IL DILEMMA DEI MERCATI
Tanto tuonò che piovve: le borse si avviano a una correzione. Ma quanto importante?
Le borse europee tengono botta galleggiando su di un sostrato di maggior liquidità e ottimismo, quelle asiatiche e americane sentono tuttavia franare il terreno sotto i piedi e, soprattutto, i titoli più colpiti dal bradisismo della correzione dei mercati sono quelli che sino a ieri avevano dato le maggiori soddisfazioni: i tecnologici. Per assurdo la loro parabola ha seguito da vicino quella delle fortune politiche di Donald Trump, che -se vogliamo ascoltare i media- sembrava invece il loro più acerrimo rivale.
Persino le banche centrali, che negli ultimi mesi stanno facendo di tutto per rendersi prevedibili, affidabili e di supporto alla crescita economica, stavolta deludono il mercato, dal momento che tirano dritto per la loro strada anche quando -dato il momento di dubbi, soprattutto geo-politici- ci si poteva aspettare anche da parte loro qualche dubbio o qualche temporeggiamento in più sulla fine degli stimoli monetari e il ritorno a un livello di tassi di interesse più elevati del “quasi zero” che è andato in onda per qualche anno.
I banchieri centrali sanno di avere pochi strumenti a disposizione per il momento in cui la fine del ciclo economico positivo si manifesterà. E per questo motivo (oltre che per far contenti i loro azionisti: i banchieri commerciali) vogliono riportare più in alto l’asticella dei tassi. Ovviamente non possono farlo con una “doccia fredda” come dicono gli Inglesi e -per descrivere il programma di normalizzazione intrapreso- la Yellen l’altro ieri si è lasciata scappare una metafora tipicamente anglosassone, dicendo che: sarà noioso come “osservare la vernice che si asciuga”. La stessa cosa succederà ai mercati finanziari?
Ma se l’inflazione indietreggia, il prezzo dell’energia rimane più stabile di un monolite di granito, la dinamica salariale non s’incendia, la crescita economica mantiene il suo ritmo e, addirittura, i rendimenti dei titoli obbligazionari scendono, i mercati si chiedono per quale motivo le banche centrali dovrebbero tirar dritto “a prescindere”? Qui però le cose si complicano perché-si sa- i banchieri perseguono tutti il mito della “forward guidance” cioè della capacità di influenzare il corso degli aventi sulla base della credibilità dei propri annunci e, se avevano annunciato per tempo qualcosa per l’intero 2017, allora vogliono far vedere che non scherzavano. Nemmeno quando il “mood” è cambiato e quel programma non piace più.
LA VERA QUESTIONE RIGUARDA LA CRESCITA ECONOMICA GLOBALE
La delusione che proviene dai banchieri centrali tuttavia può contribuire a intonare negativamente gli animi, può alimentare l’aspettativa che si ridurrà la grande liquidità che sino ad oggi ha sostenuto i mercati, ma non può spiazzare gli investitori più di tanto se il resto del quadro economico generale non cambia davvero. Anche perché la liquidità dei mercati è alimentata comunque in modo consistente dal flusso rilevante di profitti e dal moltiplicatore globale del credito.
E qui però casca l’asino! Quali sono dunque le reali prospettive per l’economia globale? Gli analisti finanziari ritengono che il destino delle borse nei prossimi mesi dipenda principalmente dalla risposta che la maggioranza degli operatori riuscirà a darà su questa domanda. Il sottoscritto piuttosto di recente si è espresso inequivocabilmente in termini positivi al riguardo (si legga l’articolo “Red Shift” cliccando sul seguente link: http://giornaledellafinanza.it/2017/06/05/red-shift/).
Ma il dibattito scende poi in profondità in relazione all’impatto che le nuove tecnologie potranno avere in termini di spiazzamento dei lavoratori che dovrebbero riuscire a riorientarsi per da seguito alle esigenze dei datori di lavoro da una parte e in termini di avanzamento della produttività del lavoro dall’altra. Anzi: gli interrogativi proseguono in termini di impatto inflazionistico che ne può conseguire e arriva a toccare l’affidabilità delle rilevazioni statistiche su cui si basano le politiche economiche e la loro capacità di tener conto dei fenomeni della sharing economy o del commercio online.
E qui la nostra narrazione si ferma: se accettiamo il principio che nell’immediato non conta tanto ciò che sta succedendo davvero bensì quello che la maggioranza degli operatori ritiene plausibile, ecco che il dilemma dei mercati si materializza in tutta la sua consistenza, lasciando ulteriormente spazio ad un corollario: l’indeterminatezza del movimento dei mercati in corso sussisterà sino a quando non potranno emergere informazioni più complete circa le tendenze economiche di fondo.
WHAT NEXT?
Aspettiamoci perciò un’estate intera di tentennamenti anche se, a modesto avviso di chi scrive, non ci sono catastrofi all’orizzonte. È chiaro che se l’oceano pacifico dei mercati si increspa un po’, allora i risultati delle puntate di Borsa dipenderanno moltissimo dal momento in cui si è entrati su un titolo e da quello in cui se ne esce. Ben più di un operatore sta solo aspettando infatti qualche storno per trovare buone occasioni d’acquisto e questa mi fa ragionevolmente pensare che il mio ottimismo non sia del tutto arbitrario!
Stefano di Tommaso