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BORSE AI MASSIMI: E ADESSO ?

Il momento per le borse di tutto il mondo è magico: Wall Street esulta ma anche la Borsa di Milano non tornava a questi livelli da Ottobre 2008 (venerdì il FTSE MIB era a 25.570), e ciò nonostante il cambio dell’Euro contro Dollaro sia ai massimi da parecchio tempo (quasi 1,22 dollari per ogni euro). Anche il petrolio è vicino ai massimi di periodo, con il future (il contratto a termine) su Luglio che sfiora i 70 dollari per il WTI. Uno scenario dunque fortemente positivo in cui l’economia mondiale mostra ogni segno di forza.

 

MA QUANTO PUÒ DURARE LA CUCCAGNA ?

Quanto sono sostenibili nel prossimo futuro gli attuali livelli di Wall Street dopo i record storici (vedi grafico qui sotto) che portano il guadagno al 32% in un anno esatto e dopo aver quasi raddoppiato dal minimo del 1.marzo 2020?


La domanda non soltanto è lecita, ma assai probabilmente anche doverosa. I motivi di cotanto ottimismo non sono certo mancati: a partire dalle vaccinazioni di massa che hanno permesso all’Occidente di riaprire i battenti di una società civile che sembrava destinata all’isolamento sociale, per poi passare dalla conseguente ripresa dei consumi e dei principali indicatori economici.

Ma soprattutto i mercati finanziari hanno mostrato i muscoli a causa dell’imponente pioggia di liquidità irrorata dalle banche centrali di tutto il mondo. E domani potrebbero essere proprio loro a far tremare i listini borsistici, qualora dovessero rallentare la dose giornaliera corrisposta o addirittura tornare sui loro passi. Cosa che potrebbe succedere a causa dell’inflazione dei prezzi che sembra aver iniziato a fare capolino, principalmente attraverso il rialzo del prezzo del petrolio e. conseguentemente, di tutte le altre materie prime “energetiche”.

I DANNI DELL’INFLAZIONE

La “transizione energetica” sarà pure alle porte, ma la domanda di gas, petrolio e dintorni per il momento è risalita ben più dell’offerta, provocandone un ovvio rincaro. E il prezzo dell’energia, nel momento della ripresa economica, è storicamente sempre stato il primo fattore di trasmissione dell’inflazione tra un’economia e l’altra, indipendentemente dagli altri fattori di produzione, come ad esempio il costo del lavoro, che dipende molto da fattori locali -come l’andamento della disoccupazione- e fiscali.

L’inflazione può danneggiare la salute delle borse in due modi: provocando una risalita dei tassi d’interesse nominali (che deprimono le valutazioni aziendali) e riducendo i tassi d’interesse “reali” (cioè al netto dell’inflazione). La possibile caduta di questi ultimi (data la ritrosìa mostrata chiaramente dalle banche centrali a rialzare repentinamente i tassi d’interesse nominali) toglie ottimismo agli investitori che vedono meno compensati i frutti del capitale da essi impiegato. Ma c’è un terzo e più letale modo perché l’inflazione possa danneggiare le quotazioni borsistiche: il disincentivò nei confronti delle banche centrali a proseguire nell’ elargizione delle facilitazioni monetarie.

LE BANCHE CENTRALI TENTENNANO

E giusto lo scorso mercoledì notte la Federal Reserve Usa ha annunciato una prima piccola retromarcia sulla politica monetaria: da luned inizierà a rivendere a piccole dosi i “corporate bond” e le quote dei fondi di investimento che aveva comprato durante la pandemia per sostenere i mercati, concentrandosi sui titoli degli emittenti pubblici. Una piccola rivoluzione rispetto alla “forward guidance” che ha sbandierato ai quattro venti che però non poteva mancare dopo l’esplosione dei prezzi di molte materie prime e la discesa del corso del Dollaro.

Il punto è proprio nelle possibili conseguenze di tale aggiustamento: una risalita -seppur graduale- dei tassi di interesse e, soprattutto, una discesa dei rendimenti reali, può “spiazzare” le attuali valutazioni delle società quotate in borsa.


MA LE BORSE HANNO OTTIMI ARGOMENTI PER RESISTERE

  • La ripresa economica. Non ci sono tuttavia certezze al riguardo della possibile correzione dei listini che in altre situazioni ci si potrebbe aspettare dai mercati finanziari quando risale l’inflazione e le banche centrali frenano: la ripresa economica globale post-Covid è ancora alle sue prime fasi e appare impetuosa. Di conseguenza anche i profitti aziendali sono visti al rialzo, cosa che potrebbe ampiamente giustificare la sostanziale tenuta delle borse.
  • La ripresa dei “buy-back” aziendali. A questo si aggiunga l’annuncio da parte di quasi tutte le grandi multinazionali circa la ripresa dei programmi di “buy-Back” cioè di acquisto di azioni proprie, che è sostanzialmente mancata sino ad oggi a partire da più di un anno a questa parte. Un’altra notizia a favore di ulteriori possibili traguardi dei listini azionari.
  • La “bondification”. Senza contare un terzo fattore a possibile favore dell’investimento azionario: proprio perché i rendimenti dei titoli obbligazionari appaiono assai poco attraenti dovremmo continuare ad assistere ad un progressivo spostamento dei risparmi allocati dal reddito fisso a quello variabile. Anche soltanto allo scopo di percepire i dividendi, che spesso risultano più ricchi delle cedole.
  • La nuova ondata di “M&A”. E non è finita con le notizie positive: si preannuncia una stagione straordinariamente positiva per le operazioni di fusioni e acquisizioni e, di conseguenza, per il valore dei titoli quotati che saranno oggetto di tali operazioni, dal momento che di solito esse comportano un rialzo delle quotazioni delle società coinvolte.
  • L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (AI). A suggerire prudenza nel gridare agli allarmi sulle borse viene anche la considerazione del fatto che circa un quarto del valore di capitalizzazione complessiva delle borse di tutto il mondo è espresso dai titoli emessi da grandi società tecnologiche (principalmente americane o cinesi), le cui prospettive restano al momento assolutamente rosee per quanto riguarda la crescita attesa dei profitti per i prossimi anni.


L’OTTIMISMO PUÒ PREVALERE

È una situazione nuova, che nelle precedenti congiunture economiche in qualche modo simili non c’era. Gli sviluppi tecnologici promettono nuove rivoluzioni dopo quella digitale, a partire dall’avvento in grande pompa dell’intelligenza artificiale, fino ad oggi non pienamente assorbita nelle quotazioni azionarie delle società coinvolte. E stanno arrivando sul mercato numerosissime “Startup” (cioè imprese innovative neo-costituite) che si occupano di tutte le possibili applicazioni dell’AI, da quelle finanziarie a quelle relative alla cura della salute, passando per il futuro della mobilità e quello della gestione delle unità abitative.

Il mondo insomma continua a girare -anzi accelera- e, dopo le grandi paure derivanti dalla pandemia, le prospettive sembrano mirabolanti. Non è dunque così scontato che una piccola tirata di freni da parte delle banche centrali possa annientare l’ottimismo degli operatori. Così come non è scontato che la stagione che si prospetta delle nuove fusioni e acquisizioni non possa tranquillamente sostenere i livelli attuali dei corsi di borsa.

WHAT NEXT ?

Il punto tuttavia è un altro: l’inflazione in arrivo (quasi per certo) potrà alla fine provocare un ribasso per le borse una volta esaurita la spinta dell’entusiasmo derivante dal ritorno alla normalità post-Covid ? La rosea prospettiva attuale insomma appare effimera o duratura? L’argomento non è di poco conto, poiché le borse per loro natura guardano avanti arrivando anche a sfasarsi non poco rispetto ai cicli dell’economia reale.

La risposta giusta tuttavia (e anche la più inutile) è: dipende. Dipende per esempio dal livello di “svalutazione” che dovranno sostenere le principali divise di conto valutario a causa dell’eccesso di offerta (da parte delle banche centrali) rispetto alla domanda (da parte dei privati).

ORO E SVALUTAZIONE

Un indicatore formidabile da questo punto di vista non è tanto il livello dell’indice dell’inflazione, la cui misura dipende da una serie di scelte arbitrarie degli istituti di statistica relativi al paniere di prezzi selezionato, bensì, ad esempio, il prezzo dell’oro, oggi non esattamente a buon mercato. Una eventuale correzione del prezzo dell’oro potrebbe indicare ottimismo sull’inflazione “strutturale” e, di conseguenza, sullo stato di salute dell’economia. E c’è chi è pronto a scommettervi, come alcune banche svizzere che hanno pubblicato previsioni al ribasso per il metallo giallo.

Ma se invece l’economia globale non continuerà con prolungato slancio e decisione la sua corsa, allora le attuali quotazioni delle borse potrebbero apparire esagerate rispetto alle attese dei profitti futuri incorporati nei livelli record cui sono oggi giunti i listini azionari. Profitti tra l’altro da attualizzare ad un tasso di sconto che, con ogni probabilità, potrebbe crescere in futuro. E quello che si è visto negli ultimi decenni è che i cicli economici appaiono oramai sempre più imprevedibili.

ANCORA PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL?

Dunque le valutazioni delle società quotate in borsa -per tutti i motivi citati più sopra- potrebbero ugualmente apparire molto solide, ma sarebbero inevitabilmente condannate ad un lungo periodo di traslazione laterale, senza particolari speranze di guadagno in conto capitale. Cosa che potrebbe provocare un’inevitabile migrazione degli investimenti dai fondi comuni che investono nelle grandi società quotate ai fondi di “private equity” e “venture capital”, nonché ai fondi immobiliari e infrastrutturali, i quali tutti potrebbero riflettere meglio delle grandi corporation quotate le ricadute positive delle grandi innovazioni tecnologiche in arrivo.


I capitali che cercano rifugio dalle disgrazie gonfiano le quotazioni dell’oro. Quelli che si allineano a prospettive di crescita tendono invece a spostarsi sui profili più speculativi. E se le opinioni circa la solidità della ripresa saranno concordi potremmo assistere ad una vera e propria traslazione dell’investimento dei risparmi: dalle obbligazioni verso le borse per percepire dividendi e cercare la solidità, dalle borse verso gli strumenti professionali di investimento per cercare rendimenti crescenti (e ovviamente anche maggiori rischi).

L’ultima parola in proposito però non la può avere proprio nessuno. Nemmeno, per la verità, i banchieri centrali, i quali hanno sparato già la maggior parte delle munizioni che avevano in arsenale. E se dovessero esagerare con gli stimoli monetari, l’inflazione ne deriverebbe cancellerebbe ogni beneficio degli sforzi precedenti. L’ultima parola ce l’avranno -come al solito- le aspettative di mercato. Cioè lo stato d’animo della gente, dei consumatori, degli operatori economici e dei risparmiatori. E quello no, non lo può conoscere in anticipo proprio nessuno!

Stefano di Tommaso