VERSO UN MONDO DIVERSO
Difficile fare previsioni sui mercati finanziari o per l’economia reale in questo momento di grandi paure e altrettante speranze, per una serie di motivi di incertezza che cercheremo di esplorare in questo articolo. Tuttavia si può iniziare a scorgere alcune importanti dinamiche che non tarderanno a produrre cambiamenti profondi nel modo di vivere e nei consumi, nel nostro Paese come nel mondo intero, nei diversi settori industriali, nei posti di lavoro e nell’allocazione dei risparmi.
IL DIFFICILE RITORNO ALLA “NORMALITÀ”
L’accelerazione degli eventi determinata dal distanziamento sociale imposto dal virus ha cambiato in pochi mesi assai radicalmente lo scenario complessivo, imponendo a buona parte delle imprese operanti nei settori “tradizionali” (diversi dalla cura della salute e dall’alimentare) un forte rallentamento, con conseguenti ingenti perdite patrimoniali e, soprattutto, un’assoluta incertezza relativa al possibile “ritorno alla normalità”, che in qualche caso sappiamo sarà molto lento o addirittura non ci sarà affatto.
Viviamo oggi in un mondo sovraffollato di esseri umani e fortemente “globalizzato”, cioè unificato dalle telecomunicazioni e dalla relativa facilità negli spostamenti, e dunque sottoposto ad un rischio di contagio di malattie e infezioni nemmeno immaginabile fino a pochi anni fa. L’umanità è però mediamente molto invecchiata (cioè non è morta prima) e, nel suo complesso, sta mutando radicalmente le proprie abitudini.
CAMBIA LA SOCIETÀ CIVILE…
In questo nuovo mondo, nel quale la nostra cultura, la nostra razza e il nostro modo di vivere non sono più prevalenti e devono fare i conti con minacce nuove, anche l’assetto sociale e civile dei paesi più industrializzati cambia, così come cambiano le modalità di lavoro e le aspettative di valore, la struttura familiare e la propensione alla spesa.
La pandemia è poi arrivata parallelamente a forti sconvolgimenti climatici, che si sono talora trasformati in vere e proprie devastazioni naturali. Tutto ciò ha indotto tanto la popolazione quanto i governi ad una maggior attenzione alle problematiche ecologiche, ambientali ed energetiche, con conseguenti mutamenti delle abitudini quotidiane, delle modalità di spostamento e delle preferenze nei consumi personali.
La pandemia ha poi esasperato la disoccupazione, ridotto le aspettative di reddito e in molti casi ha intaccato le riserve patrimoniali, con la conseguente necessità per ampie fasce della popolazione di tagliare i consumi e ricorrere maggiormente agli ammortizzatori sociali. I bilanci pubblici così come l’industria e le “public utilities” ne stanno ovviamente risentendo.
…E CAMBIANO LE ATTIVITÀ ECONOMICHE
Il fatto poi che molte piccole imprese sono state forzate a chiudere ha determinato per larghe fasce della popolazione un incremento del debito, forti perdite patrimoniali, e ha “drogato” molte attività economiche, divenute fortemente dipendenti dalla spesa pubblica, dall’accesso al credito e da incentivi ed erogazioni dispensate dallo Stato.
La sopravvivenza di soltanto alcuni tra i canali distributivi (principalmente la grande distribuzione e le vendite online) ha contribuito non poco alla selezione della specie per moltissime aziende piccole o tradizionali, o sotto capitalizzate (e dunque fortemente sensibili alle restrizioni del commercio al dettaglio).
Ma il motivo principale del cambio di scenario è la necessità di fare efficienza nei costi e di reperire i capitali necessari ai forti investimenti divenuti necessari per poter restare in affari. Cosa che provocherà non soltanto fallimenti e insolvenze in coloro che non lo stanno già facendo, ma anche e soprattutto un’ondata di cessioni d’azienda, aggregazioni, accorpamenti e tagli generalizzati che a loro volta esprimeranno impatti profondi nell’indotto industriale di ogni sorta, nei servizi, nelle nuove professionalità richieste e nelle diverse modalità di collaborazione..
CAMBIANO ANCHE I GLI OPERATORI FINANZIARI…
Ma se tutto il resto cambia anche gli operatori finanziari saranno costretti a cambiare, ad adeguarsi, a cercare di rispondere a esigenze diverse e a strutturarsi diversamente. Un primo segnale del cambiamento è sicuramente l’internet banking (ovvero il “Fintech”) che sta dando una scossa all’intero sistema creditizio e dei pagamenti, scuotendolo, scombussolandolo e talvolta anche amputandogli qualche articolazione.
Tutto questo processo è stato però ammortizzato per le banche dai guadagni in conto capitale generati dall’arrivo dell’enorme liquidità immessa dalle banche centrali. Questa ha “pompato” la stragrande maggioranza delle quotazioni borsistiche e ha abbassato fino allo zero i tassi d’interesse. Le banche dunque non sono (ancora) rimaste colpite dalle perdite economiche e in conto capitale e hanno trovato così il tempo per i nuovi assetti.
Persino le autorità monetarie e i grandi regolatori sono tuttavia “sotto scacco”, perché la rivoluzione digitale genera pagamenti elettronici che riescono a sfuggire al loro controllo, o quantomeno a ridimensionarlo. Per questo ci vorrà ovviamente più tempo, ma la tendenza è oramai consolidata, nonché sospinta a forza dal progressivo “svuotamento” di valore che le valute di conto subiranno inevitabilmente a causa dell’imponente massa di nuova moneta stampata di fresco e della,svalutazione che ne conseguirà.
…E CAMBIANO I SETTORI PREFERITI DALLE BORSE
In questo mondo che cambia così tanto non possono non rimanerne influenzati anche i mercati finanziari. La grande liquidità che continua ad essere immessa li alimenta, ma ruotano fortemente i portafogli degli investitori, i quali ripongono le loro speranze nelle imprese più grandi, più solide, più innovative o più favorite dalle tendenze in atto.
Spiccano così le quotazioni della robotica, del digitale avanzato, del commercio elettronico, del fintech, delle biotecnologie e della cura della salute in genere. Spiccano anche le tecnologie alimentari e le industrie di trasformazione delle commodities, perché rispondono all’esigenza derivante dall’incremento della popolazione del mondo.
Soffrono parallelamente i servizi tradizionali, il triangolo “lusso-moda-arredamento”, l’automobile e la meccanica tradizionale, l’industria di carbone, gas e petrolio, mentre al pari prendono il volo la mobilità elettrica, la produzione di energie da fonti rinnovabili, l’elettronica di consumo e gli oggetti di intrattenimento domestico.
Le imprese più grandi, quelle quotate in borsa e quelle che possono esibire più solidità patrimoniale hanno indubbiamente beneficiato dell’ondata positiva delle borse, incrementando il divario già esistente con le altre imprese e profittando della necessità per queste ultime, meno capaci di raccogliere capitali e di tagliare i costi, al cambio di strategie, all’abbassamento dei prezzi dei manufatti o sinanco alla (s)vendita tout-court alla concorrenza.
COME EVOLVERÀ
I risultati di tuttI questi cambiamenti si vedranno appieno soltanto nel tempo, ma non è difficile individuare alcune tendenze essenziali che ne derivano e che difficilmente mostreranno nei prossimi mesi un’inversione:
- L’incredibile ammontare di liquidità che le banche centrali continuano ad immettere sui mercati e che si somma a quella già immessa genererà tassi ulteriormente negativi un po’ ovunque, persino laddove l’inflazione tornerà a mordere, spingendo l’investimento dei risparmi verso impieghi più rischiosi;
- L’incremento della spesa pubblica che consegue alla parziale monetizzazione del debito esistente e all’azzeramento del costo del debito si rivolgerà soprattutto alla previdenza sociale, alla sanità e alle politiche di prevenzione. Probabile anche una limatura dell’imposizione fiscale nei Paesi che se la potranno permettere, accentuando i divari con gli “altri” (come il nostro);
- La svalutazione monetaria farà incrementare i prezzi dei preziosi, degli immobili di pregio e delle,”riserve di valore” in generale. Anche i prezzi alimentari non potranno che risentirne e ciò rimuoverà l’ultimo ostacolo alla ripresa dell’inflazione;
- In un mondo dominato da colossi finanziari e tecnologici degni del distopico “grande fratello” di Orwell è difficile prevedere grandi crolli dei mercati finanziari, ed è sempre più difficile comprendere se prevarrà la liquidità in circolazione (scenario più probabile) o il disconforto per l’andamento negativo dell’economia reale e degli altri settori industriali;
- la crescita smisurata della disoccupazione che discende dalla sequela di insolvenze, chiusure, razionalizzazioni e aggregazioni aziendali, dalla cancellazione dei posti di lavoro tradizionali e dalla necessità di riqualificazione delle mansioni non potrà che determinare nuove tensioni sociali o addirittura nuovi conflitti bellici, dovuti all’accentuazione delle disparità sociali e politiche.
ANDRÀ TUTTO MALE ?
Come sempre succede -nel lungo termine- probabilmente no, anzi! Ma John Maynard Keynes ricordava che -nel lungo termine- saremo tutti morti. Quel che conta insomma è ciò che succederà più a breve, e questo è più difficile pronosticarlo, soprattutto è impossibile farlo “erga omnes”. Nel mondo che cambia ci saranno perdenti e vincenti.
Anche le sorti del nostro Paese dipenderanno da fattori locali come da fattori europei ed internazionali ed è difficile prevedere quali saranno. Ma una cosa è più certa in Italia che altrove: la necessità e l’imprescindibilità del cambiamento: il nostro è un Paese che è rimasto indietro nella corsa alle nuove tecnologie, alle nuove infrastrutture, al progresso della sanità, alla crescita dimensionale delle imprese e al rinnovamento dei mercati finanziari.
Ora probabilmente l’Italia dovrà adeguarsi più decisamente e più velocemente di altri al mondo che cambia. E questo genera micidiali minacce al business più tradizionale ma anche altrettante incredibili opportunità di guadagno, ma soltanto per chi avrà più risorse a disposizione, più alleanze internazionali, più competenze, più intelligenza e più coraggio.
Stefano di Tommaso