TROPPE MANI SULLA BORSA
Borsa SpA, società che esercisce le piattaforme regolamentate relative ai mercati dei capitali in Italia (da quelli azionari come l’MTA e l’AIM a quelli obbligazionari come l’MTS e l’EXTRAMOT,fino a ÉLITE: la piattaforma di formazione e instradamento al mercato di borsa che coinvolge 1.300 Piccole e Medie Imprese non ancora quotate) potrebbe passare di mano in questi giorni: dalla proprietà attuale della London Stock Exchange (LSE che ha lasciato ampia autonomia alla governance italiana) a uno dei quattro possibili acquirenti qui sotto riportati, solo uno dei quali sarebbe italiano. Ma la partita che riguarda le sue sorti più che sui nostri interessi nazionali sembra incentrata sugli equilibri di politica europea.
L’ANTEFATTO : LSE COMPRA REFINITIV
Tutto è iniziato lo scorso novembre 2019 con LSE che, dopo l’acquisto di Refinitiv, una banca dati concorrente di Bloomberg, pagata 27 miliardi di dollari, ha avviato una riorganizzazione societaria annunciando che il responsabile globale del Capital Markets non sarà più il ceo di Borsa Spa, Raffaele Jerusalmi -pur restando amministratore delegato di Borsa italiana- bensì Murray Roos, un nuovo manager in arrivo da Citi.
Già allora diversi osservatori hanno previsto che l’Unione Europea avrebbe chiesto al London Stock Exchange la cessione di una asset strategico comunitario come Borsa Italiana per dare il via libera dell’antitrust europeo all’acquisizione e perché difficilmente quest’ultima sarebbe potuta restare sotto il controllo della borsa di un paese non più membro dell’Unione. La questione, posta ufficialmente da LSE, prevede una risposta di Bruxelles entro il prossimo 26 Giugno.
LO “STRANO” MONITO DELL’OCSE
Ma il colpo di grazia è arrivato a fine Gennaio, con un monito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) che raccoglie le economie più avanzate e svolge un ruolo di assemblea consultiva per la risoluzione dei problemi economici commerciali e regolamentari (che guarda caso ha sede a Parigi), col quale l’OCSE afferma che la Borsa Italiana è troppo piccola e che di conseguenza due sono i casi possibili: o vede crescere notevolmente il numero delle società quotate oppure rinunci alla sua autonomia, un po’ come era successo più di mezzo secolo fa, con la chiusura delle borse locali italiane e il loro accorpamento in quella di Milano.
NUMEROSI CONTENDENTI E UN’AMPIA FORCHETTA DI PREZZO
Neanche a farlo apposta poco dopo sul tavolo della London Stock Exchange erano arrivate numerose manifestazioni di interesse per l’acquisto di Borsa SpA:
- una dagli spagnoli della Borsa di Madrid,
- una della Borsa di Zurigo che ha anche precisato una proposta “amichevole” valutando la società 2,8 miliardi di euro,
- una non meglio precisata dalla Deutsche Borse,
- Infine si è mossa Euronext gruppo francese-olandese quotato ad Amsterdam che già controlla altre sei piazze finanziarie in Europa: Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo, che però valuta la società che gestisce i mercati di Piazza Affari in una forchetta fra 2 e 2,5 miliardi e non vuole pagarla di più.
È importante notare che nel frattempo Mediobanca, dove sono finiti alcuni dirigenti recentemente usciti proprio da Borsa Italiana (come Luca Peyrano, amministratore delegato di Elite e l’ex chief financial officer Andrea Maldi) . Mediobanca si è candidata a intermediare la partita e ha fatto circolare uno studio che vede il possibile valore di Borsa SpA variare da circa 2,5 miliardi di euro sino a ben 4 miliardi di euro. Il motivo di tale ampio divario è la potenzialità del mercato dei capitali italiano, tanto a causa delle prospettive di crescita del numero di società quotate (l’anno scorso sono state una quarantina) quanto per la marginalità, che sono anni che cresce con regolarità e che dovrebbe continuare a migliorare.
QUANTO VALE BORSA SPA
Per essere più precisi Borsa SpA, fra il 2017 e il 2019 è passata da 436 a 445 milioni di euro di fatturato, con un ebitda salito da 216 a 240 milioni (il 53%) e un utile netto aumentato da 105 a 110 milioni. Se Borsa SpA fosse valutata con un moltiplicatore del margine operativo lordo pari a quello espresso dalla Borsa di Zurigo (SIX) per l’Offerta di Pubblico Acquisto (OPA) che quest’ultima ha lanciato per la Borsa di Madrid, corrispondente ad una capitalizzazione di circa 22 volte l’utile, per quella di Milano il valore sarebbe all’incirca pari a 2,5 miliardi di euro.
Ma se si dovesse tener conto anche dell’elevato potenziale di crescita del mercato borsistico italiano (probabilmente superiore a quello degli iberici) derivante proprio dall’arretratezza del mercato nostrano dei capitali e dal limitato il numero delle società quotate rispetto al totale di quelle candidabili, allora sarebbero più appropriate per Borsa SpA le stime di valore che vengono riservate a quelle più importanti in Europa come Six o Euronext, superiori del 30% al 40% a quella di Madrid (intorno alle 15 volte l’EBITDA contro le 11 volte di Madrid). In tal caso la società che gestisce Piazza Affari varrebbe circa 3,5 miliardi).
IL PIANO DI MEDIOBANCA: CDP+QUOTARE IN BORSA LA BORSA
Ed è proprio su quel miliardo di euro di differenza che si basava Il piano elaborato da Mediobanca già dalla fine dell’anno scorso. Esso infatti prevedeva una quarta alternativa: quella di far tornare Borsa SpA in mani italiane, con una ipotesi a doppio binario:
- la quotazione di Borsa spa a Piazza Affari, in cui un investitore istituzionale (potrebbe essere per esempio la Cassa Depositi e Prestiti,
- una cordata di un gruppo di fondi di investimento (di cui però al momento non si ha notizia, anche perché-dopo il lockdown- sono tutti un po’ più cauti).
Ma in entrambi i casi si prevedeva che una percentuale appena inferiore al 50% sarebbe stata tuttavia riservata al mercato con una Offerta di Pubblica Vendita (OPV) e la quotazione a Piazza Affari (questa sì magari ad un valore del 20-30% superiore) di quella tranche dell’operazione.
LA POLITICA SCENDE IN CAMPO
Notizia fresca della scorsa settimana è infatti quella che -sempre sotto la regìa dì Mediobanca- diverse forze politiche avrebbero fatto pressioni perché Fabrizio Palermo, nuovo amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti (appartenente a Poste Italiane) aprisse un dossier. Pare che una prima riunione informale al riguardo ci sarebbe già stata presso il ministro Gualtieri, che però fa il pesce in barile.
Ma la partita -ovviamente- non è affatto scontata perché Euronext, perduta la partita di Madrid, avrebbe fatto sapere di voler effettuare lei l’acquisizione, in cambio dell’opera di mediazione che il governo Macron sta svolgendo con i paesi dell’Europa del nord per dare il via libera al “Recovery Fund”. Superata infatti la preclusione politica ad un intervento comunitario a favore delle proprie economie più deboli, il dibattito si è spostato sulle modalità con le quali questo intervento dovrebbe concretizzarsi: aiuti a fondo perduto o erogazioni a titolo di debito? Come spesso succede è possibile che lo strumento si chiamerà allo stesso modo anche nel caso esso fornisse soltanto un finanziamento (ma in qs caso sarebbe simile al Meccanismo Europeo di Stabilità, MES).
UN PARTITO TROPPO “VICINO” AGLI INTERESSI FRANCESI
In ogni caso il governo italiano, sostenuto da un partito notoriamente “vicino” alle posizioni francesi, potrebbe facilmente preferire l’opzione di riservare l’operazione Borsa SpA ai transalpini qual “prezzo da pagare” per la mediazione con il resto d’Europa. È forse anche per questo che Euronext si è precipitata a far sapere che comprerà solo se non andrà oltre la valutazione suddetta: perché la partita è politica.
Borsa spa non è soltanto una grande azienda. È anche l’orgoglio di un’autonomia nazionale che detiene informazioni su alcune centinaia di società quotate e di 1.300 PMI che fanno parte di un programma di crescita industriale dell’intero Paese . Sono informazioni spesso riservate che che interessano agli stranieri, per esempio per elaborare ipotesi di fusioni o acquisizione. Lasciare queste infa un gruppo straniero potrebbe anche significare che molte imprese italiane verranno vendute a sconto.
PERCHÉ BORSA SPA È IMPORTANTE PER L’ITALIA
Il pericolo per l’Italia è che invece di vedere valorizzato il proprio mercato borsistico nazionale, i tagli siano applicati più facilmente a Milano che a Parigi. L’interesse nazionale al contrario vorrebbe vedere uno staff di Borsa rinforzato con centri studi ed un sistema di protezione dei dati che, come insegna la guerra commerciale Usa-Cina, restano un tema geopolitico di prim’ordine. È anche per questi motivi che la proprietà italiana del mercato dei capitali ha un’importanza superiore rispetto a solo dieci anni fa.
Se Borsa SpA venisse “scambiata” per una mediazione francese con gli altri partner di un’Unione sempre meno solidale fra popoli europei, allora sarebbe l’ennesima occasione perduta per lo sviluppo dell’economia del nostro Paese e per far beneficiare i nostri risparmiatori dei profitti futuri dell’ennesima eccellenza italiana. Che oltretutto sarebbe molto meglio fosse quotata sul mercato azionario interno, invece che passare sotto il coordinamento di una piattaforma paneuropea come Euronext, che procederebbe molto presto all’accorpamento tra le borse che controlla, con buona pace per i nostri interessi e le nostre informazioni riservate.
Stefano di Tommaso