PETROLIO, ORO E BITCOIN

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È possibile che sia in arrivo il momento dei beni rifugio? L’economia sembra tornare a voler correre e, con le quotazioni delle borse salite alle stelle, c’è chi ci scommette. Citi di New York ad esempio ha pubblicato un importante studio al riguardo. La tesi è peraltro verosimile, anche se molto dipenderà dal comportamento che avranno le banche centrali. Vediamo perché :

L’OTTIMISMO DEI MERCATI

Le borse -nonostante i continui record toccati e nonostante i grandi rischi che si sgonfi la bolla speculativa legata alle aspettative sull’intelligenza artificiale- continuano a testare nuovi massimi, innalzando i moltiplicatori dei redditi attesi che sono alla base delle valutazioni d’azienda e contagiando grande ottimismo generale. Qui sotto l’andamento dell’indice globale azionario MSCI :


L’ottimismo insomma, per quel che è possibile intuire, è sempre ai massimi, anche se trova un fondamento razionale nelle attese di prosecuzione della ripresa economica. I mercati tra l’altro continuano a prezzare attese di una discesa dei tassi d’interesse anche se, al momento, essa non trova grandi conferme.

Anzi: ci sono timori diffusi di una ripresa dell’inflazione, anche a causa del buon andamento dell’economia globale, e ci sono evidenze di una tendenza alla risalita del prezzo del petrolio, normalmente assimilato al costo tendenziale dell’energia, così come ci sono segnali di forza del dollaro americano, che potrebbe di per sé determinare un rialzo indiretto dei prezzi delle materie prime, dal momento che questi ultimi normalmente sono espressi in Dollari americani. Molti segnali dunque fanno pensare che i tassi d’interesse non scenderanno tanto presto, ma i mercati vogliono crederci ugualmente.

MOLTE BANCHE SONO IN AFFANNO

Ci sono poi ancora una volta segnali di difficoltà evidenti di numerosi istituti bancari di piccola e media dimensione, che sono in competizione tra loro per mantenere l’appetibilità dei loro depositi e si vedono costrette a remunerarli molto cari pur di non perderli. Le loro difficoltà stanno obbligando le banche centrali (soprattutto la più importante di tutte, la Federal Reserve Bank of America, detta FED) ad immettere liquidità aggiuntiva per sostenerle, una liquidità che non può non riversarsi sui mercati finanziari e che non potrà che alimentare tanto i listini delle borse valori quanto l’acquisto di beni-rifugio come appunto metalli preziosi, materie prime e criptovalute.

L’ANDAMENTO DEI TITOLI A WALL STREET DI DIVERSI ISTITUTI BANCARI E’NEGATIVO

Dunque i mercati finanziari scommettono sul fatto che l’inflazione continuerà a flettere anche se la liquidità in circolazione resterà abbondante.

LA “TRAPPOLA”DELLE BANCHE CENTRALI

In questo momento poi si dice che le banche centrali sono “intrappolate” perchè se ciò non dovesse accadere, allora per salvaguardare la tenuta del sistema finanziario esse dovranno irrorarlo di ulteriore liquidità proprio mentre avrebbero voluto continuare con il “quantitative tightening” (la stretta monetaria che normalmente viene messa in atto per contrastare l’inflazione). Cosa che non potrebbe che favorire ulteriormente i listini di borsa.

MA LO SCENARIO RESTA FAVOREVOLE

Sebbene dunque uno dei presupposti dell’ottimismo delle borse (l’attesa di un calo dei tassi d’interesse) al momento non sembra prendere forma (anzi: i tassi a lungo termine, quelli espressi dai titoli di stato americani a dieci anni, ad esempio, negli ultimi mesi sono risaliti di mezzo punto) resta al momento valido l’altro elemento di ottimismo: quello della crescita dei profitti aziendali (almeno quelli delle grandi multinazionali), circa il quale invece restano pochi dubbi


Lo scenario economico globale resta dunque positivo e, anche se al momento non è ancora urgente un taglio dei tassi d’interesse, l’America scommette sul fatto che la liquidità resterà abbondante ma l’inflazione non tornerà significativamente a crescere e che quindi alla fine la FED abbasserà i tassi d’interesse.


Tra l’altro se la FED dovesse farlo, allora nessuna delle altre banche centrali sarebbe nella condizione di divergere dalle sue politiche monetarie (con l’eccezione della Banca del Giappone, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato), sia per evitare di vedere travolto il cambio delle loro valute nazionali con il Dollaro, che per il fatto che anch’esse devono evitare una eccessiva onerosità dei rispettivi debiti pubblici.


ORO A 3000 DOLLARI?

In uno scenario del genere tuttavia, dal momento che i listini delle borse valori si trovano già a livelli che in precedenza non erano nemmeno immaginabili e visto che la liquidità in circolazione non sembra destinata a ridursi, gli analisti di alcune grandi banche come Citibank si aspettano che possano tornare a crescere i prezzi di materie prime, beni rifugio e criptovalute.


Perciò prevedono che il prezzo dell’oro possa riprendere salire sino a 3.000 dollari l’oncia e quello il petrolio sino aalmeno a 100 dollari al barile entro i prossimi 12-18 mesi. Sul Bitcoin è un po’ più difficile esprimere previsioni precise, ma ce n’è anche meno bisogno perché il suo prezzo è già decollato.


Più precisamente gli analisti di Citibank prevedono che le banche centrali dei paesi BRICS desidereranno sì incrementare le loro riserve ma al tempo stesso si ripropongono una progressiva de-dollarizzazione delle loro economie. Per questo motivo le stesse potrebbero aumentare gli acquisti del metallo giallo. Il World Gold Council riferisce che banche centrali di tutto il mondo hanno sostenuto per due anni consecutivi più di 1.000 tonnellate di acquisti netti di oro, e indovinate chi ha venduto? La FED e la BCE ovviamente. Ma in futuro non è così detto che continueranno a farlo. Di qui le previsioni per una crescita delle quotazioni del metallo giallo.

La speculazione al rialzo sui beni rifugio come l’oro, le materie prime o il Bitcoin, potrebbe inoltre essere sospinta dalle attese di ribasso dei tassi d’interesse, soprattutto nel caso in cui a ciò non dovesse corrispondere necessariamente l’azzeramento dell’inflazione o una riduzione in corso della monetizzazione dei debiti pubblici nazionali.


Il prezzo dell’oro (come del resto anche quello del Bitcoin) ha poi una relazione inversa con i tassi di interesse. Man mano che si consolidano aspettative di discesa dei tassi di interesse, l’oro e il Bitcoin divengono più attraenti  rispetto agli asset che forniscono un reddito fisso come le obbligazioni, che producono sì rendimenti, ma sono soggette alla progressiva svalutazione monetaria.

PETROLIO A 100 DOLLARI?

Un altro scenario evidenziato nel rapporto di Citi prevede che i prezzi del petrolio raggiungano nuovamente la tripla cifra. I catalizzatori che faranno sì che il petrolio raggiunga i 100 dollari al barile includono rischi geopolitici crescenti, tagli più marcati da parte dell’ “OPEC+” e possibili nuove interruzioni dell’offerta dalle principali regioni produttrici di petrolio, a causa ad esempio degli attacchi Houthi dallo Yemen contro petroliere e navi-cargo che attraversano il Mar Rosso.


I recenti sviluppi mostrano che le tensioni al confine tra Israele e Libano sollevano il timore che la guerra a Gaza possa diffondersi altrove in Medio Oriente. Iraq, Iran, Libia, Nigeria e Venezuela sono vulnerabili a possibili interruzioni delle forniture, con una politica di sanzioni statunitensi più restrittiva nei confronti di Iran e Venezuela potenzialmente già in programma.

C’è poi la possibilità che il buon andamento dell’economia globale spinga al rialzo la domanda di petrolio e quasi sicuramente di conseguenza crescerebbero le sue quotazioni, data la marcata rigidità dell’offerta. Insomma le possibilità che queste salgano sembrano maggiori di quelle che scendano.

MOLTO DIPENDERÀ DALLA LIQUIDITÀ IN CIRCOLAZIONE

La giostra, come si può dedurre dalla narrativa, dipenderà molto dalla creazione di nuova liquidità che le banche centrali saranno disposte a concedere. Al riguardo non ci sono soltanto le possibili crisi di solvibilità di molti istituti bancari, ma anche le necessità crescenti di continuare a finanziare i debiti pubblici praticamente in tutto il mondo. Per questo motivo le banche centrali sono chiamate a intervenire per supportare (e monetizzare) le emissioni di debito pubblico praticamente in tutto il mondo, esattamente come avviene già da tempo in Giappone.


E sino a quando lo sviluppo economico globale non darà segnali di rallentamento oppure le banche centrali decideranno di frenare davvero la liquidità in circolazione, borse e beni rifugio resteranno intorno ai massimi storici, magari semplicemente incrementando la volatilità dei loro corsi (che resta davvero bassa da troppo tempo) e accelerando la rotazione dei portafogli degli investitori, dagli asset più aggressivi a quelli difensivi.

 

Stefano di Tommaso