QUANDO SCENDE LA TASSAZIONE DELLE IMPRESE

La proposta di riforma fiscale che si è consolidata al Congresso Americano (il parlamento degli Stati Uniti d’America) comporta una drastica riduzione dell’aliquota di tassazione del reddito imponibile (dal 35% al 20%) e con ogni probabilità non rimarrà un fenomeno isolato e legato alla parabola politica di Doonald Trump. Esiste una tendenza generale al ribasso della tassazione delle imprese che trae fondamento dall’interesse un po’ di tutti a far sí che il maggior numero possibile di soggetti investa, intraprenda e faccia assunzioni di personale, affinché l’economia cresca e tutti possano trovarsi in una condizione di maggior benessere.

 

In Europa come al solito arriveremo un po’ più tardi a metabolizzare il concetto ma ritengo sia altrettanto probabile, in quanto la prima nazione che muoverà in tal senso è il Regno Unito, adesso che è finalmente fuori dell’Unione Europea e che ne ha toccato con mano di recente i benefici osservando da vicino lo sviluppo economico che ha avuto l’Irlanda, ancor oggi quasi un paradiso fiscale.

COME CAMBIANO LE CONVENIENZE

La riforma fiscale americana tuttavia non arriva in maniera generalizzata a migliorare indistintamente le aspettative di profitto di tutte le imprese. Si porta dietro invece una serie di cambiamenti e novità che non è difficile presumere verranno adottati anche da molte altre nazioni, quali la riduzione della deducibilitá degli oneri finanziari e in generale una semplificazione del sistema di tassazione che ridurrà il numero e l’ammontare delle spese deducibili ai fini del reddito imponibile.

Che tali riduzioni di beneficio porteranno nuovo slancio alle borse è facile intuirlo (sebbene le quotazioni stratosferiche che queste esprimono di fatto ne incorporino già le aspettative).

Ma le misure collaterali che vengono varate accanto alla riduzione delle aliquote (che hanno per molti versi un gran senso, al fine di rendere sostenibili le riduzioni di aliquota per le casse pubbliche), cambieranno senza dubbio le cose man mano che il processo suddetto si espanderà. La riforma americana prevede ad esempio che gli oneri finanziari restino deducibili sono alla soglia del 30% del Margine Operativo Lordo (ebitda).

SARANNO DISINCENTIVATE LE SITUAZIONI AZIENDALI AD ELEVATO INDEBITAMENTO

In generale possiamo quindi immaginare che ciò che verrà disincentivato maggiormente sono le situazioni di elevato indebitamento (e dunque si può desumere che ciò sospingerá le compravendite, fusioni e aggregazioni di imprese, come pure le operazioni di acquisizione con la leva finanziaria, per le quali la convenienza evidentemente si riduce. E insieme a queste ultime subiranno una riduzione della redditività gli operatori che più ne hanno beneficiato in passato: i fondi di private equity.

L’impatto peraltro è stato stimato che sarà piuttosto lieve, quantomeno sintantoché i tassi di interesse si manterranno bassi. Se invece dovessero volgere decisamente al rialzo le cose cambieranno parecchio.

È facile intuire perciò che la tendenza fiscale accompagnerà e sosterrà il processo di ricerca di nuove fonti di capitale (e dunque la tendenza a quotarsi in Borsa) e il consolidamento/la concentrazione dei settori economici più maturi e meno redditizi, ma d’altro canto non potrà che favorire un’ulteriore concentrazione della ricchezza in poche mani forti e in generale a favore dei detentori di capitale liquido.

I fondi di private equity peraltro troveranno un incentivo intatto nell’effettuazione degli investimenti produttivi, ma non avranno la medesima convenienza a comprare imprese fortemente “capital intensive”, dal momento che avranno un beneficio fiscale solo se effettuano “nuovi” investimenti.

Niente male dal punto di vista dell’incentivo alla creazione di nuovi posti di lavoro e allo sviluppo delle nuove tecnologie. Un po’ meno positiva la cosa se osservata dal punto di vista di chi pensa di cedere la propria impresa: la riduzione delle aliquote di deducibilitá della leva finanziaria non potrà che limarne le valutazioni.

Stefano di Tommaso




LA CRISI DI ALITALIA

E’ il fallimento di un sistema che vede l’azienda pubblica operare senza la consapevolezza di aver testato una formula imprenditoriale.

 

Spesso i motivi della crisi aziendale derivano dall’incapacità del management di cogliere la necessità di soddisfare la clientela attraverso un sistema di prodotto complesso.

Un mio recente studio sul posizionamento di mercato delle compagnie Aeree, ha dimostrato  che la web reputation di Alitalia è all’ultimo posto rispetto a quella delle altre compagnie di Bandiera degli altri paesi Europei e che -addirittura- la maggior parte di clienti non  è nemmeno in grado di distinguere se si tratti di duna compagnia Low Cost oppure no.

LA DIVERSA PERCEZIONE RISPETTO A “EMIRATES”

Nello stesso studio avevo altresì dimostrato che i viaggiatori che dichiarano di avere viaggiato in classe economica tanto su Alitalia che su Emirates (che ha una delle web reputation più alte tra le compagnie studiate), percepiscono di avere avuto sula compagnia mediorientale più spazio a disposizione. Sebbene tale circostanza non sia probabilmente vera, in quanto i posti sono in verità equidistanti, l’esempio dimostra come la comunicazione delle due compagnie determini un diverso livello di percezione di servizi: Alitalia ha chiuso l’esercizio 2016 con un disavanzo operativo (Ebit) di €275 milioni e una perdita netta di €348 milioni con molti rilievi da parte degli analisti finanziari che rappresentano che nelle pieghe dei conti sono evidenziati rischi rilevanti, con un onere aggiuntivo di ulteriori €310 milioni (Fonte: Dragoni Gianni, “Alitalia accelera sul piano industriale” su Il Sole 24 ore del 26 gennaio.
Emirates però ha un EBITDAR, prima cioè un margine operativo al lordo anche dei costi di noleggio, pari a 9.200.000 AED pari a circa 2.300.000 euro (Fonte: Annual Report 2016 “Emirates”).

MASSIMIZZARE LA SODDISFAZIONE DELLA CLIENTELA

I clienti di Alitalia lamentano che non ci sono più molte rotte, e le rotte cancellate sono quelle in cui, attraverso la cosiddetta “Classe Magnifica” Alitalia otteneva i migliori risultati. La dismissione delle rotte, evidentemente risponde ad un esigenza di cassa, che ha consentito la soddisfazione momentanea di alcuni interlocutori sociali, a fronte dell’insoddisfazione della clientela.

Allo stesso modo, mentre ogni compagnia, mette a disposizione dei migliori clienti, numerosi posti che possono essere acquistati con le miglia, Alitalia, dichiara “candidamente” sui Social Media che è necessario prenotare anche 11 mesi prima-, senza considerare che nell’ultimo triennio è pressoché raddoppiata la quantità di miglia necessaria per ottenere un volo su altra compagnia del gruppo SKY a spese di Alitalia. I primi elementi di un risanamento aziendale sono sempre quelli endogeni. Non sembra possibile, risanare un’azienda senza passare per il tentativo di massimizzare il valore prodotto per i propri clienti.

Una formula imprenditoriale si valuta sempre secondo due prospettive, da un lato il sistema dei clienti che è soddisfatto mediante il sistema di prodotto, dall’altro lato, il sistema degli interlocutori sociali che si aspetta al remunerazione dei fattori produttivi apportati.

Non c’è dignità nel tentativo di speculazione sulla funzione d’uso del sistema dei prodotti. Tale speculazione, solo apparentemente ha l’effetto di determinare un impoverimento del cliente e un trasferimento a favore dell’azienda. Nei fatti, c’è solo una distruzione del valore aziendale, che ha effetto tanto dal lato della percezione dell’impresa, nel sistema di prodotto, tanto dalla parte del sistema degli interlocutori sociali. Non esiste formula imprenditoriale se il sistema dei clienti non è soddisfatto dal sistema di prodotto, che comprende, tra l’altro, la qualità, il prezzo, la completezza dell’offerta la credibilità del marchio e la sua riconoscibilità.

I TAGLI SBAGLIATI

Nel caso di Alitalia, non vi è dubbio che tagliare i voli a lungo raggio, quelli dove la classe Magnifica era un’eccellenza sia stato più miope che poco lungimirante. Ma il vero problema non è questo. Il miraggio di un low cost irragionevole e di infima qualità ha distrutto Alitalia. È la mancanza di una formula imprenditoriale protesa alla soddisfazione del cliente: sono le migliaia di critiche sistematiche che le persone postano sui profili dei Social, è il palpabile senso di insoddisfazione del sistema dei clienti. Non c’è intervento monetario di investitori esteri o italiani che siano, che possa determinare un risanamento se prima non si agisce su questi sistemi che determinano la soddisfazione del cliente.

L’economia si definisce globale, da cui il termine globalizzazione, perché globale è il mercato di riferimento, ma è prima di tutto la globalizzazione dei clienti, che agiscono tra di loro comunicando secondo un meccanismo che è stato definito “prismatico”, evocando l’idea delle facce dei diamanti in cui ciascuna da luce a tutte le altre.

Tale  meccanismo della comunicazione (non più verticale, ma prismatica)  è quello che sta  rivoluzionato l’applicazione di tutti i modelli economici aziendali, impattando sulla possibilità di una singola impresa o di un singolo aggregato, di mutare i meccanismi determinanti della generazione di valore in un mercato o della percezione del valore nel sistema degli interlocutori sociali.

Attraverso i social media chiunque è in grado di generare strutture di comunicazione, profili, gruppi di vario genere, strutture di fans, pagine di amici, di seguaci e persone influenti seguite.  Come dimostra il recente caso divenuto virale di un cliente della United Airlines filmato mentre viene cacciato dall’aereo per un problema di overbooking la cui colpa era imputabile solo alla compagnia aerea, la disattenzione di un’impresa verso i propri clienti si propaga in tempo reale sulla rete, e diventa un pericoloso driver di disvalore.

UNA METAFORA DEL “BEL PAESE”

Il rilancio di Alitalia, metafora del rilancio del paese Italia, deve partire da un profondo ricambio della mentalità e dunque del suo management, dal ritorno all’efficacia, e dalla fine del corporativismo, che nel caso Alitalia si è espresso in posizioni sindacali miopi e senza possibilità di essere sostenibili economicamente nel tempo.
Proporre una nuova divisa per il personale di bordo avrebbe potuto essere il simbolo di un cambiamento, ma il cambiamento non c’è stato, e alla fine, di nuovo c’è stata solo una divisa arabeggiante, che poco aveva a che spartire con la tradizione Italiana e più che altro sanciva il passaggio in mani straniere.

La compagnia di bandiera, come il nostro Paese, se vogliono decollare, devono tornare ad essere innanzitutto progressive, e al contempo legate alle proprie tradizioni: aperte sì verso l’esterno, ma soprattutto devono puntare alla soddisfazione, dei propri clienti come dei propri cittadini, oppure il malcontento continuerà a trasformarsi in disvalore, perdite economiche e dunque crisi.

 

Alessandro Arrighi
Dottore Commercialista
e Senior Partner de La Compagnia
P.S.
Sul medesimo argomento vorrei citare qui anche un mio precedente articolo : http://www.alessandroarrighi.com/eccellenza-di-cantu-e-fallimento-alitalia/