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IL BAROMETRO DELL’ECONOMIA

La transizione post-pandemia (sempre che l’avremo davvero messa alle spalle) appare quantomai confusa e le previsioni economiche che accompagnano l’attuale congiuntura sembrano altrettanto vaghe e disparate. Si va dall’ottimismo più sfegatato propinato dagli organi di stampa “governativi” di tutto il mondo fino al deciso pessimismo (spesso ben motivato) di taluni economisti giunti agli onori della cronaca per aver previsto le precedenti crisi economiche e che prevedono una lunga stagnazione dopo il rimbalzo attuale. Non mancano numerose sfumature di grigio da parte di analisti finanziari e strateghi degli investimenti, che fanno notare che l’inflazione potrebbe persistere sinanco in caso di mancata crescita. Chi ha ragione? Ovviamente non lo sa nessuno ma qualche suggerimento pratico potrebbe provenire dalla disamina dell’andamento di taluni settori industriali, particolarmente sensibili ai cicli economici.

 

QUALI PREVISIONI?

Cominciamo con il dire che la divergenza degli scenari economici che si prospettano non riguarda soltanto la positività o la negatività delle previsioni, bensì anche le relative motivazioni, le modalità di sviluppo degli eventi nonché la loro velocità e l’ampiezza delle loro ricadute. Non si può insomma bollare l’attuale ripresa economica con una semplice convalida o un sostanziale rifiuto (asserendo che si tratti di mero rimbalzo tecnico). La questione è molto più complessa e alla fine rischia di essere irrilevante il risultato cumulativo netto dei molteplici “trend” macroeconomici che si sono sviluppati nell’ultimo anno e mezzo, mentre ciascuno di essi comporta importanti conseguenze pratiche.

Vediamo perciò quali sono, a partire dall’ovvia e incontrovertibile ripresa dei consumi che ha accompagnato la fine della “serrata” (traduzione letterale dell’abusatissimo termine straniero “lockdown”) indotta dalla necessità di contrastare la pandemia.

In molti casi i consumi non sono soltanto di natura voluttuaria, bensì derivano da importanti esigenze pratiche, o dal cambio delle abitudini e delle prospettive. Tale appare principalmente la decisa ripresa delle vendite di beni durevoli: più importante della ripresa dei consumi di accessori, abbigliamento e beni alimentari, ma soprattutto fortemente indotta dal cambio di prospettive.

I FATTORI DI TENDENZA

Il contenuto tecnologico dei beni di consumo durevoli è peraltro molto più elevato di quello relativo agli altri consumi e, se andiamo a scavare sulla forte ripresa delle vendite dei primi, è spesso proprio la necessità di aggiornamento tecnologico la principale motivazione di acquisto. Ciò vale per le automobili come per le abitazioni (entrambe le categorie molto toccate inoltre dalla necessità di rivedere l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale), ma vale anche per gli elettrodomestici, l’elettronica di consumo e i numerosissimi servizi online, tutti ampiamente al di sopra della media delle vendite di altri beni. Persino il settore delle costruzioni ha beneficiato della necessità di ridurre i consumi energetici (in Italia ad esempio con il famoso contributo del “110%” all’efficienza energetica degli edifici).

La diffusione delle più moderne tecnologie ha peraltro pervaso e modificato non soltanto la tipologia di consumi e di applicazioni residenziali, bensì anche e soprattutto gli investimenti strutturali, infrastrutturali e produttivi che la loro adozione comporta necessariamente. Tutto il comparto delle tecnologie ha quindi ricevuto dalle tendenze in corso un duplice impulso (dai consumi come dagli investimenti) che lo ha posto ai vertici della classifica dei settori industriali.

L’altro grande fattore di tendenza è stato la crescita a doppia cifra dell’attenzione ai contenuti salutistici dei consumi: la scarsa accessibilità ai servizi di medicina e chirurgia che la pandemia ha provocato ha fatto alzare le antenne alla popolazione, che ha iniziato a prendere in maggior considerazione la cura del corpo e la prevenzione dalle malattie, i comportamenti e i consumi di tipo salutistico, l’acquisto di integratori alimentari, di cibi sani, di oggetti caratterizzati da minore tossicità e da minori emissioni nocive.

Ultimo elemento che è necessario prendere in considerazione per analizzare l’andamento dell’economia globale quest’anno è stato il deciso contributo pubblico, fiscale e normativo all’adozione di determinati consumi, investimenti e ammodernamenti, fatto di elargizioni monetarie ma anche di sgravi, incentivi o obblighi di legge (a partire dall’acquisto di mascherine, farmaci e vaccini) che ha indubbiamente influito sugli sviluppi economici ed industriali dell’umanità. L’ampio interventismo di stato ha modificato decisamente la propensione alla spesa della gente

Se vogliamo perciò chiederci se l’economia andrà bene o male nel prossimo futuro e se i mercati finanziari e le principali variabili macroeconomiche ne risulteranno avvantaggiati o appesantiti, non possiamo prescindere dai tre fattori sopra indicati:

1) i contributi e gli orientamenti governativi (ivi compresa l’ampia adozione di musare rivolte all’aumento dell’efficienza energetica),

2) l’avanzata delle nuove tecnologie e delle nuove esigenze che da esse derivano (ad esempio le infrastrutture di telecomunicazioni),

3) l’incremento della spesa per la salute, ivi compresi i farmaci, i servizi sanitari, le cure mediche e quelle per prevenzione e diagnostica.

IL PUBLIC BIAS

La forte contribuzione governativa a supporto di queste tre macrotendenze fa peraltro intuire che l’economia globale difficilmente potrà fare nel prossimo anno dei passi indietro, poiché l’intera umanità sarà ancora per qualche tempo decisamente stimolata a spendere ed investire di più per effetto delle politiche monetarie e fiscali. Difficile dunque pensare che l’impatto complessivo di tali maxi-stimoli sarà negativo per l’andamento economico globale.

Più probabile sarà invece la preoccupazione che complessivamente si svilupperà in relazione alle forme di copertura di tali interventi delle pubbliche amministrazioni: il maggior indebitamento e l’ampliamento della repressione monetaria (cioè della stampa di moneta di stato ben oltre la misura fisiologica dell’accompagnamento alla crescita dell’economia). Altri freni allo sviluppo economico provengono dalla disoccupazione (che deriva tanto dal distanziamento sociale quanto dallo “spiazzamento” dei settori tradizionali che viene operato dalle imprese che propongono nuove tecnologie), e dalla necessità di risparmiare di più e spendere meno, in funzione di aspettative di vita più lunga e dalla maggior incertezza per il futuro indotta dalla sostanziale disfatta del “public welfare”.

IL BAROMETRO DELL’ECONOMIA

C’è tuttavia un settore industriale che meglio di altri può aiutare ad interpretare l’esito cumulativo delle attuali tendenze economiche: quello dell’automobile, innanzitutto perché le sue vendite avvengono nei confronti dei consumatori finali ma riguardano consumi durevoli e valutazioni ben meditate, dunque l’andamento delle vendite di auto risulta fortemente legato ai cicli economici. In secondo luogo nell’industria dell’automotive nessun produttore di veicoli è mai completamente autosufficiente nella componentistica: dunque se ci sono tensioni nelle filiere di fornitura (dalle materie prime a numerosi semilavorati) il settore ne risente immediatamente. In terzo luogo il settore ha appena conosciuto un importante risveglio legato all’introduzione massiccia delle più moderne tecnologie nella produzione, dall’ “information and communication technology” sino all’uso dell’intelligenza artificiale per la navigazione, la guida autonoma e la prevenzione incidenti. Infine il settore è fortemente monitorato per via delle emissioni inquinanti dei veicoli ed è pertanto soggetto agli incentivi e ai vincoli imposti dalle pubbliche amministrazioni

Ebbene la ripresa del 2021, che è stata soprattutto segnata dal risveglio dei consumi e da tensioni nelle filiere di fornitura che non hanno potuto reagire al risveglio della domanda con medesima celerità nell’offerta, ha coinvolto in pieno -nel bene e nel male- il settore dell’auto fino a spingermi a considerarlo quale ideale indicatore delle possibili tendenze future di tutta l’economia!


Mentre non è possibile fare previsioni precise per l’andamento del prodotto globale lordo è invece possibile farlo per le vendite del settore auto (che sembrano poter procedere in crescita ancora a lungo a motivo del sostanziale aggiornamento delle tecnologie), per i prezzi (che sono già saliti negli ultimi mesi e che si prevede possano ancora crescere per effetto del rincaro della componentistica) e anche per la necessità di rinnovare il parco auto esistente alla luce dell’esigenza di ridurre le emissioni di gas-serra. L’acquisto dovuto alla necessità di aggiornamento tecnologico probabilmente riguarderà anche molti altri investimenti e beni di consumo durevole costituirà altrettanto probabilmente una delle principali leve della domanda.

PROFITTI IN CRESCITA

Ma non sono soltanto costi e prezzi di vendita a crescere in questo scorcio d’anno per l’industria automobilistica, bensì anche i profitti delle imprese. È notizia di questi giorni il pre-consuntivo di metà anno del gruppo Stellantis (Fiat-Chrysler + PSA) che ha totalizzato 5 miliardi in più di profitti nella prima metà del 2021 soltanto a causa degli aumenti dei listini di vendita!

Dunque se il settore dell’auto può funzionare da barometro dell’economia globale ecco che le previsioni per il prossimo anno possono diventare più puntuali: i prezzi finali saranno probabilmente in crescita più di quanto cresca effettivamente la domanda (causa rincari dei costi di materie prime e semilavorati: dunque inflazione), profitti però decisamente in crescita e dunque anche le valutazioni d’azienda potrebbero essere destinate a crescere.

Ma chi ne trarrà più profitti saranno proprio i produttori di tecnologie, che saranno imprescindibili fornitori praticamente di tutte le altre industrie.

In effetti gli stimoli monetari e fiscali hanno influito non poco nelle decisioni d’acquisto del cittadino moderno, così come è aumentata la quota di credito al consumo. Nell’auto ciò si è visto prima ma probabilmente anche negli altri settori il contenuto intrinseco di nuove tecnologie sta crescendo, così come la sostenibilità ambientale è divenuta più importante. Il mondo insomma continua ad accelerare il nostro cambiamento di abitudini e comportamenti: prima a causa della pandemia e oggi a causa della ripresa dei consumi.

Se vale per l’auto, allora probabilmente lo scenario ottimistico può valere anche per il resto dell’economia: moderata crescita, necessità di finanziamenti per sostenere nuove forme di condivisione della proprietà dei beni (pay-per-drive, leasing, noleggio operativo e car-sharing), inflazione dei prezzi, maggior attenzione all’ambiente e trionfo delle tecnologie. Grandi profitti per i produttori e grandi sussidi pubblici. Ma i consumi energetici dovrebbero crescere meno di quanto si possa oggi ritenere, ragion per cui il costo dell’energia non potrà mai andare alle stelle! Ecco il mix che potremo probabilmente osservare per l’economia globale nel corso del 2022.

Stefano di Tommaso