NON RESTA CHE L’ORO

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In attesa di una panoramica più precisa che potrebbe emergere dal convegno annuale dei banchieri centrali di tutto il mondo la settimana prossima a Jackson Hole (stavolta sembrano fare molto sul serio e il tema prescelto riguarda proprio la loro credibilità: “riaffermare l’efficacia delle politiche monetarie”) gli analisti si interrogano tanto sulle prospettive dell’economia reale quanto su quelle dei mercati finanziari. Nel dubbio, il metallo giallo appare come la sponda più sicura…

 

LE PROSPETTIVE DELL’ECONOMIA REALE E QUELLE DEI MERCATI FINANZIARI

Le prime, per una volta, sembrano oggi più legate alle seconde di quanto storicamente sia successo e i motivi sono strettamente congiunturali:

LE PROSPETTIVE GLOBALI DI CRESCITA ECONOMICA SI AFFIEVOLISCONO

  • i mercati borsistici hanno ripreso vigore ma, al tempo stesso, appaiono decisamente sopravvalutati, anche grazie all’euforia per le nuove tecnologie e i profitti aziendali;
  • le tendenze macroeconomiche che a fine Luglio lasciavano presagire una recessione oggi sembrano migliorate, ma restano pur sempre incerte, non avendola fugata del tutto.

Dunque le borse valori restano liquide e speranzose in un allentamento della politica monetaria da parte delle banche centrali, ma temono segnali di una possibile recessione dall’economia reale. Che però, ancora una volta, tarda ad arrivare, almeno per il continente americano.

Nel frattempo ci si interroga però sulla sostenibilità degli attuali livelli dei listini borsistici, dal momento che sono vicini ai massimi storici di sempre.

L’IMPRESSIONANTE ASCESA DELL’INDICE SP500 NELL’ULTIMO DECENNIO

LE BORSE SONO SOPRAVVALUTATE?

Per comprendere se le borse sono sopravvalutate, tre sono i parametri più comuni per la valutazione delle imprese quotate: il CAPE (rapporto prezzo/utile aggiustato ciclicamente), il P/E forward (rapporto prezzo/utile basato sugli utili previsti per l’anno in corso o quello successivo) e infine il ”Modello Fed”, che confronta i rendimenti degli utili azionari con quello dei rendimenti obbligazionari. Tutti e tre suggeriscono che le quotazioni delle grandi multinazionali quotate sulle borse americane sono attualmente sopravvalutate, non solo rispetto ai livelli storici, ma anche rispetto a quelle delle imprese di più piccole dimensioni, a quelle degli altri mercati finanziari internazionali, alle obbligazioni societarie e ai titoli di stato. Secondo questi indicatori il recente rimbalzo delle azioni a grande capitalizzazione (dopo il “lunedì nero”) potrebbe essere un fenomeno ingannevole, destinato a ridimensionarsi.

L’INDICE ”CAPE”

sviluppato dal professor Robert Shiller, è un parametro popolare tra gli investitori per esaminare le valutazioni espresse dal mercato. Secondo questo parametro l’indice di Wall Street Standard & Poor’s 500 è attualmente valutato 35 volte gli utili medi dell’ultimo decennio, aggiustati per l’inflazione, il che lo rende il terzo parametro più caro della storia, dalla fine del XIX secolo. E’ persino più caro di quello del picco delle quotazioni azionarie prima della crisi del 1929.

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L RAPPORTO P/E FORWARD

si basa sulle previsioni degli utili degli analisti, è stato monitorato dal 1985 da IBES (ora parte del London Stock Exchange Group). Come il CAPE, il P/E forward suggerisce che le quotazioni azionarie sono in media attualmente molto elevate, anche se leggermente più economiche rispetto agli anni di picco del 2000 e della fine del 2020.

IL “MODELLO FED”

coniato dallo stratega Edward Yardeni alla fine degli anni ’90, confronta il rendimento implicito dei titoli azionari (utile per azione diviso per il loro prezzo di mercato) con i rendimenti dei titoli obbligazionari considerati privi di rischio. Spesso utilizzato per determinare il premio per il rischio dell’investimento azionario, attualmente esso indica una certa sopravvalutazione di quest’ultimo. Un mese fa, quando i rendimenti dei Treasury a 10 anni erano più bassi, l’S&P 500 era al suo livello più caro dal 2002.


Anche se lo spavento sui mercati finanziari sembra oggi quasi del tutto rientrato, tuttavia gli investitori, nel tornare alla normalità, tendono ad esprimere maggiore prudenza e approfittano della rotazione dei portafogli in corso per selezionare meglio i titoli.

I TASSI A LUNGO TERMINE NON SCENDONO

Al tempo stesso è durata poco anche la grande domanda di titoli a reddito fisso che era conseguita alla forte volatilità delle borse valori. La situazione di timore aveva portato al rialzo le quotazioni dei titoli obbligazionari e dunque al ribasso i tassi d’interesse a lungo termine espressi da questi ultimi. Oggi siamo quasi ritornati alla situazione pre-crisi e sì spiega anche così il ritorno al 4% del rendimento dei titoli decennali del Tesoro americano.

I gestori del risparmio tuttavia, fugato lo spavento, devono fare i conti non soltanto con l’ipotesi di una recessione (che per il momento sembra quantomeno rinviata all’anno prossimo), bensì anche con la possibilità di nuovi importanti conflitti bellici. Senza peraltro tralasciare né i rischi collegati all’eccesso di indebitamento di tutte le principali nazioni, e nemmeno le forti analogie dell’attuale congiuntura con la situazione del 2008 prima dell’innesco della grande crisi: la sovrabbondanza di strumenti finanziari derivati quali l’eccesso di indebitamento del sistema nel suo complesso, l’artificialità della liquidità che oggi droga le valutazioni dei mercati, o la precarietà dei bilanci delle principali banche del pianeta (in difficoltà per i finanziamenti concessi al settore immobiliare e detentrici di grandi quantità di titoli di stato, a loro volta a rischio di default).

IL METALLO GIALLO COME PRINCIPALE BENE RIFUGIO

I gestori del risparmio e gli investitori istituzionali hanno poi davanti a loro l’incubo della riduzione del potere d’acquisto dei risparmiatori, che potrebbe spingerli a ridurre gli investimenti finanziari per preferire la liquidità o i beni rifugio, come l’oro appunto. Lo scorso venerdì le sue quotazioni hanno superato di slancio i 2500 dollari l’oncia segnando non solo un record storico, ma anche l’avvio di una stagione di possibili consistenti ulteriori rialzi!

L’ANDAMENTO DEL PREZZO DELL’ORO FISICO

Non soltanto infatti il picco della volatilità dei corsi borsistici ha spaventato i più, ma la tendenza di fondo del mercato lascia temere che la volatilità non si fermerà agli acquazzoni di inizio Agosto. Forse anche per questo le banche centrali di tutto il mondo stanno accumulando da anni riserve in oro fisico, come si può leggere dal grafico qui riportato:

GLI INVESTITORI ORA SONO PIÙ PRUDENTI

Nel grafico qui sotto riportato si può vedere quale effetto abbia avuto sul risparmio gestito lo spavento che è seguito al “lunedì nero”.

I FONDI DI INVESTIMENTO FRONTEGGIANO RICHIESTE RECORD DI RIMBORSO

Inoltre i timori di una recessione non sono stati completamente fugati. Spaventa ad esempio la posizione di allerta espressa da Goldman Sachs a proposito delle prospettive di disoccupazione americane, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato riguardo alle previsioni per le buste paga non-agricole nel terzo trimestre 2024:


I TASSI D’INTERESSE SONO ATTESI IN CALO

La conseguenza pratica dei timori per l’economia reale è che il mercato finanziario sta prezzando una decisa riduzione del tasso di sconto (di oltre un punto e mezzo percentuale rispetto agli attuali livelli) da parte della banca centrale americana, cui potrebbero fare seguito quasi tutte le altre banche centrali, come si può vedere dal grafico qui riportato.

IL TASSO IMPLICITO DI SCONTO DELLA FEDERAL RESERVE PER CIASCUN PROSSIMO MESE

Ora però il punto è che il prezzo di mercato delle opzioni non fornisce certezze riguardo ai tagli dei tassi, bensì solamente delle aspettative. E nei prossimi mesi ancora una volta le attese di mercato potrebbero risultare fallaci, (cioè la Federal Reserve potrebbe tagliare i tassi di minor misura o più lentamente). Questo potrebbe accadere per mille e un motivo, anche qualora l’economia americana dovesse risultare in rallentamento (il che appunto non è una certezza).

CONCLUSIONI

Se però ancora una volta le aspettattive di taglio dei tassi d’interesse dovessero rimanere deluse, le quotazioni dei principali indici azionari a Wall Street, oggi tarate su quelle attese di mercato, potrebbero scendere. E il prezzo dell’oro, oggi visto più che mai come bene rifugio per eccellenza, al riparo anche da possibili nuove sorprese dell’inflazione, potrebbe salire ancora una volta!

IL PREZZO A TERMINE DELL’ORO PREVISTO PER DICEMBRE

Non è dunque un caso che il mercato a termine (futures) esprima attese al rialzo per il metallo giallo, visto come una riserva di valore migliore di molti altre categorie di investimento e, per di più, suscettibile peraltro di ulteriori rivalutazioni anche qualora i tassi d’interesse dovessero scendere. Come si può vedere dal grafico qui sopra riportato, che indica l’andamento crescente del prezzo dell’oro espresso dai contratti futures :

Stefano di Tommaso