L’ANNO DELLE CHIMERE
È possibile che il 2024 passi agli annali di storia economica come l’ ”anno delle chimere”, un anno cioè nel quale sono ricorse diverse illusioni o minacce, tutte rivelatesi poi all’atto pratico piuttosto inconsistenti. Dall’attesa di diversi tagli dei tassi d’interesse, ancora oggi non concretizzatasi, a quella dei grandi profitti che sarebbero stati generati dall’intelligenza artificiale (di fatto rinviata ”sine die”), a quella del “soft landing” dell’economia, fino alla speranza che i governi perseguano senza limiti politiche fiscali espansive e incentivi allo sviluppo, o a quella della progressiva rivalutazione delle criptovalute, o ancora la chimera della rivalutazione dei titoli “sottili”: l’avveramento di tutte queste illusioni (o timori) è stato sino ad oggi quantomeno posticipato, se non addirittura cancellato. Con ovvie conseguenze sui mercati finanziari.
L’imprevedibilità relativa agli eventi di quest’anno ci lascia oggettivamente pochi spazi per riuscire immaginare correttamente il prossimo futuro, cioè per farlo con un minimo di realismo. Si dice che la realtà è ciò che resta dopo che tutti i programmi sono andati a farsi benedire, ma in effetti in un anno come il 2024 in cui si sono registrati continui record tanto per le quotazioni delle borse valori quanto, probabilmente, anche per lo sviluppo dell’economia globale, nulla di ciò che si poteva prevedere si è puntualmente effettivamente verificato come si pensava, anzi! Nel bene come nel male. Proviamo dunque a esaminare qualcuna delle “chimere” che gli investitori hanno inseguito sino ad oggi:
LA CHIMERA DEI “TAGLI” AI TASSI
Abbiamo iniziato l’anno con la chimera più importante di tutte: quella del calo dell’inflazione, un calo che effettivamente si è verificato anche se solo parzialmente e molto più lentamente di come si poteva sperare. Cosa che ha ritardato conseguentemente il taglio dei tassi di sconto da parte della Federal Reserve Bank of America -la FED-. E’ dalla fine del 2023 che se ne parla, ogni volta rinviando le previsioni dei tagli al mese o al trimestre successivi, anche se stavolta, a fine Settembre, dovrebbe finalmente prendere corpo il primo taglio di un quarto di punto percentuale, perché è stato il suo stesso governatore a dichiararlo pochi giorni fa.
La “chimera” tuttavia per i mercati finanziari non è tanto il fatto che la FED inizi a tagliare finalmente i tassi a fine mese, cosa già ampiamente preannunciata e scontata dai mercati, bensì la percentuale complessiva a cui ammonterà il totale dei tagli che nei mesi successivi verrà considerata corretta dalla FED e, soprattutto, in quanto tempo si materializzerà. Cosa che nemmeno questa volta è stata chiarita dal governatore della FED, pur “aprendo” all’idea che la politica monetaria debba d’ora in avanti essere più espansiva.
Al riguardo i mercati finanziari “scontano” nelle loro quotazioni un taglio complessivo di almeno un intero punto percentuale entro fine anno, che significherebbe cioè un ritmo pari a un quarto di punto al mese, senza interruzioni, ovvero qualche taglio da mezzo punto percentuale. Cosa questa estrema, per non dire improbabile, data la lentezza e prudenza manifestata dai banchieri centrali sino ad oggi. E questo è dunque un argomento sul quale è ancora possibile che i mercati continuino ad illudersi, anche perché il governatore della FED non ha mostrato una determinazione assoluta, e perché già molte altre volte ha esibito una prudenza che, giunti alla fine del 2024, potrebbe rivelarsi deleteria per l’economia reale, dettata dalla necessità di evitare critiche e mantenere sempre uno spazio di manovra.
LA CHIMERA DEI PROFITTI LEGATI ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Più o meno contemporaneamente (cioè a partire dalla fine del 2023) si è discusso a lungo dei benefici effetti dell’Intelligenza Artificiale -AI- sull’economia del pianeta e sulla competizione in atto per poterla dominare. Cosa che ci ha regalato una delle più belle illusioni degli ultimi decenni: quella di straordinari profitti che potrebbero essere accumulati dagli operatori maggiormente in grado di cavalcarne la tigre grazie ad un vero e proprio cambio di paradigma dell’economia.
La “chimera” è consistita nell’attesa di una sorta di corsa all’iper-digitalizzazione dell’industria, dei servizi e della vita domestica, che sarebbe sì in arrivo ma si è visto procedere assai più lentamente di quanto si poteva immaginare. E i cui extra-profitti sono ancora tutti da verificare! La bolla speculativa che si era formata attorno alle “Magnificent Seven” a causa di ciò si è alla fine in parte sgonfiata, ma le quotazioni di alcuni titoli -come NVIDIA- restano ancora sulla luna, anche perché di profitti le grandi multinazionali ne stanno facendo tanti ugualmente.
E’ tuttavia di questi giorni la constatazione del fatto che NVIDIA ha sviluppato profitti record principalmente grazie alle enor i vendite di “microchip” derivanti dagli enormi investimenti in AI messi in campo da pochissime altre grandi imprese americane, mostrando una concentrazione della clientela a dir poco pericolosa. Dal che sarebbe intuitivo attendersi che la bonanza dei super-profitti attesi dal mercato possa non durare in eterno. E se la chimera dei grandi profitti delle multinazionali dovesse dissolversi anche le loro quotazioni stellari potrebbero ridimensionarsi.
LA CHIMERA DEL SOFT LANDING
Le borse hanno poi proseguito con un’altra chimera, quella del “soft landing” dell’economia. Cioè dell’atterraggio morbido dall’impetuosa crescita attuale dell’economia americana ad un suo ordinato e soffice ridimensionamento. L’attesa di “soft landing” ha permesso ai mercati di attendersi una decisa riduzione dei tassi d’interesse di cui abbiamo appena parlato, con la conseguenza che le quotazioni dei listini azionari hanno avuto la scusa per toccare ogni volta nuovi record, salvo poi dover ammettere che -almeno ad oggi- della recessione americana non si vede nemmeno l’ombra! (cosa diversa è per l’UE)
Il mondo occidentale sta insomma inseguendo la ”chimera” del rallentamento “salutare” (cioè morbido) dell’economia quale precondizione essenziale per la discesa dei tassi d’interesse. Ma questa a tutt’oggi non sembra affatto essere in arrivo, quantomeno non in America. E se così sarà si creeranno le condizioni perché cada ancora un’altra chimera: quella del “Merry go round” (cioè della prosecuzione per un tempo indefinito) delle politiche fiscali espansive per la maggioranza dei paesi dell’Occidente industrializzato.
LA CHIMERA DELLA SOSTENIBILITÀ DEI DEFICIT E DEBITI PUBBLICI
Si perché se il costo del servizio del debito pubblico continuerà a restare (com’è oggi) intorno ai 4 punti percentuali, allora la spesa pubblica per interessi si rivelerà molto presto insostenibile per la maggior parte dei governi emittenti. Soprattutto poi se, a far lievitare la spesa pubblica fosse principalmente quella militare, che al momento reclama forti incrementi di budget pubblici, ma nessuno è in grandi di sapere con certezza come farà ad essere sostenibile.
E questo tanto più in presenza di una politica chiara e di lungo termine volta alla “de-dollarizzazione” degli scambi internazionali da parte di un notevolissimo blocco di paesi emergenti aderenti al cosiddetto blocco dei “BRICS” (sigla che in origine raggruppava Brasile, India, Cina e Sud Africa ma cui oggi aderiscono molte altre grandi economie del mondo, il cui totale della popolazione rasenta i 5 miliardi di persone). Questo significa che sarà progressivamente sempre più difficile per l’America esportare i suoi dollari (e i titoli di stato) verso il resto del mondo, dunque poter piazzare ancora i suoi titoli a tassi bassi.
Ma se anche questa “chimera” dovesse venir meno allora lo scenario relativo alle previsioni dei tassi d’interesse quantomeno si biforcherebbe: i tassi d’interesse a breve termine, che sono governati dalle banche centrali potrebbero anche scendere, ma non quelli a lungo termine (cioè quelli dei titoli di stato a 5, 10 e 30 anni), nei confronti dei quali la capacità delle banche centrali di influenzarne i corsi (e dunque i rendimenti) sarebbe probabilmente insufficiente, a fronte di un’offerta di titoli che dovesse superare ampiamente la domanda. Con la conseguenza che la curva dei tassi d’interesse si impennerebbe.
LA CHIMERA DELLA RIVALUTAZIONE DEI BENI RIFUGIO
Non solo, ma se i tassi d’interesse non scenderanno presto e in ragione consistente, nemmeno la ”chimera” della rivalutazione elle criptovalute prenderà valore, anzi rischierà di perderne, così come i prezzi dei metalli preziosi e degli immobili (soprattutto quelli commerciali), che senza un adeguato ribasso dei tassi non potranno mantenere le quotazioni attuali. E questo a prescindere dal fatto che uno o più ETF (fondi d’investimento quotati in borsa) ne amplifichino la base di utilizzatori. Questo vale anche per le quotazioni dell’oro, i cui elevatissimi prezzi a termine (oltre 2700 Dollari l’oncia) riflettono le preoccupazioni degli investitori e i timori di un possibile calo delle quotazioni del Dollaro americano. Timori solo parzialmente giustificati.
LA CHIMERA DELLA SVALUTAZIONE DEL DOLLARO
Si parla infatti da tempo di una possibile svalutazione del Dollaro dovuta al processo di de-dollarizzazione, che in effetti ha preso lentamente piede, nel senso già citato (il progressivo abbandono dell’uso del biglietto verde in un certo numero di transazioni commerciali internazionali). Ma da qui a poter sostenere che già nei prossimi mesi il Dollaro si svaluterà ce ne passa parecchio! Innanzitutto per il fatto che molte “asset class” (categorie di investimento) offrono rendimenti decisamente superiori a quelli di titoli espressi in Euro, Yuan, Yen o Rupie.
Ma poi anche perché la domanda di Dollari è sostenuta dagli investitori che ancora oggi rispettano un principio, quello di diversificazione dell’allocazione degli investimenti a livello internazionale, che resta valido sino a prova contraria, dal momento che una parte consistente delle migliori opportunità di investimento a livello globale restano denominate in Dollari americani.
LA CHIMERA DEI TITOLI “VALUE”
E senza una prosecuzione della corsa dei listini azionari c’è il rischio che cada anche la chimera della ripresa di valore dei titoli a bassa capitalizzazione, in America le quotazioni medie di questi ultimi sono riportate dall’indice RUSSELL 2000 e in Europa da quelli dell’Euronext Growth. Ma perché questi ultimi possano rivalutarsi occorrerebbe che si riversi sui mercati finanziari tanta liquidità, che al momento invece sembra buona ma non sovrabbondante.
Anzi i titoli “sottili” sembrano interessanti proprio in quanto “Value” cioè parte di una categoria d’investimento caratterizzata dall’intrinseco maggior valore rispetto ai titoli appartenenti alla sua alternativa: i titoli “Growth”, cioè quelli che scontano già valutazioni più elevate, non tanto perché nascondano valore intrinseco quanto piuttosto perché esprimono ottime potenzialità.
Sono anni che i vari commentatori economici affermano che prima o poi si sarebbe invertita la tendenza che sino ad oggi ha visto le quotazioni dei titoli “Growth” superare di gran lunga quelle dei titoli “Value”. Ma non è stato così nemmeno durante il “sell-off” del lunedì nero di Agosto. Quello che oramai è chiaro è che i listini di borsa sono mossi quasi esclusivamente dalle azioni delle grandi multinazionali tecnologiche e farmaceutiche, dalle banche e pochissime altre, anche perché continuano a macinare profitti e dunque a giustificare le loro valutazioni stellari.
COSA POTREBBE SUCCEDERE NELL’ULTIMO QUADRIMESTRE
Sebbene non sia mai facile fare previsioni occorre segnalare che le delusioni derivanti da tutte queste “chimere” possono avere effetti pratici, così come li hanno avuti sino ad oggi: ad esempio se i tassi d’interesse non scenderanno quanto si aspetta il mercato probabilmente le borse di tutto il mondo ne prenderanno atto ridimensionandosi rispetto agli attuali livelli.
Così come è possibile che eventuali delusioni relative all’attesa di svalutazione del Dollaro portino al suo opposto: alla sua rivalutazione, soprattutto qualora il clima geopolitico internazionale dovesse peggiorare ulteriormente, in particolare qualora alle prossime elezioni vincessero i repubblicani.
E’altresì possibile che i programmi relativi alla spesa militare che oggi la NATO sta programmando per i prossimi mesi trovino delle significative limitazioni nella riduzione dei budget di spesa dei governi che non riescono a sostenere agevolmente l’onere del programma di riarmo. Quel che potrebbe intervenire è perciò la possibilità che i tassi dei titoli di stato a lungo termine non scendano quanto quelli a breve o addirittura riprendano a salire, nonostante le politiche monetarie delle banche centrali vadano in direzione contraria.
Un altro motivo per il quale i listini azionari potrebbero ridimensionarsi riguarda l’allocazione del risparmio gestito, dal momento che i venti di guerra che spirano impetuosamente potrebbero suggerire prudenza ai risparmiatori che alimentano i grandi fondi di investimento, spostando risorse dal mercato azionario a quello obbligazionario, anche qualora ciò fosse poco razionale. Il risultato sarebbe una riduzione della liquidità in circolazione sui mercati borsistici che potrebbe penalizzare soprattutto i titoli “sottili”.
LA CHIMERA DEL CAMBIO DI PARADIGMA
Dal momento infine che nei prossimi mesi il mercato finanziario internazionale mostra aspettative di un consistente calo dell’inflazione, dei tassi d’interesse e anche del tasso di crescita dell’economia globale, molte altre possibili conseguenze potrebbero svilupparsi qualora ciò dovesse avverarsi solo parzialmente, o non avverarsi affatto, ad esempio a causa del possibile sviluppo di una “seconda ondata” d’inflazione. Ma tutto questo ci riporta inevitabilmente a rammentare che, come recita un noto aforisma usato nel 1922 da Niels Bohr (il quale riprendeva a sua volta un proverbio popolare danese) “è difficile fare previsioni, soprattutto quando queste riguardano il futuro“ !
Stefano di Tommaso