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UN BELLISSIMO MA INSTABILE EQUILIBRIO

Per spiegare il motivo per il quale le borse hanno ripreso a salire (in basso il grafico dell’indice SP500) e l’inflazione a scendere, si è preso a cagione il prezzo del petrolio, mentre l’economia globale non entra in recessione ma anzi continua a crescere. Qualcuno ha rispolverato la teoria di Goldilocks, la “bambola dai riccioli d’oro” (che è felice quando la situazione sembra rispondere a un equilibrio perfetto) per spiegare che le cose potrebbero evolvere ancora meglio. Siamo però non proprio concordi su tale visione e proviamo qui a spiegarne il perché. L’apparenza può ingannare, nonostante l’evidente iato che si sta creando tra l’economia dell’Eurozona e quella del resto del mondo, dove tutto sommato la recessione non c’è mai stata, la liquidità abbonda e la tecnologia evolve molto più in fretta che a casa nostra.

 


IL PETROLIO È SCESO DEL 33%, BENZINA E ELETTRICITÀ MOLTO MENO

Sebbene infatti il resto del mondo si trovi in una condizione generale economica decisamente migliore della zona Euro, tale condizione tuttavia pare dipendere parecchio dall’attuale (e non necessariamente duraturo) ribasso del prezzo del petrolio (vedi il grafico qui sotto riportato), dal momento che esso incide per il 90% sul prezzo dell’energia, cosa che a sua volta resta una delle principali determinanti dell’inflazione dei prezzi industriali e, con un certo ritardo, al consumo. Situazione che consente all’industria di tenere alti i propri margini e dunque i profitti.

IL PREZZO DEL PETROLIO E’ CALATO IN UN ANNO DEL 33% DA $92,14 A $69,5

Il differenziale dei costi per l’energia tra Europa e resto del mondo è tuttavia notevole, soprattutto per l’Italia: da noi l’elettricità è a 200 euro per megawattora negli Usa e in Cina sotto gli 80 euro. E per il gas le distanze sono ancora maggiori, 60 euro/MWh da noi, 12 negli Usa (ed era così anche da noi prima della guerra in Ucraina). In realtà tuttavia il mercato dell’energia è tutt’altro che ”libero” e di conseguenza i prezzi al consumo restano vittima di oligopoli di fatto che strozzano gli utilizzatori finali.

Per la benzina è per questo motivo, oltre al fatto che in Italia circa il 60% del suo prezzo è costituito da accise, che sono fisse, cioè non proporzionali al prezzo della materia prima. Dunque quando quest’ultima costa meno il prezzo al pubblico non scende corrispondentemente. Per l’elettricità idem: pesa la componente fissa delle bollette che in tutta Europa sostiene gli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili, ma che oggi “strozza” gli utenti finali, impedendone il calo.

L’EFFETTO CINA SU MATERIE PRIME E PETROLIO

Ma perché il petrolio scende? Possibile che dipenda dalla presunta crisi economica della Cina che ne avrebbe decurtato la domanda? No, non è possibile, anche perché la Cina è tutt’altro che in crisi e il suo prodotto interno lordo anche quest’anno crescerà del 5% (o -nel peggiore dei casi- del 4%, cioè ben più degli USA e diverse volte di più dell’Europa).

Ma la Cina ha impostato negli ultimi giorni un intervento molto forte a sostegno dello sviluppo economico (quantitative easing fiscale) e ha cambiato letteralmente le carte in tavola, contribuendo a far crescere la fiducia sui mercati finanziari di tutto il mondo. I due effetti più evidenti sono stati i record di tutte le borse (in particolare la borsa di Hong Kong, che è letteralmente decollata, e quella di Shangai, come si può vedere dai 2 grafici riportati):

La Cina però da un lato sta implementando con successo una politica di decarbonizzazione (ed è di gran lunga il più grande produttore al mondo di pannelli fotovoltaici) e dall’altro lato trova più conveniente fare contratti a lunghissimo termine con la Russia per acquistare numerose materie prime, nonché inaugurare nuovi oleodotti per acquistare il petrolio direttamente. In tal modo la sua domanda materie prime e combustibili sui mercati internazionali tende a scendere sempre più, mentre resta elevata l’offerta di prodotti industriali finiti a prezzi più bassi della concorrenza occidentale.

Il comparto automobilistico euro-americano ne è un esempio: oggi è in crisi principalmente per il fatto che l’industria “automotive” rimane spiazzata dalla concorrenza asiatica di prodotti che stanno raggiungendo i più elevati standard occidentali ma vengono fabbricati e venduti a prezzi parecchio più competitivi.

IL CARTELLO DEI PAESI ESTRATTORI DI PETROLIO

Senza dubbio poi anche l’OPEC sta facendo la sua parte, dal momento che nessuno dei Paesi aderenti al cartello rispetta al momento il contingentamento della produzione e che dunque l’Arabia Saudita sembra aver deciso di sbattere il pugno sul tavolo incrementando anch’essa la produzione e inaugurando una possibile stagione di guerra dei prezzi, sino a quando nell’OPEC non verrà ristabilito un equilibrio. C’è dunque la possibilità che i ribassi delle quotazioni dell’oro nero proseguano, nonostante i venti di guerra e nonostante il fatto che l’economia globale non sia in vero declino.

L’ECCESSO DI LIQUIDITÀ DEL SISTEMA SOSTIENE I LISTINI DI BORSA

Ma nelle ultime settimane le borse montano (e prima di loro e più di loro salgono i beni rifugio: oro e diamanti in testa) non soltanto per le attese di ulteriori ribassi dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, ma soprattutto perché a livello internazionale c’è forse troppa liquidità in circolazione. Una spia di questa liquidità è senza dubbio la quotazione del Bitcoin, cresciuta parecchio nell’ultimo mese, come si può vedere dal grafico:


Le aspettative sono peraltro a favore di un’ulteriore crescita della liquidità, poiché le banche centrali -rilasciando le restrizioni monetarie (che in realtà non hanno mai imposto severamente)- non soltanto abbassano i tassi ma riprendono anche a pompare nuovo denaro a favore del sistema bancario, con il duplice scopo di sostenerlo ma anche per quello implicito di permettergli di sottoscrivere le emissioni sempre maggiori di titoli di stato dell’Occidente.

La controprova del fatto che il ”sentiment“ di mercato non è così splendido come potrebbe sembrare è infatti fornita dal mercato americano delle Initial Public Offerings (IPO) dove si vede una scarsa propensione degli investitori ad accogliere nuove matricole nel listino azionario, nonostante i livelli record raggiunti dall’indice SP500, come si vede dal grafico:


IL MONDO AFFOGA NEI DEBITI

Al momento poi l’Occidente accresce il suo debito ben più del resto del mondo per vari motivi. Ad esempio: la crescente spesa militare, gli stimoli a go-go dell’economia, il welfare che appare sempre meno sostenibile, il costo dei programmi di transizione verde e di quelli per la transizione digitale, eccetera… Ovviamente tutto questo nel medio termine non potrà che tradursi in ulteriori svalutazioni delle principali divise di conto monetario, a partire dal Dollaro, che ancora conta parecchio sull’assorbimento di buona parte del suo eccesso di base monetaria da parte dei Paesi Emergenti. L’America cioè è ancora finanziata non poco dai paesi emergenti!


MONETIZZAZIONE E REPRESSIONE FINANZIARIA

Tutti sanno da tempo che oramai per quasi tutti i governi occidentali le uniche due strade percorribili per ridurre l’attuale livello di indebitamento del sistema sono:

  • quella della repressione finanziaria, che consiste in una serie di politiche attuate dai governi per incanalare i fondi verso I titoli di stato che emettono. Tale politica spesso avviene a spese dei risparmiatori e degli investitori. È una strategia comunemente utilizzata quando ci si trova ad affrontare livelli elevati di debito e opzioni limitate per il suo rimborso;
  • quella della sua progressiva “monetizzazione”, ovvero l’acquisto dei titoli del debito pubblico da parte delle banche centrali. Ma è un’altra cosa che non può non generare il “debasing” della moneta di conto legale, ovvero togliere terreno sotto le sue fondamenta di valore, poichè ne amplia la stampa e di fatto la svaluta. Cosa che nel tempo non può non ripercuotersi in ulteriore inflazione dei prezzi.

Non per nulla l’indice che misura il cambio del Dollaro americano (e l’Euro non fa che seguire, discostandosene ben poco) si trova oggi ai minimi degli ultimi due anni e rischia di andare oltre!


IL VERO CALCOLO DELL’INFLAZIONE

In parte peraltro l’effetto della svalutazione delle principali divise di conto si è già visto, dal momento che il prezzo di buona parte dei beni che contano nella vita delle persone delle classi medio-alte (cioè ville, auto sportive, diamanti, barche, viaggi, sanità privata, ecc…) è cresciuto ben più del computo dell’inflazione che viene riportato dagli istituti di statistica.

Lo mostra chiaramente il prezzo dell’oro (il quale spesso resta l’unica vera misura dell’inflazione monetaria ”reale”), raddoppiato in pochi anni. C’è dunque un’inflazione dei prezzi ricompresi nei “panieri” ufficiali, sulla cui base vengono effettuati una serie di calcoli dí pubblica utilità, e poi c’è un’inflazione dei prezzi dei beni più rari, quelli al di fuori del paniere statistico, che continua invece a correre, nel breve termine più o meno quanto l’oro, nel lungo termine esattamente quanto l’oro.


COSA DEDURNE ?

Se teniamo conto del fatto che l’attuale situazione “ideale” che fa sfondare nuovi record alle borse e che consente buoni margini all’industria si basa su due fattori altamente instabili quali il ribasso dei prezzi delle materie prime e l’incremento della liquidità in circolazione, evidentemente gli investitori non dormono sonni tranquilli. La situazione geopolitica resta molto tesa e al momento non viene esacerbata principalmente per il fatto che i protagonisti di buona parte delle tensioni (gli americani) attendono i risultati delle elezioni presidenziali (il prossimo 5 Novembre).

LA PERFORMANCE DEI DIVERSI SETTORI ECONOMICI A WALL STREET

Inoltre mentre è probabile che la liquidità in circolazione sui mercati resti elevata ancora a lungo (ma oggi questo accade soprattutto grazie ai poderosi stimoli del governo cinese alla propria economia, dunque potrebbe durare soltanto fino a fine anno), favorendo di fatto la capitalizzazione dei maggiori titoli azionari globali, non è altrettanto certo che il prezzo di petrolio e quello materie prime resterà basso a lungo, senza contare le ulteriori spinte inflazionistiche derivanti dalla monetizzazione dei debiti pubblici e dagli stimoli fiscali in deficit. Buona parte dei beni il cui prezzo cresce è tuttavia oggi esclusa dai panieri di beni le variazioni dei quali vengono rilevate dalle statistiche.

Dunque il sistema finanziario globale resta in meraviglioso ma precario equilibrio, sebbene si stimi che possa andare avanti almeno fino ai primi di Novembre, vale a dire un mese intero, che in borsa è pur sempre un’eternità.

Stefano di Tommaso