horst P. HORST (1906-1999), Mainbocher Corset, Paris (1939)
Stampa alla gelatina ai sali d’argento. Printed later 32,2 x 24,3 cm. Prezzo di aggiudicazione: 5.272 € (4.500 £ ).Prezzo incluso spese : 6.642 € (5.670 £ ). Stima: 7.029 € – 9.372. Works from the David Ross Collection Dal 07/09/2021 al 15/09/2021. Asta online Sotheby’s Regno Unito. Dettagli: Firmato alla mano.

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Frank HORVAT (1928-2020) “Givenchy Hat A, Paris, for Jardin des Modes” (1958)
Stampa alla gelatina ai sali d’argento, printed in 1994, 31,1 x 44,1 cm. Prezzo di aggiudicazione: 10.940 € (13.000 $ )Prezzo incluso spese : 13.784 € (16.380 $ ) Stima: 5.890 € – 8.415 € (7.000 $ – 10.000 $ )
Asta Photographs Dal 29/03/2021 al 07/04/2021, Sotheby’s Stati Uniti
Dettagli: Firmato alla mano Datato Iscritto Titolo / verso
Provenienza: Acquired from the photographer, 1997 ; Sotheby’s Paris, 12 May 2012, Sale PF1220, Lot 87

Un capitolo a parte per fotografi come Irving Penn, Helmut Newton, Richard Avedon e altri fotografi che hanno lavorato per testate internazionali nel fashion e che oggi destano sempre molta partecipazione dei collezionisti con aggiudicazioni record.

LA COMPAGNIA

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Irving Penn ‘Mouth (for L’Oreal), New York’, 1986. Dye transfer print, edition 23
Image 47,3 x 46,6 cm, feuille 57,7 x 49,6 cm. Stima 150,000 – 200,000 € Aggiudicazione 289,500 € Sotheby’s

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Helmut Newton, Yves St. Laurent, Rue Aubriot, French Vogue, Paris 1975
Gelatin silver print, printed 1981. 46 x 31 cm (18 1/8 x 12 1/4 in. Signed, titled, dated by the artist in pencil/ink and numbered 3/10 in another hand in pencil, with copyright credit reproduction limitation stamp on the verso. This print was awarded to Corinne Day as the 1992 young talent winner at the Festival of Fashion Photography in Monaco, which attracted high-powered attendance from Helmut Newton and Karl Lagerfeld to co-presenter Naomi Campbell. Stima £25,000 – 35,000 Aggiudicazione £47,880 Phillips Londra 2021

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Richard Avedon, Dovima with elephants, Evening dress by Dior, Cirque d’Hiver, Paris, August, 1955 Gelatin silver print, printed later. 23 1/8 x 18 3/4 in. (58.7 x 47.6 cm). Signed, numbered 24/50 in pencil, title, date, edition and copyright credit reproduction limitation stamps on the reverse of the linen flush-mount. Stima $150,000 – 250,000. Aggiudicato $189,000 Phillips Londra

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Peter Lindbergh. Amber Valletta, New York, USA 1993. Baryte print, printed later and flush-mounted. 223 x 148.5 cm (87 3/4 x 58 1/2 in). Signed, titled, dated and numbered on a label affixed to the reverse of the frame. One from an edition of 1 plus 1 artist’s proof. Stima £80,000 – 120,000. Aggiudicazione £115,20 Phillips Londra

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David LACHAPELLE (1963) Angelina Jolie In Poppy Field (2001)
Stampa cromogenico, face-mounted and mounted. Ed. AP 1 / 4, 74,2 x 100,4 cm. Prezzo di aggiudicazione: 9.284 € (8.000 £ ). Prezzo incluso spese : 11.697 € (10.080 £ ) Stima: 11.605 € – 17.407 € (10.000 £ – 15.000 £ ). Asta Photographs, 20/05/2021Phillips, Londra, Regno Unito. Provenienza: Maruani & Noirhomme Gallery, Knokke, 2006

La Compagnia

DAVID YARROW B. 1966, HELLO
Mural-sized archival pigment print, signed, dated, and editioned ‘AP3.’ in ink in the margin, mounted, framed, 2015; accompanied by a Certificate of Authenticity from the photographer’s studio (2). 56 by 91 in. (142.2 by 231.1 cm.) Stima 30,000 – 35,000 Aggiudicazione 35,000 $ Sotheby’s.

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ANNIE LEIBOVITZ B. 1949, DAN AYKROYD AND JOHN BELUSHI, HOLLYWOOD
Mural-sized archival pigment print, 1979, printed in 2010; accompanied by the photographer’s ‘The Master Set’ label, signed in ink (2) 37 by 37½ in. (94 by 95.3 cm.) Stima 30,000 – 50,000 Aggiudicazione 50,000 $.

E infine un omaggio a Giovanni Gastel, il grande fotografo italiano da poco scomparso, nipote di Luchino Visconti. Ritrattista d’eccezione e che qui proponiamo accanto a due delle sue opere della serie: Angeli Caduti.

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Marika Lion

Per informazioni: marika.lion@lacompagnia.it




INFLAZIONE, COME NEGLI ANNI ‘70 ?

inflazione
All’arrivo dei vaccini quest’anno le economie di tutto il mondo hanno vissuto un momento di eccezionale ripresa economica, principalmente spinta dalla ripresa dei consumi e dalla necessità della gente di tornare ad una vita normale. Pochi mesi dopo il gran rimbalzo però c’è il rischio che il forte rincaro dei prezzi possa agire come una tassa occulta sui nuclei familiari spingendo l’andamento economico esattamente nella direzione opposta, verso cioè una contrazione. Anche i margini industriali sono sotto pressione perché spesso il forte rialzo dei costi non si riesce a trasferirlo sui prezzi di vendita. E le grandi multinazionali stanno rivedendo le loro filiere produttive localizzando gli acquisti e verticalizzando le produzioni.

 

È IL COSTO DELL’ENERGIA CHE PUÒ ACCENDERE LA MICCIA

In Europa la bolletta energetica (tutto compreso: dal riscaldamento agli elettrodomestici fino al costo dei carburanti per gli spostamenti) conta almeno per il 10% della spesa per consumi e le statistiche indicano che la crescita dei costi in questo ambito sta arrivando al 40% rispetto al periodo pandemico. Inutile aggiungere che essa rischia di trascinare verso l’alto i prezzi di buona parte degli altri beni di consumo, a partire dal cibo, fino a buona parte delle materie prime, danneggiando fortemente le filiere abituali di fornitura delle imprese manifatturiere.

Energy is expected to push up inflation

L’INDUSTRIA RIDUCE I VOLUMI PRODUTTIVI

L’aumento dei prezzi dei fattori e dei costi di produzione a sua volta sta spingendo le imprese (soprattutto le più grandi e più internazionalizzate) a rivedere fortemente la propria dipendenza dalle filiere “lunghe” cioè dal commercio internazionale, sia per la forte crescita dei prezzi di trasporto, che per la scarsa affidabilità che hanno mostrato in questi mesi di forte contrazione della disponibilità di componenti essenziali come ad esempio i semiconduttori. Anche perché oramai si teme che la scarsità delle forniture possa durare ancora per qualche annetto.

Backlogs soar at German carmakers

Le fabbriche asiatiche sono costipate di ordini ma la sensazione è quella che esse siano sempre meno interessate ad esportare ad occidente le proprie produzioni dal momento che la domanda locale è in crescita così come i prezzi di acquisto di materie prime e semilavorati. Se questo problema è valso durante l’estate quasi solo per l’industria automobilistica e quella aeronautica, già alla fine di Agosto esso si era esteso a buona parte del resto delle produzioni, generando rialzi dei costi di produzione che in molti casi le imprese non sono state in grado di riversare sui prezzi di vendita e soprattutto forti contrazioni nell’output produttivo.

COME NEGLI ANNI ‘70 ?

La scarsità dei beni che si riversano sul mercato è ovviamente sempre il primo fattore responsabile dei rialzi dei prezzi e, a guardare in prospettiva ciò che sta avvenendo, sembra proprio di essere tornati alla corsa all’accaparramento che si è vista all’inizio degli anni ‘70. E tutti sanno com’è finita: la spirale inflazionistica dei prezzi a due cifre che si è generata dopo un po’ di tempo in cui tutti pensavano che il rialzo fosse temporaneo ha sconvolto il mondo e ha creato problemi tanto ai mercati finanziari quanto ai cambi valute.

Consumer price index

Sebbene gli ultimi dati indichino qualche controtendenza negli Stati Uniti d’America, le cui imprese sono state anche le prime a soffrire di questi problemi, bisogna tener conto del fatto che il continente europeo è molto più esposto di quello americano alle importazioni dal sud-est asiatico ed è molto più dipendente dalle importazioni di quanto lo sia l’America.

IL PESSIMISMO AUMENTA TRA GLI INDUSTRIALI

Tanto che una recente pubblicazione di Bank of America indica tra i fattori di pessimismo per l’economia più l’inflazione che la ripresa della variante Delta del Covid-19. In America poi a scendere sono stati quasi solo i prezzi dei beni e servizi che hanno vissuto più intensamente la ripreso dopo la fine del lockdown, come i ristoranti e i biglietti aerei, ad esempio. I nuovi contagi dovuti alla variante delta hanno di nuovo calmierato quei consumi, ma gli altri prezzi hanno registrato un’ulteriore accelerazione, per cui è legittimo supporre che, quando l’attuale ultima ondata pandemica si sarà esaurita, l’inflazione riprenderà a crescere.

European future gas prices are soaring

E LE TASSE POTREBBERO ADDIRITTURA SALIRE

Il problema è così grande che anche i governi di quasi tutto il mondo si stanno muovendo, nella consapevolezza del fatto che la situazione può peggiorare bruscamente con l’arrivo di un possibile inverno freddo. Si sta pensando a sgravi fiscali e alla possibilità di controbilanciare i timori diffusi con nuove misure fiscali espansive che, se da un lato possono favorire gli investimenti e contribuire a migliorare la fiducia delle imprese, dall’altro lato gettano ulteriori timori circa l’acuirsi dell’inflazione e circa il rischio che il prelievo fiscale possa incrementare ulteriormente nei prossimi mesi per effetto degli interventi governativi. E nel nostro Paese che già ha superato ogni record sarebbe una vera iattura!

European OECD Country Rankings

Il momento magico della ripresa economica sembra insomma essersi esaurito fin troppo velocemente, lasciando il campo alla sensazione che si sia innescato quest’anno il medesimo movimento infernale che ha portato -cinquant’anni fa- al primo importante shock petrolifero globale e all’incapacità da parte delle autorità monetarie, di arginare l’inflazione dilagante.

DI NUOVO TROPPO OTTIMISMO SUI MERCATI

Inutile dire quello che sappiamo già: che i mercati finanziari probabilmente anticiperanno tutto ciò con molto disordine sui listini delle borse e una spiccata ripresa della volatilità complessiva, nonché degli ovvi possibili rialzi dei tassi d’interesse. Correzioni in vista dunque? È assai probabile, sebbene il peggiorare delle condizioni economiche globali possa indurre le banche centrali a continuare a pompare liquidità sui mercati, quantomeno per acquistare titoli del debito pubblico. È su questa base che sino ad oggi c’è stato fin troppo ottimismo, come si può leggere dal grafico riportato:

bearishness

L’effetto di questi interventi però sino ad oggi ha tenuto alto il livello delle quotazioni borsistiche, ed è possibile che questa tendenza non sia affatto esaurita. È ciò che spinge alla prudenza i gestori dei patrimoni in questi giorni, nel timore di fare qualcosa che potrà rivelarsi stupido nel giro di poco tempo, andando a intaccare la bella performance sul valore dei portafogli, accumulata nei primi trimestri di quest’anno.

SCENDERANNO I MARGINI INDUSTRIALI ?

Ma è l’altro timore quello che può giocare un brutto scherzo alle borse: il rischio che i maggiori costi possano provocare una clamorosa riduzione nei margini di profitto delle imprese (sui quali si basano le valutazioni aziendali). Il grafico qui sotto riportato (pubblicato da Bank of America) mostra i risultati di un recente sondaggio tra i gestori di fondi di investimento, e parla fin troppo chiaramente.

Margins expected to worsen

E per quanto anche questo rischio del calo dei margini industriali e di conseguenza dei profitti netti attesi sia ancora prevalentemente percepito come temporaneo e passeggero, qualche riduzione della fiducia dei mercati può provocarla ugualmente, oltre a quella sensazione di amaro in bocca che lasciano le numerose analogie con quanto già avvenuto negli anni settanta, in cui ci vollero un paio d’anni per comprendere che la fiammata inflazionistica non era più da considerarsi “temporanea”.

Stefano di Tommaso