CRESCITA ECONOMICA : TUTTO DIPENDERÀ DAGLI INVESTIMENTI
Il 2019 ha quasi compiuto un mese di vita e si è presentato fino ad oggi ai mercati finanziari come un anno le cui prospettive di crescita economica globale sono difficili da interpretare ma sicuramente è stato foriero di cospicui rialzi di borsa nonché di una decisa stabilizzazione dei rendimenti (che si sono addirittura ridotti).
Persino la volatilità si è data una regolata, dopo un Dicembre da brivido. Ciò è accaduto piuttosto inaspettatamente a partire dal periodo di Natale, dopo mesi preoccupanti di borse in ribasso e di grandi tensioni geo-politiche, e nonostante che molti risparmiatori hanno liquidato le loro posizioni nei fondi di investimento.
A influenzare positivamente i mercati è intervenuto anche il cambio di atteggiamento delle banche centrali, che fino all’anno passato sembravano avviate in direzione “ostinata e contraria” a continuare con il raffreddamento monetario e la risalita dei tassi.
UN AUTUNNO DIFFICILE
Quello appena trascorso è stato un autunno-inverno denso di tensioni e guerre psicologiche, commerciali e politiche: è difficile definire diversamente non soltanto quella (ancora) in atto tra l’America e la Cina, ma anche quella che abbiamo vissuto nello stesso periodo tra il nuovo Governo Italiano e la vecchia classe dirigente dell’Unione Europea. Magicamente invece, nell’anno appena iniziato non solo l’inflazione ha mostrato di essere un fantasma e il petrolio è risultato in ribasso, ma persino le prospettive dell’economia reale sembrano decisamente meno peggiori di quel che si poteva ritenere.
IL MIGLIOR GENNAIO DAL 1987
Dunque ciò che è accaduto nella prima parte del 2019 è che per le borse è stato il miglior mese di Gennaio dal 1987). Nel grafico a destra l’indice MSCI WORLD (che rappresenta l’andamento medio delle borse di tutto il mondo nell’ultimo mese):
Quel che stupisce di più è che è possibile che il trend al rialzo delle borse addirittura prosegua anche nei prossimi mesi, nonostante il pessimismo che si è respirato a Davos, diffuso tra i grandi leader del mondo radunati per il World Economic Forum, nonostante i forti venti della mini-recessione europea d’autunno abbiano fatto temere i più per il peggio (i soliti Tedeschi avevano già aperto l’ombrello prima della pioggia con l’indice IFO ai minimi storici) e nonostante che quei timori abbiano immediatamente amplificato altri timori: quelli riguardanti la conseguente possibile fragilità dei debiti pubblici di molti Paesi sovraindebitati, come il nostro.
I CONSUMI RISTAGNANO
Ammettiamolo. Sicuramente alla fine del 2018 (e altrettanto sicuramente all’inizio del 2019) l’economia mondiale ha subìto una forte frenata, complici molte concause sbandierate dal “mainstream” (cioè i giornali, le televisioni e gli opinionisti prevalenti): dai populismi alla Hard Brexit, dal Blocco della spesa degli uffici del Governo Americano alla protesta dei Gilet Gialli, eccetera eccetera… Ma probabilmente la causa principale della frenata dello sviluppo economico globale poco ha a vedere con tutto ciò: dopo l’avvento di un ciclo economico positivo (che è risultato estremamente longevo nei Paesi Anglosassoni, sin troppo roboante in quelli Asiatici e molto più recente ma al tempo stesso estremamente fragile in quelli Latini), i consumi di beni e servizi in tutto il mondo hanno mostrato un’intrinseca tendenza alla flessione, com’è d’altronde normale dopo un lungo periodo di bonanza.
GLI INVESTITORI SONO DUBBIOSI
Al tempo stesso anche gli investimenti hanno segnato il passo: “Si investe per produrre, si produce per vendere. Se non sono in grado di sapere che ci sarà qualcuno pronto a comprare, io smetto di investire” ha detto al World Economic Forum Angel Gurrìa, Segretario Generale dell’OCSE. Ma questo non significa necessariamente che il mondo sia inevitabilmente avviato verso la recessione, almeno non sùbito.
Le abitudini della gente stanno cambiando radicalmente e così anche i panieri di spesa, quelli su cui si basano le attese statistiche di inflazione. Crescono ugualmente infatti quella sanitaria, quella per gli adeguamenti tecnologici, quelle per la formazione e l’istruzione. Cresce persino la spesa per alimenti più sani e di migliore qualità. Decresce la spesa per accessori e gadgets, per l’arredo e l’abbigliamento, e scendono gli acquisti per autoveicoli, elettrodomestici e altri beni di uso durevole. Cioè gli oggetti che erano più “glamour” in passato ma che interessano meno ai “millennials” (le nuove generazioni divenute adulte). Di conseguenza anche gli investitori si orientano diversamente nel selezionare i settori industriali più interessanti.
LE STATISTICHE INGANNANO
Ma il punto è che molti servizi oggi non sono più oggetto di spesa monetaria a causa dell’avvento della “digital sharing economy” ma essi creano ugualmente benessere per chi li ottiene e ricchezza per chi li produce. Arrivano inoltre sul mercato i primi prodotti e servizi basati sull‘intelligenza artificiale (si pensi ad “Amazon Alexa”, o ai sistemi esperti di assistenza alla guida dei veicoli, al fintech e all’insurtech, eccetera…) e c’è chi è pronto a scommettere che l’invasione di questi ultimi determinerà una vera e propria rivoluzione, tanto economica quanto sociologica, immettendo presto nuova benzina nel motore della crescita economica globale.
C’E TROPPO PESSIMISMO
Proprio a Davos, dove è noto che le previsioni ivi formulate al termine di ciascun Forum dell’ultimo decennio sono quasi sempre risultate sbagliate, al Segretario dell’OCSE ha fatto eco il Presidente Cinese Xi: “c’è troppo pessimismo”! Dello stesso avviso il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “il prodotto interno lordo italiano crescerà come previsto” ovviamente se gli investimenti avranno luogo, ha aggiunto.
E probabilmente la chiave è tutta qui: nel trovare il modo di mantenere alta la fiducia e nel continuare in ciò che quest’anno sarà probabilmente più facile fare che non l’anno prossimo (quando magari un possibile d’inflazione potrebbe anche arrivare a manifestarsi, rialzando i tassi di interesse): incentivare gli investimenti tecnologici e supportare quelli infrastrutturali. La Cina sta tenendo fede a quanto pianificato in precedenza, ovvero sta mantenendo in corsa gli investimenti pubblici e sta cercando di stimolare quelli privati, immettendo altra liquidità nel sistema, esattamente quello che l’Europa sembra oggi non voler fare.
L’IMPORTANZA DELLE ELEZIONI EUROPEE
Ed è forse anche per questo motivo che le elezioni europee che si terranno a primavera potrebbero risultare determinanti affinché il vecchio continente non cada in una crisi di sfiducia (con tutto quello che ne consegue a livello economico): per riuscire a mantenere la rotta sul fronte della crescita economica, la quale tra l’altro resta l’unico vero antidoto al rischio di default del debito pubblico italiano bisogna cambiare le teste che lo guidano. È infatti oramai chiaro a tutti che quella dell’austerità, promossa sin dai tempi della grande crisi dalla vecchia classe dirigente europea, è la ricetta sbagliata (nel migliore dei casi) o addirittura uno strumento di sottomissione (nel peggiore).
I MERCATI FINANZIARI NON SI AGITANO
Nel frattempo i mercati finanziari non scontano oggi alcuna recessione nè l’ombra di alcuna fiammata inflazionistica, anzi restano piuttosto tranquilli, esattamente come era successo durante il fuoco di paglia delle tensioni internazionali nate a valle degli screzi “balistici” tra Giappone e Corea del Nord, esattamente come quando il Medio Oriente sembrava una polveriera pronta ad esplodere ed esattamente come è successo subito dopo il voto sulla Brexit. Chi la sa lunga cerca sicuramente di mettere ancora un po’ di fieno in cascina per tempi peggiori che potrebbero sempre arrivare, ma sa anche che magari non arriveranno sùbito, non così rovinosamente, e non senza che si prepari nel sottofondo una nuova stagione della crescita dei profitti legata all’avanzata delle nuove tecnologie.
Molto ovviamente dipenderà dal comportamento degli investitori ma ancor più da parte dei governi e delle banche centrali, le quali come dice il nome risultano (e risulteranno anche in futuro, almeno per un po’) sempre più “centrali” nelle decisioni di investimento e nel determinarne il loro costo. Una responsabilità importante ma che esse hanno mostrato sino a questo momento di voler prendere molto sul serio!
Dunque se una recessione globale prima o poi arriverà, questa volta forse non dipenderà dal sistema bancario e finanziario. E se ciò risultasse una previsione corretta anche la portata del suo impatto sarà minore. Potrebbe essere questo il motivo per cui le borse non sembrano al momento avviate ad alcun inesorabile declino…
Stefano di Tommaso