NIENTE RECESSIONE!
Come andrà l’anno appena iniziato? Male grazie, anzi, forse no! È questa la sintesi estrema dei ragionamenti emersi nel corso del World Economic Forum, a Davos, dove i grandi protagonisti dell’industria sono andati più che altro per cercare di comprendere riservatamente come profittare della congiuntura attuale. Ma qualche indicazione per analizzarla e interpretarla pubblicamente è emersa. E lo scenario appare teso, ma al tempo stesso in apparente equilibrio…
UNA SITUAZIONE CONTRADDITTORIA
Che la situazione generale sia fortemente contraddittoria era chiaro a tutti, ma che addirittura si potesse respirare una boccata di ottimismo non era affatto scontato. Ad esempio, le banche centrali: pur continuando a dichiarare che non intendano tornare presto ad allentare la politica monetaria (e dunque che i rialzi dei tassi delle principali banche centrali occidentali probabilmente proseguiranno, quantomeno per un po’ di tempo ancora), iniziano a prendere atto di ciò che al resto dell’umanità è oramai palese: che la fiammata inflazionistica al momento è in ritirata.
Ma le cattive notizie non finiscono qui: se i tassi saliranno ancora le economie dell’Europa e degli Stati Uniti d’America non potranno brillare, perché dovranno sostenere l’onere di maggiori saggi di interesse. E se i debiti pubblici continuano a crescere, con i tassi più alti si dovranno imporre maggiori tasse. Europa e America, in particolare, appaiono destinate a passare i prossimi mesi a chiedersi se la recessione arriverà davvero, dal momento che non soltanto dovranno gestire il crescente onere finanziario, ma si trovano in una situazione geopolitica insidiosa.
Anche in funzione di tali cautele, molte imprese stanno di conseguenza riducendo il personale e rinviando gli investimenti programmati, provocando (ma solo entro certi limiti) ciò che in scienza economica viene definita ”autorealizzazione delle aspettative”.
MA I PROFITTI SEMBRANO CONTINUARE
In realtà però le imprese fanno al tempo stesso efficienza, tagliando i costi, e così possono continuare a fare profitti. Infatti dopo un primo mese dell’anno passato ad esaminare le statistiche, in America (ma anche in Europa) per la prima parte del 2023 più che di recessione sembra lecito attendersi al massimo una stagnazione dei consumi, un obiettivo peraltro corrispondente all’interesse politico dell’attuale presidente Biden: quello di soffocare il più possibile l’inflazione e mantenere compresse le attese di sviluppo economico nel corso di questo anno per partire meglio possibile nel 2024, anno in cui il partito democratico rischia di giocarsi il tutto per tutto perché lo sanno anche le pietre che il suo primo quadriennio è apparso a molti insoddisfacente.
Per il candidato ad altri quattro anni al Campidoglio americano la speranza sembra pertanto quella di comprimere il 2023 ritrovarsi un 2024 in crescita e con l’inflazione riportata in basso, per poter ribaltare i pronostici che lo vedono al momento molto in bilico.
MA LE BORSE AVANZANO
Le borse -pur con qualche sussulto- da Novembre ad oggi hanno continuato invece ad avanzare, dal momento che si aspettano che ancora una volta la Federal Reserve Bank of America possa ritrovarsi ad aver torto e per di più in una posizione molto scomoda, a combattere cioè in retroguardia un’inflazione scesa di più e più velocemente del previsto.
E dunque chi investe si aspetta che FED e BCE debbano presto prendere atto di non poter continuare a rispettare il copione appena annunciato, dal momento che apparirebbero come la palla al piede del sistema finanziario.
Un sistema già particolarmente fragile da altri punti di vista (il forte deficit del bilancio pubblico, l’elevato indebitamento della popolazione, il dollaro in discesa nonostante i rialzi dei tassi, eccetera eccetera…).
Dunque hanno ragione le borse? Apparentemente si, ma la vera partita che può avere forte impatto sull’economia ha invece un esito molto incerto, ed è quella della geopolitica, che ancora oggi (e speriamo ancora per poco nella storia) ha e avrà un ripercussioni sul costo dell’energia, a sua volta il principale responsabile della propagazione dei rialzi dei prezzi nel mondo, e di conseguenza dell’inflazione.
GLI SCENARI GEOPOLITICI INCOMBONO
Gli scenari geopolitici da analizzare sono molteplici, a partire da cosa aspettarsi da parte del grande convitato di pietra tanto del vertice di Davos quanto dell’ultimo vertice Nato: la Cina.
L’ex celeste impero ha fino ad oggi spiazzato tutti per aver esibito un governo che, nonostante venga dipinto dai media occidentali come unipersonale (nella figura di uno Xi Jimping dispotico e scollegato dalla realtà), ha agito con grandissima tempestività e determinazione, dapprima nel riuscire a contenere con misure draconiane la pandemia, negli ultimi mesi ancora insidiosa (grazie all’ultima variante del virus: l’XBB.1.5, detto anche “kraken”, apparentemente meno pericolosa ma molto più resistente ai vaccini e al tempo stesso estremamente capace di propagarsi) e poi a riaprire le frontiere prima di quando ci si potesse attendere, determinando le precondizioni per un deciso ”rimbalzo” dell’economia.
LA CINA SI SMARCA E CRESCE
La Cina si aspetta nell’anno in corso uno sviluppo economico dal 5% al 6% al netto dell’inflazione, che lì appare decisamente più bassa che da noi. Probabilmente le statistiche ufficiali sono “da interpretare” più che da digerire inopinatamente, ma resta il fatto che le prospettive cinesi possono portare la domanda di energia a crescere corrispondentemente, con il rischio che i prezzi di gas e petrolio possano subire una risalita.
Scriviamo di rischio e non di certezza dal momento che le esportazioni russe di materie prime energetiche da un anno a questa parte sono andate quasi solo ad est del mondo, determinando un estremo vantaggio (anche di costo) per Cina e India. Dunque anche loro, come l’America, hanno tratto vantaggio dalla guerra. E’ possibile dunque che un‘accresciuta domanda di energia proveniente da Est venga quasi tutta soddisfatta dall’incremento dì esportazioni russe e mediorientali, calmierandone di fatto le quotazioni.
Non soltanto: Cina e India stanno oramai pagando le forniture principalmente in Renminbi, la divisa valutaria cinese, spiazzando cioè il Dollaro Americano dal suo ruolo di principale valuta di conto per le transazioni commerciali. Anche questo fa calare le quotazioni del biglietto verde!
E se l’economia della Cina corre proprio quando quella americana prende invece fiato, ecco che l’Europa, superato lo shock iniziale delle quotazioni energetiche impazzite e della scarsa disponibilità di forniture, inizia a guardare con più fiducia all’anno in corso, dal momento che le sue esportazioni potrebbero beneficiarne. Resta la palla al piede degli onerosissimi supporti da fornire all’Ucraina e, soprattutto, resta l’incertezza dovuta al rischio che l’intera Eurozona possa venire risucchiata dal conflitto, che invece al momento tutti prevedono placarsi presto.
I RISCHI DI UNA GUERRA MONDIALE
Ed è qui che i mercati finanziari potrebbero non avere del tutto ragione ad essere ottimisti: il conflitto ucraino sta lentamente trasformandosi in una pesante guerra di logoramento ai danni della Russia, dove però l’altro contendente non è solo l’Ucraina, bensì l’intero Occidente. Se i paesi NATO dovessero andare avanti a lungo a finanziare l’Ucraina senza porle alcuna condizione di sedersi al tavolo della pace, allora la guerra potrebbe durare per tutto il 2023 e forse anche ben oltre, con il rischio di estendersi alla Federazione Russa, ma anche all’Europa orientale stessa.
E che possa prendere questa piega lo testimoniano le pressioni americane nei confronti dei paesi europei a fornire mezzi bellici che vanno ben oltre la semplice difesa del territorio ucraino (tant’è vero che Mosca sta correndo a piazzare nuove batterie di sistemi antimissile perché si attende un incremento di attacchi all’interno del suo territorio) e dall’altra parte lo rivelano i supporti indiretti cinesi al conflitto, al momento mascherati da forniture di missili nord-coreani. Una vera polveriera! Voluta dagli americani ma di cui l’opinione pubblica europea è consapevole solo parzialmente.
Non solo: la Cina non ha mai davvero abbassato la guardia sulla questione di Taiwan, sia per non perdere la faccia, ma anche perché la NATO pare aver piazzato nell’isola numerose nuove testate balistiche di lungo raggio, capaci cioè di colpire Pechino. E tutti ricordano cos’ha combinato l’America quando si era ritrovata ai suoi confini i missili sovietici su Cuba! Un’estensione delle ostilità Oriente-Occidente al mar meridionale cinese porterebbe davvero in alto il rischio di una terza guerra mondiale! E i mercati finanziari non poterebbero non risentirne.
Per fortuna si tratta soltanto di scenari possibili, non di certezze, cui fa riscontro un ottimismo pragmatico piuttosto diffuso su quasi tutte le piazze finanziarie del mondo, in particolare su quelle dei principali paesi emergenti, che si candidano ad essere le vere protagoniste del prosieguo dell’anno.
LA DEMOGRAFIA AIUTA GLI EMERGENTI
In particolare le migliori prospettive paiono quelle di India e Cina, la prima per la migliore performance demografica attesa nel prossimo decennio (e il P.I.L. è il prodotto del numero di lavoratori moltiplicato la loro produttività): già oggi l’India ha raggiunto il numero di abitanti della Cina ma ha un’ invecchiamento minore e dunque pare proiettata ad essere a breve il paese più popoloso del mondo.
Quest’ultima invece per la sua crescita economica attesa nell’anno in corso dopo la riapertura dei confini e la ripresa dell’edilizia. Una crescita che dovrebbe riflettersi soprattutto in una ripresa dei consumi e in una nuova fase di investimenti nelle nuove tecnologie, per arrivare a competere con gli USA anche da questo punto di vista. E un certo numero di investimenti saranno esportazioni europee.
Dunque è lecito essere ottimisti per l’economia del 2023? Probabilmente a livello globale si, ma forse anche se parliamo del ”vecchio continente”, nonostante il rallentamento dovuto al peso dell’inflazione e al costante invecchiamento della popolazione che frenano i consumi. Eppure le recenti notizie sul fronte dell’andamento dei profitti aziendali tendono a sgomberare ogni dubbio: le aziende europee sembrano generare margini non soltanto nel 2022 ma -con buona probabilità- anche nell’anno in corso, come ad esempio si può leggere dai grafici qui riportati relativi alla Borsa italiana.
Insomma, grazie alle nuove locomotive dell’economia globale (la Cina, l’India e gli altri paesi dell’estremo oriente) neanche quest’anno dovremmo vedere la recessione. Lo confermano a Davos la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, oltre che i principali banchieri centrali del pianeta e la notizia non è di poco conto!
E se i profitti aziendali non scenderanno e i tassi non saliranno allora per i listini delle borse esiste la teorica possibilità che continuino a salire, soprattutto nei comparti più tradizionali. Chi sembra ancora in ambasce sono i comparti industriali legati ai consumi, perché il rischio che la disoccupazione torni a mordere spinge alla prudenza riguardo alle spese non di prima necessità.
IL COSTO DELL’ENERGIA
Una riflessione a parte va poi fatta sull’energia e sul suo costo, apparentemente destinato a crescere se ci sarà un risveglio anticipato dell’economia globale. Non solo: la necessità di tenere duro sotto il profilo della sostenibilità ambientale tornerà di attualità e anche questo fattore (oltre alla guerra che non si placa) dovrebbe contribuire a evitare che l’energia torni a buon mercato. Ma al tempo stesso non è improbabile una ulteriore frenata del cambio del Dollaro, cosa che potrebbe ulteriormente addolcire eventuali rincari. Dunque con un po’ di fortuna oggi molte preoccupazioni appaiono sfumare in una sorta di calma apparente.
Siamo perciò nell’era “riccioli d’oro” (della bambolina cioè che è felice nelle situazioni intermedie)? Sembrerebbe di sì, ma solo in apparenza. Con le spaventose minacce geopolitiche all’orizzonte oggi, a differenza di qualche anno fa, nessuno riesce davvero a rilassarsi. E questo, insieme all’intrinseca debolezza del Dollaro, sembra un altro ottimo motivo perché le quotazioni dell’oro continuino a riprendersi…
Stefano di Tommaso