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LA FORMIDABILE ASCESA DELLE NUOVE IMPRESE IN ITALIA – PRIMA PARTE: LO SCENARIO DI MERCATO NEL NOSTRO PAESE –

La Compagnia Holding
Il nostro paese è interessato più che mai alla ventata di globalizzazione e innovazione tecnologica che pervade l’intero pianeta e sta rispondendo con una grande massa di imprese neo-costituite che vanno quasi sempre a cogliere le nuove possibilità di fare affari determinate dallo sviluppo scientifico e tecnologico. Ovviamente il mercato dei capitali guarda con attenzione in questa direzione perché costituiscono una buona opportunità: qualcuna di esse emergerà come nuovo “unicorno” (nel gergo finanziario, supererà il miliardo di dollari in valore). Il problema è che l’Italia brilla per numerosità e qualità delle Startup ma scarseggia nella capacità di veicolare loro la dotazione iniziale di capitali.

 

LA BORSA LE ACCOGLIE MA… DOPO !

La Borsa Valori è molto recettiva nei confronti delle imprese innovative (ovviamente quelle che hanno superato la fase pionieristica) e mostra un deciso appetito per esse. Nell’ultimo anno e mezzo ovviamente il numero di “matricole” si è ridotto per via della pandemia, ma costituisce comunque la stragrande maggioranza delle operazioni di “Initial Public Offerings” (IPO), cioè di nuove quotazioni. Il segmento di mercato delle imprese innovative vale oggi alla Borsa di Milano (che da quando è stata incorporata da quella francese ha assunto il nominativo di Euronext Growth Milan – EGM) circa 150 imprese, su un totale di circa 350 società quotate in Italia, ma è destinato a crescere esponenzialmente. Solo in Francia ce ne sono infatti tre volte tanto, sia delle une che delle altre.

Il confronto nell’Unione europea sull’innovazione delle piccole imprese evidenzia che l’Italia è quinta in classifica, con una quota di piccole imprese con attività innovative pari al 60,9% del totale. Superiore di 14,9 punti percentuali alla media europea (46,0%), poco distante dalla Germania (62,3%) e ampiamente superiore a quella di Francia (45,9%) e Spagna (26,9%).

Esploreremo il fenomeno delle nuove imprese in Italia sotto due punti di vista: i numeri del macro settore delle neo-costituite e le loro modalità di finanziamento, aiutandoci con le poche risultanze statistiche disponibili nel nostro paese, la prima delle quali è fornita dal Ministero per lo Sviluppo Economico, che pubblica un rapporto trimestrale (realizzato con Unioncamere, Infocamere e Fondo di Garanzia del Mediocredito Centrale) utile a comprendere la vertiginosa ascesa delle Startup Innovative.

IL RAPPORTO DEL M.I.S.E.

Alla data dello scorso 1 Ottobre 2021 queste ultime erano divenute più di 14.000 di cui 2600 quelle a prevalenza giovanile (sotto i 35 anni) e delle quali piu di 10.000 nei servizi digitali. Tra tutte quasi il 13% è costituito in prevalenza da donne. Ma l’imprenditoria corre in Italia più di quanto si pensi non soltanto per le Startup innovative: le società di capitali di recente costituzione sono infatti la bellezza di circa 100.000.

Delle 14.000 Startup Innovative registrate già più di 6.000 hanno ricevuto l’autorizzazione del Fondo di Garanzia per quasi 2 miliardi mentre le PMI Innovative che hanno ricevuto una garanzia sono state poco più di 1.200 e il Fondo medesimo ha garantito prestiti nei loro confronti per un totale di 1,3 miliardi .

Singolare il fatto che la maggior parte delle Startup Innovative abbia sede in Lombardia (oltre il 26%) e addirittura quasi il 19% sia a Milano, contro il quasi 12% del Lazio e il quasi 9% della Campania, cosa che sta a significare soltanto che chi ha una buona idea di business se può viene nelle città dove è più sviluppata la capacità di incubarla e finanziarla per farla diventare un’impresa.

I REQUISITI PER RIENTRARE TRA LE “STARTUP INNOVATIVE”

Ma chi sono le Startup Innovative? Il Ministero dello Sviluppo economico risponde così: Possono ottenere lo status di Startup Innovativa le società di capitali costituite da meno di cinque anni, con fatturato annuo inferiore a cinque milioni di euro, non quotate, e in possesso di determinati indicatori relativi all’innovazione tecnologica previsti dalla normativa nazionale“. Che poi sarebbe il possesso di almeno 1 di questi 3 requisiti:
A)sostiene spese in ricerca e sviluppo per più del 15% del valore della produzione, B) impiega personale altamente qualificato (almeno 1/3 dottori di ricerca o ricercatori o almeno 2/3 con laurea magistrale), C) è titolare di un brevetto o di un software recentemente registrato.

A queste imprese sono state rivolte significative agevolazioni, introdotte con il decreto-legge “Rilancio” del 19 maggio 2020, n.34 :

  • Incentivi fiscali all’investimento nel capitale di startup innovative
  • Accesso gratuito e semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI
  • Smart & start Italia (finanziamenti agevolati per startup innovative localizzate sul territorio nazionale)
  • Trasformazione in PMI innovative senza soluzione di continuità
  • Esonero da diritti camerali e imposte di bollo
  • Raccolta di capitali tramite campagne di equity crowdfunding
  • Servizi di internazionalizzazione alle imprese (ICE)
  • Deroghe alla disciplina societaria ordinaria
  • Disciplina del lavoro flessibile
  • Proroga del termine per la copertura delle perdite
  • Deroga alla disciplina sulle società di comodo e in perdita sistematica
  • Remunerazione attraverso strumenti di partecipazione al capitale
  • Esonero dall’obbligo del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA
  • Fail Fast (procedure semplificate in caso di insuccesso della propria attività)

Inoltre in risposta all’emergenza COVID sono state introdotte ulteriori misure a loro favore:

  • Contributi a fondo perduto per acquistare servizi per lo sviluppo delle imprese innovative
  • Sostegno al Venture Capital
  • Credito d’imposta in ricerca e sviluppo
  • Proroga del termine di permanenza nella sezione speciale del registro imprese
  • Estensione della garanzia per il fondo centrale di garanzia per le Pmi
  • Ulteriori incentivi all’investimento in Startup Innovative
  • Programma Investor Visa for Italy: dimezzamento delle soglie minime di investimento
  • Agevolazioni per le Startup Innovative localizzate in zone colpite da eventi sismici

MA I CAPITALI NON ARRIVANO DAL MISE. NÈ DAL MEDIOCREDITO

Ovviamente le suddette agevolazioni hanno contribuito in parte a stimolare la nuova imprenditoria, in particolare quella giovanile (poco meno del 20%) ma, evidentemente il grosso è costituito soprattutto da quella “di riflusso” degli “adulti (che va ben oltre l’80%), derivante dalla cancellazione di numerosissimi posti di lavoro a causa della crisi economica o della delocalizzazione all’estero delle imprese. Lo testimonia il fatto che una percentuale quasi uguale alla proporzione tra adulti e giovani nuovi imprenditori è quella delle 100.000 imprese neo-costituite, delle quali oltre l’80% non ha i requisiti di startup innovativa.

Bisogna dire che il Decreto Rilancio costituisce nel complesso una vera e propria manna per le giovani iniziative innovative. Una manna spesso ignorata da coloro che vogliono mettersi ”in proprio”, ma sulla quale si sono buttate orde di professionisti, consulenti e intermediari che in qualche modo vantano “agganci” presso il Ministero per lo Sviluppo Economico e il Mediocredito Centrale. Una manna che però evidentemente è stata meglio sfruttata in quei luoghi (come Milano) ove è più facile creare, finanziare e condurre un’impresa. Un’informazione questa che impone una riflessione ulteriore a proposito degli altri fattori (diversi da agevolazioni e incentivi ai finanziamenti di Stato) che risultano essenziali affinché l’imprenditoria si sviluppi ulteriormente in Italia, prima fra tutti la disponibilità di capitali di rischio, oltre che di finanziamenti.

Praticamente infatti nessuna delle misure previste recentemente dal Governo riguarda il capitale di rischio (tipicamente gli proveniente da Family&Friends e Venture Capital), la cui presenza peraltro risulta essenziale anche nella normativa prevista per attivare i finanziamenti e i contributi di Stato. E senza capitali di rischio le nuove imprese non riescono a partire. L’italiano medio insomma, quando non riesce a tenersi il proprio posto di lavoro, se può se lo crea di sana pianta, e questo gli fa onore. Ma poi sconta il fio della ristrettezza e poca trasparenza del mercato dei capitali italiano, che oltretutto resta negli ultimi anni particolarmente arretrato rispetto al resto d’Europa.

EPPURE IL RISPARMIO DEGLI ITALIANI È INGENTE

Basti pensare che oltre 3/4 dei risparmi italiani (ingenti e in crescita) che vengono investiti sul mercato dei capitali prende la strada degli investimenti esteri. Una vera e propria iattura per il sistema delle imprese, che dipende dal fatto che non esistono strumenti (privati e pubblici) per veicolare loro a sufficienza la disponibilità di risparmio fresco.

I depositi bancari italiani peraltro crescono anche loro (siamo a quota 1.700 miliardi di euro), ma sempre più difficilmente si trasformano in finanziamenti alle imprese. Da dieci anni a questa parte le banche italiane hanno ridotto di circa 275 miliardi di euro il credito alle imprese mentre hanno incrementato di 185 miliardi l’investimento in titoli pubblici italiani. Lo Stato cioè, per ogni euro garantito alle imprese italiane (circa 3,4 miliardi in totale) ne ha assorbiti 55 dal mercato dei capitali, spiazzando di fatto le imprese.

COSA FARE

L’auspicio è perciò che il governo attuale possa finalmente muoversi anche nella direzione dello sviluppo del mercato dei capitali, prima che l’ondata di nuove iniziative si sgonfi per impossibilità di reperire adeguate risorse. Perché senza che quest’ultimo raggiunga anche nel nostro paese maggiori dimensioni e articolazioni, buona parte delle 100.000 nuove imprese costituite alla fine si spegnerà.

Le banche d’affari come la nostra fanno il possibile per mettere insieme i capitali di rischio , assicurandosi prima che il Piano di Business sia concreto e che impedisca di sprecare risorse, costituendo e registrando la Startup come “innovativa”, reperendo idonee risorse umane con competenze qualificate, per renderle capaci di fare davvero business e trovando talvolta loro uno spazio di mercato anche attraverso accordi commerciali e collaborazioni industriali.

Altre volte viene costituito un “Club Deal” guidato dalle stesse banche d’affari che raccoglie intorno a sè capitali di rischio provenienti da uno sparuto gruppo di investitori professionali (per quasi il 70% i cosiddetti “Ángel Investor” i quali -giustamente- pretendono di partecipare anche alla conduzione aziendale, qualche “Family Office” (cioè gli uffici che si occupano di investire per conto dei più ricchi) e qualche (raro) investitore di Venture Capital.

Ma la sproporzione tra domanda offerta, così come tra le risorse complessivamente reperibili in Italia rispetto a quelle degli altri paesi avanzati, è notevole!

Stefano di Tommaso