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IL BLOCCO DEL TURISMO FRENA L’INTERO PAESE

La seconda e la terza ondata di Covid hanno peggiorato decisamente tanto le prospettive per l’economia italiana quanto la situazione di dipendenza dalle istituzioni europee che oggi assicurano gran parte delle esigenze del governo italiano: su una stima di 539 miliardi tra titoli in scadenza e deficit di 175 miliardi le istituzioni europee dovrebbero coprire 252 miliardi, circa il 47% Il deficit potrebbe raggiungere quest’anno il 10,2% del prodotto interno lordo, superiore di 50 miliardi e 3,2 punti percentuali rispetto alle ultime stime del governo indicate nell’aggiornamento del Def. Con una crescita al 3.5% e il peggioramento del deficit, il debito pubblico salirebbe al 160% del p.i.l.

 

20 MILIONI DI ITALIANI IN DUBBIO

Ovviamente i settori più colpiti dalle restrizioni ai movimenti delle persone sono stati quelli del turismo e dell’intrattenimento, ivi compresi molti servizi accessori a questi quali ad esempio la ristorazione e il commercio al dettaglio. È solo adesso, con l’arrivo della primavera, ci si rende conto delle possibili conseguenze di una prevenzione dei contagi sbagliata e dannosa, dei ritardi nei vaccini, delle ulteriori restrizioni alla socialità e ai movimenti delle persone.

Oggi circa 5 milioni di italiani rinunciano a fare programmi e in totale 20 milioni restano nell’incertezza sul fronte delle vaccinazioni e di conseguenza sulle vacanze. E’ quanto emerge dall’Indice di Fiducia dei viaggiatori italiani – calcolato mensilmente da Swg per Confturismo-Confcommercio – che a marzo risale a 53 punti, sempre comunque 9 punti sotto l’ultimo valore pre-pandemia, quello di marzo 2019.


Nel 2019 il p.i.l. italiano era di circa 1810 miliardi di euro e di questi circa il 13% cioè 232 miliardi provenivano dalle 386.000 imprese del settore turistico. Aziende e aziendine che avevano lavorato su 437 milioni di presenze giornaliere, di cui 131 milioni per nuovi arrivi dall’estero. Erano presenti 33mila alberghi e 183mila esercizi extra-alberghieri, con 2,2 milioni di posti letto. Nel 2020 la stima (non definitiva) del pil italiano è scesa a 1650 miliardi di euro (meno 9%) ma il fatturato dell’intero settore turistico è calato nel 2020 del 69% e si stima possa fare anche peggio quest’anno.

I RISTORI ANCORA TROPPO POCHI

Né si pensi che i “ristori” promessi dal governo possano cambiare alcunché: un albergo che nel 2019 ha fatturato 500 mila euro e nel 2020 ha visto contrarsi lo stesso fatturato del 60% riceverà 10 mila euro, cioè il 3,3% delle perdite.

Una piscina o una palestra con un fatturato di 2 milioni di euro e un calo del medesimo registrato nel 2020 del 75%, ”porterà” a casa 37.500 euro che ammonta al 2,5% della perdita subita. A un’azienda tessile con un fatturato 2019 di 7 milioni di euro e una perdita di fatturato nel 2020 del 35% verrà riconosciuto un indennizzo di 40.833 euro che compenserà l’1,7% delle perdite di fatturato.

Oggi, a pochi giorni dalle (mancate) vacanze pasquali e con la prospettiva di ulteriori restrizioni per tutta la prima metà dell’anno, lo spettro di una stagione turistica peggiore di quella precedente inizia a materializzarsi, e gli operatori si interrogano sulla sostenibilità della situazione. Perché se è vero che solo l’8% delle imprese turistiche italiane ha già chiuso i battenti nel 2020, nel 2021 la stima sale a circa il 30% delle altre. Vale a dire che circa 100mila imprese del turismo sono dunque a rischio di chiusura.


PASQUA È IL MOMENTO CLOU PER LE PRENOTAZIONI

La situazione insomma, protratta al secondo anno di fila, sta precipitando, con ovvie e pesantissime ricadute negative per i servizi accessori quali appunto la ristorazione, l’intrattenimento, gli sport e gli spettacoli, il commercio al dettaglio di accessori e souvenir, eccetera. Sommando tutto si giunge a ben oltre un quarto dell’economia italiana. Fortemente dipendenti dalle presenze straniere questi comparti sono oggi profondamente in crisi gettando un’ombra anche sulla tenuta delle banche che li hanno finanziati, sulle mancate imposte che lo Stato riscuoterà, e così via…

Nuove stime infatti rimandano al 2025 (cioè tra 4 anni) il ritorno del turismo in italia ai livelli pre-covid e, purtroppo, mentre è facile comprendere quali danni stanno accadendo in queste ore, non è affatto certo che tutto tornerà un bel giorno com’era prima, anzi! Il momdo cambia e si orienta diversamente, e così anche le abitudini dei consumatori. L’Italia insomma rimane uno dei paesi maggiormente danneggiati al mondo dalle conseguenze della pandemia.

Occorrerebbero molte e importanti iniziative per riuscire a contrastare i danni a catena che questa situazione sta generando nei portafogli e nella psicologia degli italiani, ma questo governo, nonostante tutte le mirabolanti attese, insieme con la politica che lo sostiene, non sembrano nemmeno disposti a provarci.

LE CONSEGUENZE DI UN “NULLA DI FATTO”

Facile prevederne però le conseguenze: la svendita dei cespiti immobiliari collegati al tempo libero e all’intrattenimento in generale (dunque non soltanto alberghi, cinema, teatri e locali alla moda, ma anche centri commerciali, palestre, seconde case e negozi), un impressionante numero di potenziali nuovi fallimenti e conseguentemente di sequestri, aste giudiziarie e liquidazioni, e la possibilità sempre più concreta che al momento opportuno chi rileverà a prezzi di saldo le migliori occasioni saranno stranieri e immigrati.

È anche facile prevedere che questa situazione porterà ancora una volta ad allargare la spaccatura tra nord e sud del paese (dal momento che il turismo è per definizione più pervasivo al sud mentre il nord predomina nell’ industria e nelle esportazioni) e a favorire perciò altre dipartite dei migliori cervelli del paese. Non è da escludersi inoltre che ciò possa innescare una nuova fuga all’estero degli imprenditori e dei loro capitali, preoccupati di una domanda interna che non potrà che restare molto debole.

Tutte cose che contrasterebbero fortemente con le aspettative suscitate da una figura di alto livello alla guida dell’esecutivo italiano e che rischiano di ribaltare le attese di ritorno alla crescita economica. D’altra parte il settore maggiormente colpito è sempre stato uno dei principali motori dell’economia nazionale, e non si può pensare che la cosa resti priva di conseguenze. Forse ciò che manca è una coscienza più vigile di tali conseguenze, dal momento che le notizie che filtrano dalla stampa al riguardo tendono a minimizzare il problema.

Il nostro Paese resta ugualmente la culla dei principali tesori storici e artistici mondiali. Cosa che fa pensare che resterà sempre al centro del turismo internazionale, ma si sta concretizzando la prospettiva che a godere dei benefici economici dei flussi turistici in futuro non saranno più i nostri cittadini, bensì quasi solo gli stranieri che ci assumeranno come loro operai, uscieri, inservienti e cuochi! Come del resto è avvenuto in buona parte del terzo mondo.

Stefano di Tommaso