IL MIRACOLO GIAPPONESE
Per quasi trent’anni l’economia giapponese ha registrato, per le statistiche ufficiali, recessione o stagnazione e il più alto debito pubblico che la storia economica ricordi. Ma quel debito pubblico è stato integralmente acquisito (e dunque: “monetizzato”) dalla Banca Centrale e, senza il ricatto dei mercati, il Giappone evidentemente è vissuto meno peggio di quanto il “mainstream” volesse farci credere, dal momento che resta uno delle quattro superpotenze planetarie e soprattutto il suo reddito pro-capite resta tra i maggiori in assoluto. La settimana scorsa poi il balzo del 21% del P.I.L. ha stupito tutti. Qual è il segreto del successo giapponese? E quante similitudini con l’Italia potrebbero farci trarre spunto da un esempio vincente nel combattere tutte le accidie della nostra epoca?
Non si tratta di un esperimento, né della discussione tra accademici di una teoria economica. Non è nemmeno frutto della follia di un establishment che vuole giustificare sé stesso. A proposito del Giappone stiamo parlando di dati tangibili, di una società civile che oggi prospera davvero ed è persino molto avanti nelle infrastrutture, nell’organizzazione delle città, nella tecnologia, sinanco nell’assistenza sanitaria come pure nella qualità della vita. Non per niente l’aspettativa di vita in Giappone supera quella dell’Italia che è già una delle migliori al mondo.
E nonostante un numero di anziani più che doppio rispetto al nostro, il Sol Levante ha gestito forse meglio di tutti l’emergenza COVID con un totale di casi positivi pari a 190mila, soltanto lo 0,15% dei 126,5 milioni di individui, con 1873 morti. In italia abbiamo avuto sino ad oggi 1milione381mila contagiati su 60,3 milioni cioè il 2,3% pari anche a 15 volte il numero di contagi in proporzione alla popolazione totale giapponese e 49500 morti, quasi trenta volte di più.
Da questo punto di vista il Giappone ha dato lezioni a politici ed epidemiologi di casa nostra: tutto questo è stato possibile senza mai introdurre un lockdown come quello visto a primavera in Italia, limitandosi a dichiarare lo stato d’emergenza e chiedendo ai cittadini di rispettare stringenti normative igieniche e consigliando riduzioni degli orari dei negozi. Così facendo il Giappone ha limitato parte dei danni economici della pandemia e, qualche giorno fa, ha sottoscritto uno storico accordo commerciale con 14 altre nazioni asiatiche tra le quali Ci a e Corea del Sud, che contribuirà a dare impulso ad un’economia che si regge sui consumi individuali per oltre il 60% del prodotto interno lordo. Il risultato? una crescita del P.I.L. nell’ultimo trimestre pari al 5% (contro una perdita dell’ 8% nel trimestre precedente) e la borsa di Tokyo vicina ai massimi di sempre.
Le similitudini con l’Italia però non finiscono qui: una grandissima propensione al risparmio, grandi capacità tecniche, nessuna materia prima in casa, forte dipendenza dalle esportazioni… Ma mentre in Italia il declino economico si fà più tetro, il Paese del sol levante è oggi-quasi in tutto- ai primissimi posti al mondo nonostante trent’anni di (asserita) stagnazione e l’evidente sovrappopolazione. Come è possibile? Qualcuno mi fa notare che in Giappone -a differenza che da noi- lavorano proprio tutti, che il sistema dei valori etici e sociali è molto forte e che la dedizione all’impresa di appartenenza e agli impegni morali della popolazione è leggendaria. Ma è altrettanto vero che -nonostante numerosi scandali e molto ricambio della classe politica- l’assistenza sociale alle classi più deboli non è mai stata fatta mancare, così come i sussidi alle attività produttive, considerate il pilastro dell’organizzazione sociale.
Non per niente quasi mai un giapponese viene licenziato, quasi mai cambia casacca aziendale e tutti lavorano fino a tarda età. In Italia lavorano (a qualsiasi titolo, anche stagionale) 23 milioni di cittadini su una popolazione di oltre 60 milioni (cioè il 38%) mentre in Giappone su una popolazione di 126,5 milioni (con ultra-sessantacinquenni pari al 29% ma che costituiscono il 13,3% della popolazione attiva, cioè ogni 7,5 persone attive c’è un ultra-sessantacinquenne) quelli che lavorano sono il 65%, dunque il quadruplo dei lavoratori italiani e il doppio in percentuale sul totale della popolazione!
Ovviamente ora il Giappone guarda con apprensione alle sorti dei giochi olimpici di Tokyo, che avrebbero dovuto tenersi nell’estate 2020 e che sono stati spostati al giugno 2021, ma che a quella data -giurano- “si terranno comunque”. Una vera e propria iattura dal momento che il turismo stava letteralmente decollando in Giappone poco prima della pandemia.
Nel corso dell’ultima settimana poi i corsi della Borsa di Tokyo sono tornati ai massimi dal 1991 sfiorando i 30.000 punti dell’indice Nikkei, per poi assestarsi poco al di sotto. Un segno che adesso anche gli stranieri stanno investendo in Giappone e che la sequela di buone notizie che riguardano il Paese e la sua intera area geografica potrebbe non fermarsi qui. Speriamo sia di buon auspicio anche per il nostro Paese!
Stefano di Tommaso