DOUGLAS MANGIA LIMONI

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Un altro pezzo della Distribuzione Organizzata passa in mano tedesca (Profumerie Douglas) al termine di un processo di risanamento della grande catena di profumerie Limoni-La Gardenia. Un successo per il fondo Orlando.

 

SI CONCENTRA LA DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA

Con 12mila negozi e 14mila dipendenti, la catena -controllata dal fondo CVC Capital Partners- era già presente in 18 paesi tra cui l’Italia, dove però fatturava solo poco più di €140 mln e non guadagnava affatto. Soprattutto, al di là delle cospicue dimensioni, la catena ha già vendite online di misura rilevante e le declina in 22 lingue diverse parlate in tutto il mondo.

Ma la vera notizia è che il processo di consolidamento, cioè la concentrazione del mercato e passaggio in mani straniere dei principali canali distributivi del “mass market” continua anche nel nostro Paese, notoriamente affetto da una crisi dei consumi al dettaglio (anche e soprattutto se il confronto è con gli altri membri dell’Unione), sebbene quello della cura della persona sembra uno degli ambiti che sono andati meno peggio e dove la produzione nazionale brilli di ottima luce ed esporti buona parte del totale.

IL PRIVATE EQUITY SU UN SETTORE STRATEGICO PER L’INDUSTRIA

Il fenomeno dell’aggregazione delle catene distributive in poche forti mani non riguarda solo questo segmento del mercato. Avvolge oramai tutto il largo consumo ed è un ottimo modo per la grande finanza di esercitare un deciso potere strategico nei confronti di tutte quelle principali attività industriali che non sono già in settori molto maturi e che non sono già state concentrate.

Il salvataggio della catena Limoni si deve al fondo di private equity “Orlando”, un investitore orientato alle “special situations” ma in realtà anche prima di questo fondo la catena Limoni già apparteneva ad un altro fondo straniero, il cui investimento evidentemente non era andato nel migliore dei modi.

FINANZA E DIMENSIONE FANNO SINERGIE E EFFICIENZE

Con quest’acquisto Douglas consolida una propria leadership europea ma soprattutto pone le basi per una interessante serie di sinergie che possono essere realizzate lavorando sulla filiera del prodotto, che sono il vero obiettivo del perseguire la grande dimensione e la leadership di mercato: la possibilità cioè di controllare e orientare i mercati di sbocco di quasi tutti i piccoli e medi produttori orientati al largo consumo, influenzandoli e intercettandone una parte interessante dei margini.

Il fenomeno della concentrazione delle catene distributive si era già consumato nella Grande Distribuzione, dove oggi nessuno è davvero competitivo se fattura meno di un miliardo di Euro e che copre moltissimi settori merceologici, ma non ha ancora concluso il suo ciclo nelle catene specializzate, dove persistono piccoli distributori, dove ha più senso acquistare online, dove è premiata la peculiarità della proposta. Poi si sono visti mostri sacri come Zara, Terranova, Kiko, OVS, MediaWorld e soprattutto Eataly, che hanno vinto la loro battaglia di “category killer” come chiamano gli Americani quel modello di business.

La distribuzione organizzata è un’attività strategica che produce cassa ma ha margini limitati e perciò funziona bene se lavora con i propri quattrini, se riesce ad essere quotata in borsa o presto venduta (per poter realizzare la creazione di valore). È dunque perfetta per la grande finanza. Non è una tradizione che può passare facilmente di padre in figlio.

ALL’INDUSTRIA ITALIA NON RESTA CHE IL B2B

All’industria italiana, che risulta principalmente di stampo famigliare e non gode (se non con poche eccezioni) di grande capacità propria nella distribuzione, non resta che concentrarsi sulle produzioni “business to business” perché, un istante dopo che nuovi giganti nascono nella distribuzione al dettaglio, arrivano i prodotti cosiddetti “private label”, cioè a marca privata del distributore, che certamente usa i Terzisti e li fa lavorare bene, ma li spreme anche, perché le produzioni a marca privata servono a chi le controlla solo per guadagnare di più.

Stefano di Tommaso