TUTTI PAZZI PER LIBRA!
Il lancio della criptovaluta di Facebook appartiene a quella categoria di eventi che potremmo definire “singolarità” nella storia, oppure anche “salti quantici”. Ci voleva un colosso globale che capitalizza 540 miliardi di dollari (quasi tre volte il prodotto interno lordo della Grecia) perché le solite manfrine circa la pericolosità della moneta virtuale abbandonassero le torri eburnee della dietrologia (e della politica) e venissero abbattute dal futuro che avanza.
Tutta una generazione di burocrati e boiardi sovranazionalisti e fintamente democratici hanno combattuto (e quasi ucciso) quel miracolo che è stato BitCoin, asceso ben al di sopra dei 10000 dollari lo scorso anno per poi scendere bruscamente e infine stabilizzarsi a tale quota (siamo tornati oggi a circa 11000 US$). Quale era il principale strale che veniva scagliato contro le criptovalute? Quello della presunta illegalità (e impossibilità di fiscalizzare) le relative transazioni a causa dell’impossibilità di risalire agli effettivi titolari. Un argomento piuttosto “feudale” da parte degli stati sovrani che lo hanno brandito ma che alla fine ha fatto breccia nell’impedire una larga diffusione delle medesime criptovalute presso il pubblico, agitando gli spettri del terrorismo e dell’illegalità.
IL CONSORZIO
Con Libra, la moneta virtuale annunciata da Facebook (e da un consorzio di altre 26 grandi imprese che hanno investito nel progetto dell’infrastruttura della blockchain e dei pagamenti “peer-to-peer” che vi sarà collegata la bellezza di 10 milioni di dollari ciascuna), quel problema dell’anonimato non esisterà, ma si è ugualmente già mossa all’attacco tutta una schiera di scettici e disfattisti per trovare altre valide motivazioni utili a sperare di farla morire quand’è ancora nell’utero materno (Libra verrà infatti lanciata ufficialmente a fine anno). Anzi le 27 multinazionali che costituiscono e sostengono finanziariamente il consorzio è previsto che saliranno a 100 (di numero) e ciascuna avrà un singolo voto nelle decisioni che lo riguardano. Dunque Facebook non governerà la valuta digitale.
D’altra parte il mercato dei sistemi di pagamento digitali è uno dei più effervescenti del momento e Libra ci si tuffa a pieno diritto, virtualmente andando a poter disintermediare tutti gli altri per divenire la regina dei pagamenti online. Molti altri stanno cercando di fare altrettanto, ma non dispongono di un mercato “captive” di due miliardi di persone e non hanno investito il miliardo di dollari in infrastrutture che permetteranno di diffondere capillarmente nel mondo la nuova moneta digitale.
NON È BITCOIN
Libra non costituirà nemmeno una riserva di valore come si sperava fosse BitCoin, perché non si rivaluterà man mano che si diffonde: la sua convertibilità resterà ancorata a un paniere di valute (dette “fiat”, vale a dire quelle di corso legale nelle principali nazioni) rispecchiandone l’andamento medio. Dunque per esplicita scelta Libra non costituirà una difesa dall’inflazione o dal diritto di signoraggio degli stati emittenti) e servirà (quasi) soltanto per effettuare transazioni, tanto nazionali quanto internazionali, con buona pace delle banche centrali degli stati sovrani, ai quali verrà tuttavia tolta ugualmente di fatto una delle leve più forti per esercitare il loro potere sull’economia: il controllo della quantità di moneta in circolazione.
Ma con la diffusione della digitalizzazione (e conseguente globalizzazione) dell’economia, come sarebbe stato possibile che ciò prima o poi non avvenisse? Entro certi limiti è un po’ come stampare da parte di un consorzio privato della moneta contante. Indubbiamente si genera un moltiplicatore della base monetaria che le banche centrali non potranno controllare. Con il vantaggio che a differenza del contante Libra sarà scambiata in forma digitale ma non anonima e non sarà affatto facile rubarla (grazie a una sofisticata forma di blockchain), mentre risulterà immediato poterla spendere dovunque, di fatto senza costi di cambio valute. Sarà una vittoria della grande finanza che inizia a fregarsene della politica delle nazioni oppure è una vittoria delle libertà civili? Difficile affermarlo oggi, ma quel che è certo è il dibattito rovente che ne seguirà.
TUTTI COMMENTANO, QUALCUNO ESULTA…
La cosa che mi ha invece meravigliato, affascinato a anche divertito è stato il risveglio, quasi improvviso, dell’entusiasmo di tutti coloro che avevano progetti legati all’emissione di altre criptovalute, al collocamento di nuovi “coin” (conii) o di altri “digital token”, tutti gasatissimi dalla possibilità dell’indiretta riabilitazione mediatica degli stessi, cosa peraltro invece tutta da dimostrare (anzi!).
Quello delle monete digitali è uno di quegli argomenti circa i quali ognuno si sente in diritto di fare il tifo, di indignarsi, o comunque di dire la sua, quand’anche non avesse nulla da aggiungere. I soloni della politica e della finanza saranno indubbiamente in prima fila, ma possiamo aspettarci anche sociologi, psicanalisti, industriali, finanzieri, economisti e giornalisti di ogni fazione (compreso il sottoscritto, ovviamente)!
…E GLI ALTRI ROSICANO
Ci sono rischi per le finanze pubbliche ? E per l’economia? E per le banche? Ma certamente, cari tutti! Ci sono tutti i normali rischi che corrono coloro che -rimanendo fermi- pensano sia doveroso regolamentare qualsiasi cosa nuova che appaia sul mercato e sia accettabile imbrigliare la realtà del mondo che avanza nella loro fantasia di un mondo che non deve cambiare per poter conservare lo status quo ante e le relative rendite di posizione. E invece il mondo cambia ugualmente, in questo o in chissà quanti altri possibili modi: è letteralmente senza speranza l’idea di regolamentare tutto.
E l’economia digitale ha più di ogni altro settore industriale un forte bisogno che cresca la base monetaria. Il mondo del commercio elettronico, delle imprese digitali, quello dei privati che inventano nuovi servizi e si organizzano digitalmente, e in generale i produttori di articoli di ogni genere sparsi tra i paesi emergenti avevano tutti fame di nuova moneta. Forse è anche per la sua scarsità se all’alba del 2019 ci troviamo ancora una volta a lottare contro lo spettro della deflazione.
E se nessuno gliela fornisce (la base monetaria) allora con questa -o con chissà quali altre diavolerie- le imprese cominciano a fabbricarsela da sole. È una legge di natura. Anche gli euroburocrati se ne facciano una ragione!
Stefano di Tommaso