I NUMERI SONO MALEDETTAMENTE TESTARDI

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È il Centro Studi Confindustria (CSC) che si è incaricato, sabato scorso, di lanciare il sasso nello stagno: mentre tutti si riempiono la bocca con i contributi europei del 2021, se mai arriveranno, l’economia italiana torna indietro di 23 anni e precipita più in basso di almeno il 10% (in realtà questo numero è ancora sottostimato: si vedano i miei articoli del 1 Agosto e del 24 Agosto). L’offensiva mediatica governativa insomma non inganna gli imprenditori, che denunciano l’assenza di validi programmi e molti timori per la seconda metà dell’anno.

 

L’OTTIMISMO DI GUALTIERI

Hai voglia a far parlare il ministro Gualtieri di incentivi all’automazione e di prospettive di ripresa per il 2021: i numeri dell’economia reale purtroppo sono maledettamente testardi. Confindustria vede invece prevede già il quarto trimestre 2020 “in rallentamento”, a differenza di quanto proclamato dall’esecutivo. “Stiamo iniziando a vedere un calo degli ordinativi, una ripresa che non sarà a ‘V'”, ha spiegato Carlo Bonomi durante la presentazione del rapporto del Centro studi. “Tutti i vagoni devono correre”, ha aggiunto commentando la lenta ripresa della produzione industriale.

P.I.L. -10%, EXPORT -14%, INVESTIMENTI -16%, OCCUPAZIONE – 10%

Tra l’altro le previsioni del CSC non si limitano al P.I.L. : per l’anno 2020 si delinea un tracollo senza precedenti dei consumi delle famiglie italiane, una battuta d’arresto degli investimenti del 15,8% e un calo dell’export del 14,3 per cento. Per quanto riguarda i fondi Europei, Bonomi dice la sua:


Il problema non è dei fondi ma del come si utilizzano. Se per fare un’opera pubblica serve il triplo della spesa rispetto ad altri Paesi…”.

Ad esempio, lo scorso Venerdì Fitch ha pubblicato una serie di rapporti dedicati all’andamento economico di varie regioni del mondo tra cui l’Italia.

 

 

Ebbene, dei soldi messi a nostra disposizione dal Fondo europeo per gli investimenti strutturali nel piano 2014 – 2020, l’Italia ne ha usati solo il 40%. Gli altri sono rimasti inutilizzati.

CSC ha poi precisato che il 2020 vedrà anche quasi mezzo milione di posti di lavoro perduti, oltre alla chiusura di moltissime attività economiche. Ma i numeri relativi alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) sono addirittura peggiori: la CIG sta ammortizzando un impatto dell’emergenza Covid sull’occupazione pari nel 2020 a 2,45 milioni di Ula (“unità”equivalenti a posti di lavoro a tempo pieno) cioè il -10,2% di tutta la forza lavoro.

IL CALO DELL’OCCUPAZIONE…

È difficile prevedere quante di quelle persone oggi in CIG torneranno effettivamente al lavoro nel 2021, perché la domanda di lavoro tornerà sì probabilmente a salire, ma sarà molto inferiore ai licenziamenti (solo +4% le ‘Ula’ previste nel 2021). Dunque non abbastanza da arrestare il calo di occupati. Si prevede insomma che i posti di lavoro si contrarranno anche nel 2021, di altre 230.000 unità.

Al di là della necessaria diplomazia, insomma, il lancio del guanto da parte degli industriali consiste nello sfidare il governo a elaborare stavolta valide riforme e programmi sostanziali, soprattutto se arriveranno finanziamenti per 200 miliardi dalla comunità europea. Anche un gatto morto infatti rimbalza al termine di una caduta dall’alto, ma il PIL italiano dopo la piccola ripresa del terzo trimestre rischia di puntare di nuovo in basso, tanto per l’incertezza quanto per il peso della tassazione.

… E NUOVE TASSE

Purtroppo però il ministro dell’economia ha deluso gli industriali anche dal punto di vista della politica fiscale: niente incentivi fiscali se non agli investimenti ESG. La legge di bilancio in corso di approvazione infatti sarà ancora più penalizzante per i redditi più elevati (come se la loro tassazione fosse stata bassa) con il risultato che incentiverà ancora una volta la fuga dei capitali e dei cervelli, oltre a rendere più costoso il ricorso ai motori a combustione di fossili, come diesel e benzina. Senza contare l’ulteriore giro di vite nei controlli ipertecnologici anti-evasione. Così come è risultato poco incoraggiante il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, che sarà presentato solo nello “scheletro” a Bruxelles il prossimo 15 Ottobre assieme alla manovra per descrive i progetti di riforma e l’investimento: non concluso per divisioni interne alla maggioranza.

AUMENTA LA DIPENDENZA DALL’UNIONE EUROPEA…

Ma soprattutto ciò che sembra ormai certo è che -molto probabilmente- per soddisfare il debito pubblico in scadenza crescerà la dipendenza del nostro Paese dalle istituzioni europee: secondo l’osservatorio sui conti pubblici italiani guidato da Carlo Cottarelli, per l’anno in corso il fabbisogno lordo di finanziamento è previsto a 494 miliardi, di cui 316 di titoli in scadenza e 178 di deficit: BCE/Banca d’Italia e il fondo SURE dovrebbero assorbirne la metà, 252 miliardi, di cui 225 miliardi dalla BCE/Banca d’Italia. Conseguentemente, il debito in rapporto al Pil sarà detenuto da istituzioni europee per 37 punti percentuali (il 23 percento del debito totale), mentre i restanti 121 dai mercati finanziari.

GLI INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA PER IL ‘20 E ‘21SECONDO COTTARELLI


QUASI 500 MILIARDI DI FABBISOGNO PUBBLICO NEL 2021

Per il 2021, il fabbisogno di finanziamento è stimato in 495 miliardi, di cui 372 di titoli in scadenza da rinnovare e 123 miliardi di ulteriore deficit. L’ammontare preciso di titoli che sarà assorbito dalla BCE dipenderà da decisioni di politica monetaria ancora non prese.

Tuttavia le dichiarazioni della presidente della BCE Christine Lagarde fanno supporre che la situazione deflazione perduri fino a fine 2021 e che gli acquisti di titoli di stato continueranno anche oltre la scadenza attuale del programma PEPP (giugno 2021). Ne deriva che anche per il 2021 quasi la metà del fabbisogno (43 per cento) sarà finanziato dalle istituzioni europee, in particolare: 190 miliardi tramite titoli già posseduti dalla BCE e nuovi acquisti nell’ambito del programma PEPP, 25 miliardi dalle risorse del Next Generation EU (che si compone di due strumenti: la Recovery and Resilience Facility e il React EU: il supporto all’Italia è composto da sovvenzioni, cioè somme a fondo perduto di cui dovrebbe ricevere circa 65 miliardi tramite RRF e 10 dal React EU, e prestiti di cui l’Italia dovrebbe ricevere circa 128 miliardi; le sovvenzioni non aumentano deficit e debito, in quanto a fondo perduto, mentre i prestiti andranno a ingrossare il debito pubblico).

…E ARRIVA IL M.E.S.

Il restante 57 per cento dovrà essere raccolto sui mercati finanziari, che finanzierebbero in tal modo circa 281 miliardi del fabbisogno per il 2021. L’eventuale ricorso al MES -non menzionato nella Nadef (Nota di aggiornamento al Documento Economico Finanziario: è un documento che il Governo italiano presenta alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e finanziarie del DEF in relazione alla maggiore disponibilità di dati ed informazioni sull’andamento del quadro macroeconomico e di finanza)– diminuirebbe la necessità italiana di finanziamento sul mercato di circa 7 punti percentuali (36 miliardi in meno).


Stefano di Tommaso