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TANTE MATRICOLE A PIAZZA AFFARI

Le “Initial Public Offering” (I.P.O.) alla Borsa di Milano continuano a fioccare imperterrite nonostante la gravissima recessione che il nostro Paese sta affrontando. Certo la liquidità che abbonda sui mercati costituisce un importante traino, ma non basta a spiegare la grande apertura del mercato dei capitali verso le matricole che approdano al listino. C’entra anche la limitatezza numero di società già quotate rispetto a quelle che sarebbero pronte per farlo, e che sino a ieri avrebbero preferito finanziare con il debito i propri investimenti. Ma sono soprattutto le “nuove” attività, quelle più tecnologiche o attive nei settori che “tirano” di più (come il medicale, il digitale e le nuove tecnologie “verdi”) ad avere il favore del mercato. La crisi sta infatti accelerando il ricambio industriale, lasciando indietro le aziende che non guadagnano e fornendo ampie risorse a quelle più “sexy” perché la liquidità abbonda e i rendimenti delle obbligazioni sono sempre più bassi.

 

GVS: UNA RICHIESTA DEGLI INVESTITORI DI 3,4 MILIARDI DI EURO


Se qualcuno aveva timore che la Borsa Italiana, con il lockdown, si fosse sopita come buona parte dell’industria italiana (tessile e meccanica), con la prima IPO dell’anno la quotazione della bolognese GVS sul Mercato Telematico Azionario (M.T.A., il listino delle 242 imprese maggiori, nell’ambito delle quali ci sono le 77 società quotate nel segmento titoli con alti requisiti: STAR), probabilmente ha dovuto ricredersi: attiva nella produzione di filtri per i settori medicale, della sicurezza, energetico e automobilistico, i titoli hanno debuttato venerdì scorso e, più volte sospesi al rialzo nella prima seduta, hanno superato la quotazione di 9,7 euro, registrando una performance di circa il 19% in più rispetto al prezzo di riferimento dell’IPO (8,15 euro). In totale GVS ha raccolto quasi mezzo miliardi di euro dalle sottoscrizioni degli investitori, i quali hanno scommesso su un’attività che pur tuttavia è stata e sarà (non si sa per quanto) fortemente sospinta dalla pandemia.

UN’ELEVATO VALORE DI CAPITALIZZAZIONE


Con la quotazione alla Borsa di Milano quest’azienda, controllata tramite GVS GROUP dalla famiglia Scagliarini, è arrivata a superare un valore di capitalizzazione di circa 1,5 miliardi di euro, contro un fatturato previsto quest’anno di 320 milioni di euro con poco meno di 100 milioni di Ebitda (31%). Elevato è dunque il valore che il mercato attribuisce alla società: pari a circa 15 volte il margine operativo lordo previsto per quest’anno, e a oltre 24 volte quello del 2019, quando ha raggiunto un fatturato di poco inferiore ai 230 milioni e 62 milioni di margine operativo lordo (27%). Ma ancora più elevata è stata la richiesta degli investitori, pari a 3,4 miliardi di euro contro un totale collocato (dopo l’esercizio della “green shoe”) di 497 milioni con i quali hanno acquisito complessivamente il 40% delle azioni della società.

La famiglia Scagliarini ha dunque quasi solo fatto cassa: nella società sono andati 81 milioni di euro in aumento di capitale mentre ben 416 milioni di euro sono stati titoli ceduti dai vecchi azionisti. Gli Scagliarini resteranno perciò al 60% del capitale ma manterranno diritti di voto per il 75% del totale.

LA DOMANDA DEI TITOLI ERA PRINCIPALMENTE STRANIERA

Prima dell’esercizio della green shoe la richiesta aveva perciò ecceduto di quasi 6 volte l’offerta, raggiungendo appunto i 3,4 miliardi di euro, rivolta a investitori qualificati in Italia e istituzionali all’estero. Ma il bello è che la valutazione di mercato di GVS è addirittura inferiore, con le dovute proporzioni, alla media dei titoli comparabili, tra i quali industriali del settore medico-scientifico e altri titoli italiani simili (Carel, Interpump e Ima). La domanda istituzionale è pervenuta principalmente da primari investitori esteri con una diversificazione geografica che comprende Regno Unito (per il 43%) , Stati Uniti d’America (per il 36%), Nord Europa (per il 14%) è solo marginalmente dall’Italia (per il 5%). In base alle richieste pervenute nell’ambito del collocamento istituzionale (cioè quasi solo estero), sono state assegnate 70 milioni di azioni su un totale di 81 milioni (quasi il 90%). Un riconoscimento in qualche modo meritato per una eccellenza italiana che realizza all’estero il 90% circa del suo fatturato con 20 sedi in giro per il mondo e 14 stabilimenti di produzione.

UNA CRESCITA DEL 15% COMPOSTO ANNUO E BEN 14 ACQUISIZIONI

Con il Covid19 che quest’anno spinge i ricavi, GVS nel 2020 avrà centrato un bel balzo. L’anno scorso ha realizzato metà del suo giro d’affari nel medicale (healthcare & life sciences), quasi il 40% nell’energy & mobility (sistemi di filtraggio per l’automotive) e il 10% circa nell’health & safety (filtri di sicurezza per applicazioni industriali). Quest’anno la quota della sanità dovrebbe rimanere al 50%, mentre l’area dei dispositivi per la sicurezza dovrebbe arrivare al 30% del fatturato, con il 20% circa per l’energy&mobility. Per il 2021 è inoltre prevista un’ulteriore crescita dei ricavi di circa 5%, con un’Ebitda stabile. GVS produce anche mascherine (quest’anno ne produrrà 7 milioni di pezzi) ma solo per uso professionale-ospedaliero, ed è quindi una piccolissima parte del totale delle sue attività. GVS è stata in grado di crescere sino ad oggi del 15% medio annuo, infilando la bellezza di 14 acquisizioni. Da segnalare nel 2017 quella della statunitense Kuss Filtration, specializzata in filtri per auto e per il comparto industriale, assommando così circa 2.700 dipendenti a livello globale, numero che ad oggi si è ridotto a circa 2400 dopo qualche razionalizzazione.

IL CASO DELL’I.P.O. SEBINO FIRE AND SECURITY


Ma il caso GVS è tutt’altro che isolato: qualche giorno prima si era quotata all’A.I.M. Sebino Fire and Security, azienda attiva nella progettazione, installazione e manutenzione di sistemi antincendio. Il titolo nel primo giorno di quotazione non è riuscito a fare prezzo, segnando un rialzo del 30%. Con l’ammissione di questa società, sono salite a 127 le aziende quotate sul mercato A.I.M., dedicato alle piccole e medie imprese di Borsa Italiana. L’ammissione è avvenuta a seguito di un collocamento di complessive 1.782.000 azioni ordinarie con warrant, inclusa greenshoe, tutto in aumento di capitale, rivolto a investitori istituzionali e professionali che ha generato una domanda da parte degli investitori di 3,69 volte superiore alla raccolta. Il controvalore complessivo dell’offerta, al prezzo di collocamento di 2 euro per azione, è stato pari a circa 3,6 milioni.

E L’I.P.O. DELL’ “UNIDATA”, LA PRIMA A QUOTARSI NEL 2020


E prima di Sebino, il 16 Marzo scorso, in piena bufera COVID, si era già quotata Unidata: società attiva nelle connessioni, telecomunicazioni e servizi informatici. Fondata nel 1985 da 3 soci, che ancora oggi sono in azienda, Unidata opera principalmente nel Lazio e conta su una rete in fibra ottica da più di duemila chilometri, oltre che su una rete wireless e un data center proprietario. I clienti business, wholesale e residenziali sono circa 6.500. Anche qui un successo. In fase di collocamento Unidata ha raccolto 5,7 milioni di Euro. Il flottante al momento dell’ammissione era del 18 % e la capitalizzazione pari a circa 31,7 milioni di Euro. Oggi Unidata capitalizza 41,5 milioni.

È PRONTA LA QUOTAZIONE DI “CY4GATE”


Nel frattempo è andata in porto l’I.P.O. di Cy4Gate – società attiva nel mercato della cybersicurezza, che ha chiuso il collocamento delle proprie azioni con una domanda complessiva di quasi 4 volte l’offerta totale e si quoterà il prossimo 24 Giugno. La domanda è stata composta per il 70% da istituzionali italiani e per il 30% dall’estero con un prezzo di offerta fissato in 3,15 euro per azione e un controvale complessivo di collocamento di 21,1 milioni rappresentato da 6.706.469 di azioni di cui 5.000.000 di nuova emissione e 1.706.469 poste in vendita dall’azionista Expert System. Cy4Gate avrà un flottante del 44,7% per una capitalizzazione prevista alla data di inizio delle negoziazioni di 47 milioni.

E LA “FRANCHI MARMI” AL LISTINO FONDENDOSI CON “THESPAC”


Sta poi arrivando alla Borsa per via indiretta (attraverso la fusione inversa con un veicolo societario già quotato all’ A.I.M.) la Franchi Marmi, dopo un tentativo di I.P.O. abortito lo scorso mese di Novembre. TheSpac, il veicolo (una Special Purpose Acquisition Company, S.P.A.C.) creato da Marco Galateri di Genola, Vitaliano Borromeo-Arese e Giovanni Lega, ha annunciato la scorsa settimana l’accordo per la business combination con Franchi Umberto Marmi, player del distretto del marmo di Carrara. Successivamente alla business combination, TheSpac, acquisita la denominazione di Franchi Umberto Marmi spa, auspica di presentare la domanda di ammissione all’Mta entro 6 mesi dalla data di efficacia della fusione. L’accordo prevede una valorizzazione di Franchi Umberto Marmi pari a 290 milioni, mentre TheSpac sarà valorizzata in base alla propria cassa disponibile al momento della business combination, poco superiore a 59 milioni di euro.

La liquidità di TheSpac, al netto degli eventuali recessi, sarà utilizzata per l’acquisizione di una partecipazione in Franchi Umberto Marmi e, per effetto della fusione, la percentuale di flottante rappresentata dagli attuali investitori in TheSpac si collocherà, fino ad un massimo di circa 20,2%, in caso di nessun recesso liquidato. Successivamente è prevista la convocazione dell’assemblea per la distribuzione di un dividendo straordinario spettante solo agli investitori della diversi dai soci di Franchi Marmi, pari a 0,23 euro per azione. Nel primo trimestre 2020 Franchi Marmi che da 50 anni commercializza il marmo bianco di Carrara, utilizzato dai principali brand del lusso o da architetti di fama mondiale, ha registrato un valore della produzione di 19,1 milioni con un adjusted Ebitda pari a 8,7 milioni. La posizione finanziaria netta al 31 marzo è positiva per 7,4 milioni.

UN ALTRO MOSTRO SACRO IN ARRIVO ALL’M.T.A. : L’IPO DI COMAU


Comau, oggi di proprietà di Exor, della famiglia Peugeot, del governo francese e della cinese Dongfeng, nel 2018 ha fatturato 241 milioni di euro (non si hanno dati sul 2019) e ha il suo centro direzionale a Torino. È leader mondiale nell’automazione industriale per l’industria dell’auto, per la quale sviluppa e fornisce soluzioni per giunzioni, assemblaggio e lavorazione meccanica per veicoli tradizionali ed elettrici e sistemi di produzione robotizzati, comprese soluzioni di robotica. L’offerta di Comau si estende anche al project management e alla consulenza, nonché alla manutenzione e alla formazione, attraverso una rete internazionale di 7 centri di innovazione, 5 digital hub, 8 stabilimenti di produzione, in cui lavorano oltre 9.000 persone, in 14 Paesi. Comau è in una posizione ottimale per sviluppare ulteriormente le proprie attività nella transizione verso il mondo dell’Industria 4.0. che comporterà la riformulazione di processi e produzioni affinché sfruttino le opportunità offerte da nuove evoluzioni della tecnologia, quali l’Internet of Things (IoT), i Cyber-Physical Systems (o CPS), l’Intelligenza Artificiale (AI) nonché le Realtà Virtuali e Aumentate. La quotazione in Borsa (di cui non sono stati diffusi dettagli al momento) dovrebbe avvenire dopo la chiusura della fusione tra Fca e Psa e potrebbe far superare alla società il miliardo di euro di capitalizzazione e aiuterà pertanto gli investimenti necessari per questo sviluppo

Stefano di Tommaso