CON LA QUOTAZIONE DI NEXI E SIA, LA BORSA VA VERSO LE FINTECH

Con l’ipo di Nexi (la ex Carta SI) si prospetta per la Borsa Italiana una delle più importanti quotazioni previste nel 2019 in tutta Europa. Il gruppo Nexi, attivo nella gestione delle carte di credito e leader nei pagamenti e nella monetica, è nato dall’Istituto Centrale delle Banche Popolari (Icbpi) e da CartaSì ed è posseduta da un consorzio di fondi di private equity: Bain Capital, Advent e Clessidra. Ha un valore che, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbe essere compreso tra 7 miliardi e 7,5 miliardi.

 


L’operazione Nexi è destinata a muovere le acque stagnanti della Borsa Italiana non soltanto perché si tratta di una delle maggiori ma anche perché il mercato dei sistemi di pagamento è in grande fermento in tutta Europa! Il gruppo, guidato da Paolo Bertoluzzo ha in progetto di sbarcare sul listino del mercato telematico azionario entro aprile per permettere ai fondi di private equity Clessidra, Bain e Advent di disinvestire, dopo essere rimasti soci di Nexi dal 2014 con il 93,2% del capitale.

ANCHE SIA GUARDA ALLA BORSA

Alla faccia del rischio-Italia poi, la quotazione in Borsa di Nexi non sembra peraltro destinata a rimanere isolata per la Borsa Italiana, dal momento che si fa un gran parlare anche di quella di SIA, società italiana che ha Cassa Depositi e Prestiti come primo azionista attraverso Fsia Investimenti srl (49%, oltre a un 17% indirettamente detenuto tramite F2I) ma che può vantare tra i propri azionisti anche Banca Intesa, Unicredit, Banco Bpm, Mediolanume e Deutsche Banked ed è attiva nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture tecnologiche per istituzioni finanziarie, banche, imprese e pubbliche amministrazioni, nelle aree dei pagamenti e della monetica in oltre 50 Paesi, anche attraverso società controllate in Austria, Croazia, Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Ungheria e Sudafrica. La società ha inoltre filiali in Belgio e Olanda e uffici di rappresentanza in Inghilterra e Polonia.

Anche per SIA il dossier quotazione è aperto da tempo, per due grandi motivi: per finanziare la crescita interna dei ricavi (Payments Canada ha appena scelto Sia per realizzare il nuovo sistema nazionale per i pagamenti di importo rilevante denominato Lynx) che si prevede arrivino a 800 milioni in 2 anni, e per effettuare due importanti acquisizioni in Europa dove SIA è già in short-list.

L’IPOTESI DI FUSIONE TRA NEXI E SIA

La valutazione che circola sul mercato per SIA è di circa 3 miliardi di euro e l’importo previsto di raccolta dalla Initial Public Offering, assommando l’aumento di capitale e la cessione di azioni da parte degli attuali soci, dovrebbe raggiungere il miliardo di euro. Non è nemmeno esclusa la fusione tra le due realtà (Nexi e SIA), da cui potrebbero nascere sinergie immediate per quasi 100 milioni di euro e un gruppo risultante dall’aggregazione con valorizzazione superiore a 10 miliardi di euro, in grado di competere con colossi come Wirecard, Worldpay, Igenico, Worldline e Nts nelle acquisizioni di realtà minori, nonostante i multipli siano stellari (con valutazioni intorno alle 20 volte l’EBITDA).

IL PRECEDENTE DI ADYEN

La verà novità è perciò quella che in Europa gli investitori del mercato dei capitali stanno tornando a rivolgere la loro attenzione ai titoli delle società attive nei servizi digitali di pagamento. Il mercato delle FinTech sino all’altro ieri sembrava destinato ad essere oggetto di attenzione soltanto da parte del Venture Capital, ma oggi non è più così.

C’è ad esempio il precedente di Adyen, società olandese che si è quotata pochi mesi fa alla borsa di Amsterdam con una valutazione di circa 7 miliardi di euro, che offre servizi di pagamento estremamente competitivi grandi banche e emittenti di carte di credito, nonché sistemi di pagamento online. Ayden ha acquisito clienti di primissimo piano tra cui, da Facebook a Uber, e ha registrato ricavi per oltre un miliardi di euro nel 2017. Non solo. Poco tempo fa Adyen ha rimpiazzato PayPal come fornitore ufficiale di Ebay, posizionandosi così al vertice del settore dei pagamenti.

LO SGUARDO LUNGO DELLE BIG TECH


Oltre ai tradizionali operatori dell’universo dei pagamenti digitali, compresi Bancomat (società partecipata da 132 istituti di credito e che fornisce servizi finanziari a 440 banche), e i gestori di carte di credito come Visa e Mastercad, a cercare di rafforzare le posizioni a livello internazionale ci sono anche le BigTech mondiali, da Apple a Alibaba fino a Samsung, e non è un caso che Amazon, Google, Facebook stanno cercando di ottenere licenze bancarie in Lussemburgo, Irlanda e Lituania.

Da non sottovalutare poi la contiguità di questo mercato con quello delle «fintech», piattaforme in grado di offrire servizi finanziari e di trasferimento di denaro tra privati come, per quanto riguarda l’Italia, Satispay, che oggi conta 430mila clienti, o Tinaba che promette di trasformare lo smartphone in un portafoglio.

UN MERCATO CHE PUNTA AL RADDOPPIO

Nel 2021, secondo uno studio di Cap Gemini e Bnp Paribas, i pagamenti digitali nel mondo arriveranno a raddoppiare i valori attuali, toccando gli 880 miliardi. In Italia, dove solo il 28% delle transazioni avviene senza denaro contante, lo spazio di crescita appare più ampio che mai.

Stefano di Tommaso




IL CREDITO ALLE IMPRESE CONTINUA A RESTRINGERSI MA UNA SPERANZA ARRIVA DAL FINTECH

È la stessa Banca d’Italia ad affermarlo in una nota dello scorso 22 Gennaio: nel 2018 la domanda di credito nel nostro Paese è cresciuta ma l’offerta no, anzi si è ulteriormente irrigidita. Soprattutto per le piccole imprese, che non hanno trovato sfogo negli strumenti alternativi offerti dal mercato dei capitali a quelle di dimensioni un po’maggiore. Ma all’orizzonte sembra emergere una vera e propria rivoluzione finanziaria…

 

LA RITIRATA DELLE BANCHE

Complice la normativa europea sempre più stringente sui requisiti di capitalizzazione delle banche, queste ultime rispondono alle accuse di aver ristretto i cordoni della borsa facendosi sempre più promotrici di servizi alle imprese, dall’intermediazione per la loro capitalizzazione al supporto dell’internazionalizzazione. Tuttavia mel corso del 2018 i prestiti alle piccole e medie imprese si sono contratti in totale del 5%, cioè di 40 miliardi di euro, nonostante che le sofferenze creditizie verso le medesime imprese si siano ridotte del 31%, vale a dire di 53 miliardi (da 173 miliardi a 120).

La statistica appena citata accomuna tuttavia le medie alle piccole imprese: sono quelle fino a 5 dipendenti le vere vittime sacrificali del momento. Pur costituendo -in numerosità- il 91% del totale degli operatori economici italiani, queste ultime ottengono soltanto l’11% del totale di credito erogato nel nostro Paese. Da questo punto di vista è scattata una vera e propria emergenza nazionale, dal momento che in Europa l’Italia era già il fanalino di coda quanto a disponibilità di credito per gli operatori economici e che l’ultimo intervento pubblico della Banca d’Italia certifica l’impotenza del medesimo istituto ad agire per contrastare la deriva.

L’ASCESA DELLE PIATTAFORME FINTECH

Ma per fortuna sta decollando una nuova modalità di erogazione del credito alle imprese, basata sul moltiplicarsi delle piattaforme finanziarie online (dette : FinTech) che offrono il cosiddetto P2P Lending vale a dire i “prestiti peer to peer”, cioè il credito erogato direttamente dal prestatore di denaro al suo prenditore.


Nel corso del 2018 questo sistema ha canalizzato a favore delle piccole imprese 763 milioni di euro, più che raddoppiando quanto fatto nel 2017. La stima (prudenziale) per l’anno in corso è che saranno superati i 1200 milioni di euro, in netto rialzo rispetto a quanto previsto dagli analisti fino a pochi mesi fa.

Il mercato potenziale però è molto più vasto: ammonta a 50 miliardi di euro la stima dei microprestiti erogati alle micro-imprese di cui le banche italiane farebbero volentieri a meno perché oggi considerati non remunerativi.


Le piattaforme FinTech rispondono alle esigenze di un mondo che cambia, nel quale le informazioni corrono in tempo reale, tutto passa dai dispositivi mobili (come gli smartphone e i tablets) e la generazione dei “millennials” (cioè colo che sono nati a ridosso del nuovo millennio) è cresciuta maneggiando dispositivi digitali e adesso che inizia a detenere risorse finanziarie le vuole investire in modo più efficiente.

Inoltre è oramai comprovato che ne Paesi economicamente più evoluti il sistema dei pagamenti si sposta ad una velocità sorprendente verso gli strumenti digitali, e non solo tramite le carte di credito (esempio: Paypal). Secondo uno studio di PWC già nel 2018 il 56% degli operatori finanziari tradizionali ha incorporato strumenti FinTech nella propria offerta alla clientela e addirittura l’82% di essi prevede di aumentare le proprie partnership nei prossimi tre-cinque anni.

UN NUOVO MODELLO DI BUSINESS

Andiamo allora a scoprire le caratteristiche di questo strumento innovativo (la piattaforma FinTech) che di fatto rivoluziona il concetto stesso di banca commerciale, adeguandolo ai tempi che corrono e alle tecnologie più moderne:

  • il fatto stesso che la proposta si propaga esclusivamente sulla rete e non tramite sportelli bancari permette di individuare la prima: non ci sono vincoli territoriali nè aree geografiche preferite: l’extraterritorialità di internet è sicuramente una prima carta vincente; 
  • il prezzo del credito è molto probabile che risulti nominalmente più elevato, dal momento che deve essere tale da congiungere domanda e offerta di credito, ma anche più trasparente e privo di altri balzelli quali le numerose commissioni che le banche applicano sui conti correnti, su ogni comunicazione e su ogni servizio aggiuntivo, dato che le piattaforme finanziarie online sopportano costi molto limitati; 
  • sinora la maggior parte delle transazioni di credito online si sono rivolte al Factoring di crediti commerciali verso imprese di medio-grandi dimensioni, ma la maggior domanda di credito si posiziona sui finanziamenti per cassa e sulla raccolta di capitali online (detta anche : “crowdfunding”) per cui è soprattutto in queste direzioni che il mercato del credito P2P online può fare grandi numeri; 
  • la raccolta di depositi da parte delle FinTech avviene con la diretta finalità di finanziare delle specifiche imprese, e dunque il modello di business non genera rischi di insolvenza del debitore per il bilancio della piattaforma, perché quei rischi rimangono in capo a coloro che partecipano alle singole iniziative di credito; 
  • quanto sopra ovviamente limita molto la capacità di raccolta di risorse da parte delle singole piattaforme perché molti potenziali prestatori percepiscono un rischio elevato sulle somme che vi depositano. Dunque è questa la “frontiera efficiente” del P2P Lending: la possibilità di mutualizzare i rischi di erogazione tra un certo numero di imprese beneficiarie dei prestiti P2P, cosa che per definizione è un prodotto assicurativo; 
  • un’ultimo aspetto da sottolineare è il rating che esse attribuiscono all’impresa beneficiaria: ad oggi è “confezionato” artigianalmente da personale interno, con tutti i limiti che ciò può significare. Qualora la rischiosità delle erogazioni fosse mutualizzato tra un gran numero di imprese beneficiarie, nonché attutita da sistemi più efficienti di valutazione dei rischi, allora il successo delle piattaforme sarebbe -come dire?- “assicurato”.

Sino ad oggi tuttavia sono stati ben pochi i precursori di questa rivoluzione digitale. E soprattutto sono state quasi assenti le banche commerciali, che si presume possano avere i migliori benefici a mettere un piede anche dentro questa scarpa.

Le cose nel mondo digitale evolvono tuttavia molto velocemente e forse già il 2019 potrebbe risultare l’anno della “svolta”! In base ai dati Nielsen e a quelli dell’ Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano (School of Management) nel 2018 la percentuale di cittadini italiani che hanno utilizzato un servizio Fintech/Insurtech è stata dal 25%contro il 16% di un anno prima. Nella classifica dei servizi più utilizzati con il grado di soddisfazione più alto troviamo: mobile payment (16%), servizi per budget familiari (15%), trasferimenti P2P (12%) e Chatbot (9%).

LA CONVERGENZA CON L’ INSURTECH

Ma per i motivi sopra riportati è forse più probabile che la “svolta” arrivi dagli operatori del mondo assicurativo (già peraltro a loro volta impegnati nello sviluppo di piattaforme di Digital Insurance Technology, altrimenti nota come “InsurTech”). Questo è probabile tanto per la convergenza ineluttabile tra i diversi operatori del mercato finanziario, quanto perché è forse soltanto dalle competenze dei prodotti assicurativi che può originare l‘effettivo abbassamento della rischiosità del P2P Lending.

Stefano di Tommaso