QUANTO DURA LA CORREZIONE DEI MERCATI?

Le quotazioni di Wall Street sono scese la scorsa settimana sulla scia di una contrazione dei consumi americani e sui timori di una nuova stagione di stagflazione. Ma quanto è realistico pensare che, a fronte di un rallentamento della crescita economica, i prezzi potranno continuare a salire? E quanto è possibile che il rallentamento che sembra di intravvedersi possa trasformarsi in una recessione? Pochino, al momento! I profitti netti delle imprese americane sembrano infatti continuare a correre, sebbene possa profilarsi un incremento dei salari all’orizzonte, a causa del blocco all’immigrazione clandestina, che li calmierava. Dunque le borse potrebbero presto accorgersi del fatto che l’attuale procurato allarme sia privo di fondamento. Anzi: che la discesa dei tassi d’interesse a lungo termine potrebbe proseguire aggiungendo benzina al motore delle borse!

 

L’INFLAZIONE STA DAVVERO SALENDO?

Una serie di dati statistici sembra rafforzare la narrazione che le tariffe doganali del presidente Donald Trump rallenteranno la più grande economia del mondo, mentre la misura di inflazione preferita della Federal Reserve (la Personal Consumption Expenditure, che misura l’aumento dei prezzi esclusi cibo e energia) è aumentata di un decimo di punto a Febbraio. Difficile però affermare che il rialzo dal 2,7% al 2,8% possa significare che l’inflazione sta ripartendo alla grande, almeno sino a quando non ripartiranno alla grande i prezzi delle materie prime.

I CAPITALI STANNO FUGGENDO DALL’AMERICA?

Gli investitori da qualche tempo sembrano essersi allontanati dalle borse americane per andare in Europa o in Cina, o per comperare oro e altri beni-rifugio. Ma il fatto che i titoli di stato a stelle e strisce sul mercato secondario salgano di prezzo e scendano di rendimento (ora il Treasury Bond decennale è al 4,26 per cento) autorizza a pensare che non c’è vera fuga dei capitali dall’America, bensì un mero riposizionarsi su fronti meno speculativi. Qui di seguito il grafico del Treasury Bond a 10 anni e la tabella di tutti gli altri bond americani, aggiornata a Venerdì:


LA STAGIONALITÀ DEI MERCATI BORSISTICI

Occorre infatti ricordare infatti l’ovvia stagionalità dei corsi azionari. Come si può vedere nel grafico qui sotto riportato, la correzione attuale sembra soltanto aver accentuato un fattore assolutamente stagionale (in neretto l’attuale andamento dell’indice SP500 e in grigio l’andamento medio del medesimo nei precedenti 5 anni):


Giudicare l’attuale correzione delle quotazioni di Wall Street è impossibile senza tener conto delle eccezionali valutazioni che i titoli a stelle e strisce avevano raggiunto fino allo scorso metà Febbraio: da vera e propria bolla speculativa. La correzione attuale, di poco più del 10% per i titoli industriali e del 15% per quelli tecnologici, non può da sola autorizzare l’allarme che il “mainstream” mediatico vuole accreditare (sebbene, come vedremo, la medesima correzione non possa ancora dirsi “conclusa”).

Nell’ultima settimana l’indice S&P 500 di Wall Street è sceso del 2% mentre il Nasdaq Composite incentrato sulla tecnologia è scivolato del 2,7 per cento. Nel grafico qui sotto riportato si può tuttavia vedere come la tendenza di fondo dell’ultimo anno resti ampiamente positiva:


Un rallentamento dell’economia americana che, trainata principalmente da consumi eccessivi effettuati da parte di uno dei popoli meglio pagati al mondo e più abituati a contrarre debito non soltanto per acquistare beni durevoli ma sinanco per pagare i viaggi turistici, era quasi necessario a causa di una serie di fattori strutturali primo tra i quali ad esempio la necessaria moralizzazione della folle spesa pubblica che aveva caratterizzato la precedente stagione politica. Nessuno oggi tende più a ricordare il gigantesco rischio di insolvenza cui stava andando incontro il bilancio federale americano solo un paio di mesi fa: al momento del passaggio di consegne da parte di Biden.

LA “BUFALA” DELLA STAGFLAZIONE

L’ultima trovata della campagna mediatica anti-Trump è poi che l’attuale scenario possa condurre ad una situazione di stagflazione (cioè di ripresa dell’inflazione e stagnazione dell’economia). I dati attuali però non giustificano questo allarme, perché per preoccuparsene davvero occorrerebbe prima osservare un’entrata in recessione dell’economia americana (oggi tutta da verificare, per quanto, dopo anni di corsa al rialzo del Prodotto Interno Lordo essa potrebbe anche manifestarsi), e poi anche una ripresa significativa dell’inflazione, non la crescita di un decimo di punto percentuale annuo.


Soprattutto se la confrontiamo con l’andamento, ancora eccessivo, della spesa dei consumatori, aumentata dello 0,4% il mese scorso, in completa inversione di tendenza rispetto al calo dello 0,3% di gennaio. Segno di un’economia ancora lontana da ipotesi di recessione. Pochi giorni fa Goldman Sachs (una banca che non è certo favorevole a Trump) ha rivisto al ribasso le sue previsioni per il PIL americano, portandole a un tasso di crescita annualizzato dello 0,6 per cento nel 2025. Cioè comunque a una crescita.

IL SIGNIFICATO DEI DAZI AMERICANI

Donald Trump insiste con i dazi alle importazioni perché ha un duplice obiettivo: nuovi introiti per il governo federale USA (e i dazi sono da questo punto di vista uno strumento molto potente), e un rallentamento della crescita economica per domare, nel tempo, il rischio di un rialzo dell’inflazione. Anche i tagli agli eccessi e agli sprechi di spesa federale aiutano da questo punto di vista. E, indubbiamente, se l’economia rallenta la sua corsa i consumi si placano e le pressioni al rialzo sui prezzi si stemperano. La teoria che afferma l’effetto inflazionistico dei dazi è, appunto, tutta da dimostrare, nella misura in cui i dazi alle importazioni si limitino a creare un effetto sostitutivo di beni importati con beni prodotti internamente.

Alessandro Fugnoli (strategist di Kairos) fa giustamente notare che: “i dazi equivalgono funzionalmente a una svalutazione. In un contesto di strutturale sopravvalutazione del dollaro e di altrettanto strutturale sottovalutazione del resto del mondo imporre i dazi equivale a riportare i cambi tra le valute su livelli sostenibili. Se il dollaro fosse a 1.20 contro euro e non ci fossero i dazi, nessuno parlerebbe di distorsioni”.


In conclusione i mercati stanno sistematicamente riallineandosi, sebbene in modo scomposto (dunque con molta volatilità dei corsi) verso un riequilibrio tra le valutazioni d’azienda che venivano espresse dal mercato americano e quelle, fino a ieri molto inferiori, dei mercati europei e asiatici. Ovviamente il rischio è che i margini delle imprese occidentali quotate, sino ad oggi molto ampi, possano progressivamente restringersi in funzione della crescente concorrenza, soprattutto proveniente dalla Cina, con i suoi eccessi di capacità produttiva e le sue generose sovvenzioni pubbliche all’industria. I dazi alle importazioni (che sono intesi soprattutto a riequilibrare gli squilibri dell’Occidente con l’Oriente) da questo punto di vista possono aiutare a mitigare la concorrenza ma, nel tempo, il loro effetto svanirà se le imprese e le nazioni occidentali non troveranno nuova linfa per avanzare nella tecnologia e nella creazione di ricchezza.

LE VALUTAZIONI DEL MERCATO AMERICANO SI RIALLINEANO AL RESTO DEL MONDO

Dal punto di vista degli investimenti dunque le prospettive dei mercati non sono così nere come molti commentatori vorrebbero suggerire: tanto per cominciare relativamente all’andamento dei profitti attesi, per il momento per assurdo protetti proprio dalle guerre commerciali; e poi relativamente all’inflazione, che potrebbe vedere ulteriori discese nei prossimi mesi proprio in funzione del rallentamento della crescita economica e della minor pressione della domanda sui prezzi delle commodities. Cosa che peraltro potrebbe aiutare i tassi d’interesse a proseguire nella loro discesa, il che aiuterebbe a migliorare i multipli di valore espressi dalle borse.


L’andamento dell’indice ”Cyclically Adjusted Price Earnings” elaborato dal premio Nobel Robert Shiller relativamente al rapporto tra le valutazioni d’azienda espresse dal principale indice di Wall Street e la redditività delle imprese medesime, qui sopra riportato, mostra chiaramente tanto la tendenza di breve periodo quanto quella di lungo termine. Quel che se ne può dedurre è che la correzione dei mercati probabilmente non è ancora del tutto esaurita, ma anche che appare destinata ad essere riassorbita.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 116 – sa 29 mar 2025

Operazioni in essere : lu 17.3 comperato 1 GIU MICRO NAS 100 a 20000, lu 24.3 comperato 1 GIU MICRO NAS 100 a 20200 e ve 28.3 comperato 1 GIU MICRO NAS 100 a 19700. Per tutti lo stop loss resta a 19300.

Premessa: il rimbalzo degli indici azionari U.S.A. da gio 13.3 è proseguito con i normali alti e bassi fino a tutto mart. 25.3; il giorno seguente il presidente TRUMP ha confermato i dazi, ringhiando come d’abitudine e ribaltando in giù gli indici.

Non è dato sapere se stia lucrando su una posizione personale al ribasso; non fosse così, immagino che nel week end il suo staff lo inviterà a dichiarazioni meno aggressive.

Se nessun ammorbidimento pervenisse, NAS 100 è già ora a rischio di rompere il minimo del 13.3, con possibile partenza di una seconda ondata di ribassi, che presumo non avrebbe ampiezza inferiore a quella iniziata gio 20.2 e conclusa gio 13.3

GOLD GIU 25

Rammento che dalla settimana 17 – 21 marzo è iniziata una finestra che si concluderà ve 4.4., con prezzi – obiettivo tra 3030 e 3060.

Siamo già l’ uno per cento oltre tale range e sembra che GOLD sia tornato ad essere l’unico bene rifugio, surclassando altri metalli preziosi e FRANCO SVIZZERO.

Nessuna operazione possibile, al momento.

SILVER MAGGIO 25

Rammento che in marzo 2025 scade un ciclo temporale di medio – alto rilievo.

Silver è salito molto oltre l’area sopra 33,70 che attendevo per pianificare una vendita, che ho deciso di aprire solo se avvicinerà il livello di doppio massimo, quindi vicino a 34,86

Nell’ àmbito di marzo, avevo trovato un ciclo settimanale nella settimana del 24 – 28 marzo e cercherò di vendere quando si avvicinasse a 34,86 operando poi in rottura del minimo di ogni giorno precedente.
Nella settimana appena conclusa, SILVER CASH è salito fino a 34,58 – molto vicino all’area che mi interessa.

Segnalo che il future maggio sta prezzando circa 90 cent più del cash, assolutamente anomalo, quindi a SILVER CASH 34,86 corrisponderebbe il maggio fut a 35,76.

Vedremo se mantiene questo divario, ben oltre il tasso di interesse del dollaro.

Concluso marzo e conosciuto il range mensile, cercherò di sfruttarlo intorno ai suoi estremi.

DOW JONES INDU CASH

Concluso febbraio, nel quale avevo collocato da tempo un importante segnale di inversione, da lu 3 marzo a gio 13 marzo DJ cash è sceso da 44033 a 40661 pari a 7,7 %, in sole 9 sedute.

La mia operazione strategica deve essere una vendita, ma ciò è fattibile solo dopo un profondo rimbalzo.

Ho cercato quindi un acquisto, inizialmente per finanziare lo stop loss della futura operazione strategica di vendita, ma non ha mai centrato i prezzi che ho inserito.

Il range da 45073 a 40661 è di circa 4400 punti e non posso accettare vendite sotto la metà, che ora è 42867.

Merc. 26.3 DOW JONES CASH ha sfiorato a 42821 il 50 % della discesa, ma poi la certezza dei dazi import U.S.A. ha invertito la salita.

Avevo un ordine di acquisto a 41700 per il micro fut giugno, ma è stato solo sfiorato; meglio così; tira aria pesante, salvo un urgente nuovo discorso di Trump che possa attenuare la prospettiva.

Troverei statisticamente credibile un target finale tra 39000 e 37500 per DJ CASH.

Rammento infine che ritengo poco probabile la rottura del minimo dell’anno 2024 ( 37122 ) in quanto fu uno splendido pull back sul top di inizio 2022 ( 36952 ) livello dal quale il Mercato andò giù fino a ottobre 2022 a 28660, da cui parte la trend line di cui parlo da oltre un anno e che ha accompagnato questo Mercato con un magnetismo visto non di frequente.

NASDAQ 100 CASH

Avevo indicato nel grafico giornaliero tre livelli di possibile rimbalzo, solo da osservare, per valutare la forza residua di questo Mercato, il cui raddoppio dal 2022 ( 10440 ) ad ora ( 22222 ) è stato originato da 5 – 8 titoli, mentre il resto lateralizzava.

Ma, diversamente da DOW JONES, NAS 100 non dimostra assolutamente capacità di rimbalzo, nè fino al minimo di genn 2025 a 20538 cash ( raggiunto 20292 merc. 26.3 ), tantomeno a metà del range di discesa.

NAS 100 ha eseguito, tra gli ordini inseriti nelle lettere successive al 13.3, solo due acquisti in rottura a 20000 e 20200, ovviamente più costosi e quindi rischiosi di quelli ( avvicinati, ma non eseguiti ) a 19500 prima e 19600 poi.

Nell’ultima settimana il future giugno ha prima rotto al rialzo, eseguendo l’acquisto a 20200 e salendo poi fino a 20536 merc 26.3.

Una salita del genere, in una eventuale operatività giornaliera, suggeriva di alzare lo stop loss a 20000, in pari con l’acquisto eseguito al prezzo più basso e pure induceva a togliere l’ordine di acquisto in debolezza a 19700, ma l’aggiornamento non può che essere settimanale.

Da merc. 26.3 NAS 100 è sceso molto più forte di DJ, disegnando un outside settimanale ribassista con discesa di 1179 punti fino a 19357 del future giugno, avvicinando molto lo stop loss che resta a 19300.

Ciò premesso, sin da lu 31.3, per tutti gli acquisti già eseguiti a 20000, 20200 e 19700 lo stop loss resta fissato a 19300.

Ho deciso che lunedì dalle 8.15 del mattino terrò uno stop loss a 18500, che verrà alzato a 19300 solo dalle 16.30 ( dopo 60 min dall’apertura di WALL STREET ).

Lunedì mattina infatti potrebbe proseguire ancòra la negatività estrema di ven. 28.3, mentre non mi sorprenderei di un qualche tentativo di placare gli indici e gli animi, entro l’orario di apertura del listino ufficiale.

Nota finale

Attendo la comunicazione trimestrale del portafoglio di B. Hathaway per capire se al 31.3.2025 avrà già impegnato una quota rilevante dei 334 billion.

Come ho detto, anche troppo chiaramente, immagino di no.

Leonardo Bodini




COL FIATO SOSPESO

I mercati finanziari in tutto il mondo si interrogano su ciò che succederà nel corso della prossima settimana o di quella successiva. Il Presidente americano Trump ha promesso fuoco e fiamme per il giorno 2 di Aprile, nel quale accenderà la miccia delle sanzioni globali e reciproche. Molti si chiedono se sarà davvero così ma, nel dubbio, chi deve investire attende e chi deve disinvestire preferisce comperare oro e altri beni rifugio. Anche perché l’Europa, dove molti capitali precedentemente investiti in America sono rientrati, ora rischia la guerra.

 

SU E GIÙ

Wall Street è in calo di quasi 5 punti percentuali dall’inizio dell’anno, anche se contemporaneamente scendono i rendimenti dei titoli a reddito fisso in dollari americani, mentre le borse europee sono salite di 11 punti, sebbene al prezzo di una crescita dei tassi a lungo termine in Euro. Ma nell’ultima settimana la tendenza delle azioni europee si è invertita e sono tornate a scendere. L’Eurozona infatti potrebbe subire un duro colpo se fosse oggetto di nuove sanzioni all’export verso l’America.

L’INCERTEZZA NON DIPENDE SOLO DA TRUMP

Il governatore della banca centrale americana, nel corso della sua ultima allocuzione, la scorsa settimana, ha nominato 16 volte la parola “incertezza” a proposito delle prospettive dell’economia e, nel dubbio, ha voluto dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Powell ha cioè lasciato fermi i tassi d’interesse (nel timore di una ripresa dell’inflazione, nonostante i mercati finanziari scontino ancora due tagli dei tassi entro l’estate) ma ha contemporaneamente ridotto la il programma di Quantitative Tightening (cioè di restrizione della liquidità programmata) per impedire che le banche commerciali si potessero trovare a corto di liquidità.


La crescita economica a stelle e strisce è molto probabilmente in rallentamento e sta apparentemente scendendo la fiducia di imprese e consumatori. D’altra parte quel che accade è probabilmente proprio ciò che la nuova amministrazione federale voleva ottenere: ridurre il rischio di inflazione ammansendo una crescita del prodotto interno lordo che era prevalentemente basata su consumi superflui, abbassando contemporaneamente i tassi d’interesse a lungo termine sui titoli di stato americani (e questo indipendentemente da ciò che farà la Federal Reserve di Powell, che governa quasi soltanto i tassi a breve termine). E al tempo stesso incrementare le entrate fiscali attraverso i dazi alle importazioni, usati anche per ottenere dai partner commerciali qualche vantaggio strategico.

IL RISCHIO DI ESAGERARE

Il rischio ovviamente per Trump e compagni è quello di esagerare, non soltanto riguardo all’incertezza sullo sviluppo dell’economia che le guerre commerciali possono provocare, ma anche perché al tempo stesso procede tra mille urla di dolore l’ambizioso programma di Elon Musk, incaricato dal Presidente di tagliare diversi trilioni di spesa pubblica.


Se quest’ultimo arriverà ad eccedere con le sue prese di posizione e al tempo,stesso le tattiche di Trump divenissero vere e proprie politiche protezioniste, l’America potrebbe trovarsi in recessione nel giro di qualche mese. Ma anche l’Europa potrebbe entrare in crisi con l’avvio delle guerre commerciali, sebbene sia indubbio che le minacce di Trump abbiano dato la sveglia ad una Commissione troppo impegnata a darsi la zappa sui piedi dei propri membri con le ennesime sanzioni alla Russia.

LA SOTTOVALUTAZIONE DELLE BORSE EUROPEE È PARZIALMENTE GIUSTIFICATA

L’Europa soffriva di una pesante sottovalutazione dei propri titoli azionari quotati, in parte oggi recuperata, ma l’America soffriva di una forte sopravvalutazione della propria borsa, anch’essa in parte oggi rientrata. Resta peraltro ancora un divario a favore degli U.S.A. che sarà difficile colmare, dal momento che le prospettive di profitto per le imprese del vecchio continente non sono altrettanto favorevoli quanto quelle americane. L’industria europea è infatti meno tecnologica e tendenzialmente in riduzione del proprio “output” mentre una parte importante della capitalizzazione delle borse europee è costituita dalle banche, che potrebbero vedere ridotti i loro profitti con la discesa dei tassi d’interesse europei.

Di seguito una stima aggiornata alla scorsa settimana, dei profitti cumulativi attesi per i titoli dell’indice americano Standard & Poor’s 500 che, come si può leggere in basso a sinistra, sono ancora una volta in crescita, determinando un crescente premio al rischio sui rendimenti dei titoli di stato (parallelamente in diminuzione):

PIÙ CHE I DAZI FANNO PAURA LE GUERRE

Abbiamo peraltro esordito con un titolo clamoroso (“col fiato sospeso”) che dipende anche dalle sorti di altri due scenari particolarmente complicati per l’Europa:

  • il riaccendersi del conflitto Israelo-Palestinese (che potrebbe provocare l’intervento degli altri paesi della Nazione Araba) e una recrudescenza di terrorismo e pesanti contrapposizioni geopolitiche nell’intero medio-oriente, trascinando gli U.S.A. a dover profondere risorse nella difesa di Israele, e:
    il rischio di prosecuzione della guerra in Ucraina, alimentato tanto dal programma di riarmo europeo (a traino principalmente tedesco, dal momento che la Germania vorrebbe riconvertire parte della propria industria “automotive” in produzioni militari) quanto dalle continue dichiarazioni interventiste della Francia, che spingono Mosca a non fermarsi proprio ora che -con la possibile presa di Odessa- sta per chiudere l’accesso al mare a ciò che resta dell’Ucraina.

Entrambe le “situazioni” rischiano di riaccendere le tensioni e di incrinare al tempo stesso la credibilità internazionale di Trump. La guerra è inoltre di per sé inflazionistica e potrebbe far risalire bruscamente il prezzo del petrolio, che in caso di scenari di guerra allargata tornerebbe ad essere stoccato a più non posso. Il paradosso -in caso del riaccendersi del conflitto NATO-Russia- sarebbe quello di vedere le borse internazionali eventualmente pronte a festeggiare, ma il rischio è quello di un rialzo generalizzato tanto dell’inflazione quanto dei tassi d’interesse europei, con la conseguenza di nuove spiacevoli aspettative di insostenibilità dei debiti pubblici.

Al momento però lo scenario più probabile appare quello della conferma da parte di Trump delle tariffe doganali annunciate per il prossimo 2 Aprile con una possibile conseguente prosecuzione della “correzione” delle borse americane, fino a quasi un altro 10%, anche se difficilmente potrà andare oltre senza che le prospettive macroeconomiche peggiorino sensibilmente.


I TASSI POTREBBERO SCENDERE ANCORA MA LA VOLATILITÀ RESTA ALTA

Questo scenario potrebbe spingere i tassi sul dollaro a lungo termine anche sotto alla soglia psicologica del 4% e rendere, perciò, estremamente conveniente l’investimento in titoli a reddito fisso con un possibile rialzo del cambio del dollaro.

Si tratta peraltro soltanto di ipotesi, perché a favore di una ripresa invece più rapida delle quotazioni delle borse americane (che comunque difficilmente potranno brillare) ci sono le ottime speranze di profitti (riportate più sopra) e la possibilità di un compromesso tra Russia e Ucraina, che tornerebbe a dare fiato anche all’Europa, oltre che a ridurre il rischio di vere e proprie guerre commerciali tra europei e americani.

In tutto questo la volatilità attesa resta al momento molto elevata, rendendo più difficile scorgere una tendenza di fondo sui mercati.


Per il medio periodo (dopo l’estate) tutti appaiono invece più ottimisti, tanto in relazione alla possibilità di concludere relativamente presto la stagione dei dazi doganali di Trump quanto per la possibilità che le attuali tensioni geopolitiche potranno, prima o poi allentarsi, almeno temporaneamente.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 115 – sa 22 mar 2025

Operazioni in essere : lu 17.3 comperato 1 GIU MICRO NAS 100 a 20000, ancora con stop loss a 19300

Premessa: troverete in allegato anche un grafico giornaliero di DJ TRANSPORTATION, con indicazione del livello di 15650, di cui scrissi nella N. 112 e che potrebbe assumere rilevanza, anche per giudicare la forza di un eventuale rimbalzo di DJ INDUSTRIAL, di cui la Lettera si occupa da tempo. osserviamo insieme che, mentre DOW INDUSTRIAL e NAS 100 non hanno rotto il minimo di gio 13.3, DOW TRANSPORTATION lo ha rotto, di poco e quindi è in debolezza relativa.

Perché ? Non lo posso sapere con oggettività.

Rammento solo che DJ TRAN si basa su FEDEX, UPS, linee aeree………che sono legate alle attese dei consumi di massa e la U.S. CONSUMER CONFIDENCE è scesa, non di poco.

Viceversa NAS 100 da ott 2022 a feb 2025 è passato da 10440 a 22222 sulle ali del software, semiconduttori, intelligenza artificiale.

GOLD GIU 25

Aprirò le eventuali operazioni sul contratto giugno, in quanto aprile si avvicina alla consegna.

Con uno sforzo notevole, oggi ho dedicato ore a cercare la eventuale presenza di cicli settimanali su GOLD, riscontrando che dalla settimana 17 – 21 marzo, appena conclusa, inizia una finestra che si concluderà ve 4.4., con prezzi – obiettivo tra 3030 e 3060.

Siamo già nell’intervallo, ma la 17 – 21 presenta un range piuttosto ampio da 2982 a 3057 pari a 75 USD e costringerebbe ad uno stop loss ampio.

Mi auguro quindi che nelle prossime due settimane GOLD indugi nell’area indicata, riducendo la volatilità e consentendo una vendita con rischio contenuto.

Durante le due settimane potrei eseguire una vendita intorno a 3050 – 3060 GOLD CASH ( + 28 USD per contratto giugno ) utilizzando il pattern giornaliero per piazzare lo stop loss, strategia non gestibile da una lettera settimanale.

SILVER MAGGIO 25

Rammento che in marzo 2025 scade un ciclo temporale di medio – alto rilievo.

Silver è infine salito anche oltre l’area sopra 33,70 che attendevo per pianificare una vendita, che ho deciso di aprire solo se avvicinerà il livello di doppio massimo, quindi vicino a 34,86

Nell’ àmbito di marzo ho trovato un ciclo settimanale nella settimana entrante del 24 – 28 marzo e cercherò di vendere quando si avvicinasse a 34,86 operando in rottura del minimo di ogni giorno precedente.

Concluso marzo e conosciuto il range mensile, cercherò di sfruttarlo intorno ai suoi estremi.

DOW JONES INDU CASH

Concluso febbraio, nel quale avevo collocato da tempo un importante segnale di inversione, da lu 3 marzo a gio 13 marzo DJ cash è sceso da 44033 a 40661 pari a 7,7 %, in sole 9 sedute.

La mia operazione strategica deve essere una vendita, ma ciò è fattibile solo dopo un profondo rimbalzo.

Sto cercando quindi un acquisto, inizialmente per finanziare lo stop loss della futura operazione strategica di vendita, ma non escludo che l’eventuale acquisto possa anche rendere una % di rilievo.

La precedente N. 114 aveva inserito un acquisto del GIU DJ FUT a 41500 ma la discesa si è fermata a 41587; serve una pazienza infinita, come ho da sempre.

Auguro ai lettori di averne almeno metà della mia e si divertiranno.

Il range da 45073 a 40661 è di circa 4400 punti e non posso accettare vendite sotto la metà, che ora è 42867.

Per vendere a basso rischio occorreva farlo sopra la trend line da 28660, ma ora si trova intorno a 44900, vicina ai massimi storici.

Difficile che DJ la tocchi di nuovo e poi scenda.

DJ CASH ha chiuso ve 21.3 a 41985, quindi serve una salita intorno al 3 – 5 %, ben possibile; tutto da vedere che poi inverta.

Il doppio minimo di TRUMP ( 41647 – 41844 ) non ha retto, ma non ho fretta di vendere.

Troverei statisticamente credibile un target finale tra 39000 e 37500 per DJ CASH.

Rammento infine che ritengo poco probabile la rottura del minimo dell’anno 2024 ( 37122 ) in quanto fu uno splendido pull back sul top di inizio 2022 ( 36952 ) livello dal quale il Mercato andò giù fino a ottobre 2022 a 28660, da cui parte la trend line di cui parlo da oltre un anno e che ha accompagnato questo Mercato con un magnetismo visto non di frequente.

Ciò premesso, sin da lu 24.3, inserirò i seguenti ordini :

compro 1 GIUGNO MICRO DJ a 41700 con stop loss a 41000

e, anche nel caso di non eseguito,

compro 1 GIUGNO MICRO DJ alla rottura di un top che sarà riuscito a reggere almeno 3 gg, quindi non prima di merc 26 marzo, sempre con stop loss a 41000.

Dopo la eventuale rottura di un top che avesse retto almeno 3 gg, al tempo dell’esecuzione dell’ acquisto in rottura, per tutti gli acquisti eseguiti alzerò lo stop loss appena sotto il minimo che avrà fatto nella settimana 24 – 28 marzo.

NASDAQ 100 CASH

Il top assoluto merc 19.2 a 22222 è un numero quanto meno insolito.

Segnalo che febbraio, dopo il top storico a 22222, ha realizzato un outside mensile ribassista, figura grafica da osservare, rotta immediatamente al ribasso in marzo.

Indico nel grafico giornaliero tre livelli di possibile rimbalzo, solo da osservare, al momento, per valutare la forza residua di questo Mercato, il cui raddoppio dal 2022 ( 10440 ) ad ora ( 22222 ) è stato originato da 5 – 8 titoli, mentre il resto lateralizzava.

Anche per NAS 100, come per DJ, nel grafico giornaliero ho evidenziato una grande distanza tra i massimi ( 42 gg tra 22133 e 22222 ) che è quasi bilanciata dai 41 gg tra i due minimi ( 20538 – 19152 )

Ho quindi cercato di comperare a 19600 il GIU NAS 100 FUTURE per beneficiare del “presunto rimbalzo”, ma NAS 100 ha sfiorato il prezzo a :

– 19604 mart 18.3
– 19602 ve 21.3

negandomi l’ acquisto a basso rischio ( lo stop loss era fissato a 19300, circa 1,5 % ),

mentre è stato eseguito lu 17.3 un acquisto in rottura a 20000, ovviamente più costoso e quindi rischioso.

Ciò premesso, sin da lu 24.3, inserirò i seguenti ordini :

compro 1 GIUGNO MICRO NAS 100 a 19700 con stop loss a 19300

e, anche nel caso di non eseguito,

compro 1 GIUGNO MICRO NAS 100 alla rottura di 20200, sempre con stop loss a 19300.

Per l’acquisto già eseguito a 20000, lo stop loss resta fissato a 19300.

Da lu 31.3 mi auguro di poter alzare lo stop loss sotto il minimo del 24 – 28 marzo.

Nota finale
Pare che le considerazioni sul grande W. BUFFET siano piaciute; le penso nel profondo, ma, con 6 – 8 titoli che concentrano grande parte della creazione di valore, assumere una posizione al rialzo, prima di un vero scroscio, credo sia difficile anche per lui.

Attendo la comunicazione trimestrale del portafoglio di B. Hathaway per capire se al 31.3.2025 avrà già impegnato una quota rilevante dei 334 billion.

Come ho detto, anche troppo chiaramente, immagino di no.

Leonardo Bodini