VERSO UN’ECONOMIA “SEGREGATA”
Nelle ultime settimane le borse valori di tutto il mondo hanno registrato un vero e proprio crollo verticale, data la velocità di discesa dei corsi azionari. Qualcuno ha gridato perciò al complotto e qualcuno ha provato -senza riuscirvi- a contrastare le vendite generalizzate, ma le borse hanno continuato a scendere e la domanda che oggi si pongono tutti è: siamo arrivati al fondo di tali ribassi? Per provare a rispondere proviamo ad analizzare i fatti, indipendentemente dai punti di vista personali.
DOVE CI TROVIAMO ?
Per fare il punto della situazione occorre premettere che dal 20 febbraio, (primo caso di contagio in Italia) il Ftse Mib (Borsa italiana) ha perso il 38%, il Dax30 (Borsa tedesca) e il Cac 40 (Borsa francese) poco meno. L’indice S&P500 (Wall Street) ha perduto il 28% e il prezzo del petrolio è sceso del 50%. Persino l’oro -bene rifugio per eccellenza- è sceso del 9% a causa della necessità di chiunque di fare liquidità.
Dal grafico qui riportato si vede che la discesa dei corsi a Wall Street, sebbene molto forte, non è ancora minimamente paragonabile alla crescita che ha avuto nell’ultimo decennio. In caso di proseguimento della crisi è perciò alle quotazioni del 2008 che rischiamo di dover fare riferimento :
Nell’ultima settimana si è anche registrato il maggior deflusso della storia dall’investimento in titoli a reddito fisso: un totale di 108 miliardi di dollari, quasi quattro volte il record della crisi precedente (2008). Nello stesso periodo gli investitori hanno riversato parte dei contanti per oltre 90 miliardi in fondi monetari denominati in dollari.
UNO SHUTDOWN LIMITATO NEL TEMPO?
Oggi le stime sulla caduta della crescita economica dei principali analisti finanziari oggi si limitano a considerare gli effetti di uno “shutdown” (chiusura generalizzata di imprese ed esercizi pubblici) al massimo di uno-due mesi negli Stati Uniti d’America e di circa il doppio in Europa. E già con queste premesse gli analisti vedono piuttosto nero: il P.I.L. italiano che scenda di circa il 2%, quello medio d’Europa di circa 1/2 punto % e quello americano la cui crescita vada più o meno a zero:
In pratica si salvano soltanto la Cina, che dopo la cura da cavallo pare abbia contenuto i danni ad un crollo soltanto per il primo trimestre solare (dunque manifesta l’aspettativa di risalire ad un tasso annuale di crescita di circa il 4%) e l’India (la migliore), mentre il Giappone, già caduto in recessione prima del virus, pare abbia limitato moltissimo il numero dei morti e di conseguenza dei danni economici.
In questo scenario i danni all’economia reale, per quanto estesi, potrebbero essere superabili e nel secondo semestre dell’anno la crescita economica potrebbe riprendere, soprattutto se -nei paesi più colpiti- alla fine interverranno forti contributi pubblici e forti incentivi monetari e fiscali (in Francia e Germania, ad esempio, sono già stati pianificati, molto meno in Italia dove peraltro sono stati solo annunciati). È lecito però considerare ottimistico tale scenario. Quelle stime si basano appunto tutte sulla speranza che l’ondata pandemica possa arrestarsi presto.
COSA SUCCEDE SE INVECE IL CONTAGIO PROSEGUE?
Una speranza -quella citata- che molto probabilmente rimarrà tale, dati i numeri del contagio che si stanno registrando negli ultimi giorni nel mondo. Oltre l’orizzonte di 5-6 settimane di shutdown i calcoli andranno pesantemente rivisti al ribasso, con la prospettiva di una seria e duratura recessione. Il motivo principale per il quale dobbiamo prendere in considerazione anche uno scenario peggiore è il cosiddetto fenomeno del “contagio di ritorno”, che interverrebbe con ogni probabilità ugualmente anche laddove si fosse superato il picco, sino a quando almeno non dovesse diffondersi un vaccino per il virus.
VERSO LA “SHUT-IN ECONOMY”
Se questo scenario si realizzerà andremo dunque verso la “shut-in economy” ovvero “economia da rinchiusi”. Un termine che fa venire in mente l’autarchia nazionale proclamata durante il ventennio fascista, ma è una prospettiva tutt’altro che apocalittica, bensì assai concreta, non per nostra volontà nazionale, bensì per quella del resto del mondo! Se le misure restrittive andranno avanti dovremo abituarci a cambiare molte nostre abitudini, a veder calpestate quasi tutte le nostre libertà individuali (come già oggi peraltro in buona parte sta già succedendo), saremo probabilmente tracciati negli spostamenti attraverso i nostri dispositivi cellulari e potremo soltanto sperare che la rete internet non venga limitata o ridotta nella sua capacità di tenerci collegati con il resto del mondo.
In uno scenario di prolungamento delle “misure di contenimento” inoltre buona parte degli esercizi pubblici (ivi comprese non solo le attività di somministrazione bensì anche tutte le altre che comportino frequentazioni intense, sino addirittura agli studi medici e ai servizi essenziali) chiuderanno, oppure ridurranno moltissimo la loro capacità di accogliere i cittadini, provocando code infinite e ritardi mostruosi, nonché speculazioni sui prezzi di molti prodotti che scarseggeranno. Ma soprattutto molti di essi non riapriranno più, a causa delle perdite accumulate.
In tale ipotesi è normale attendersi che -di conseguenza- buona parte dei debiti andranno insoluti, buona parte delle opportunità di lavoro verranno ridotte o cancellate (schiacciando con ciò la capacità di sopravvivenza soprattutto delle classi meno abbienti e meno dotate di risorse finanziarie) e la quasi totalità degli investimenti saranno rinviati. Una scure clamorosa che porterà verso la mera sussistenza il tenore di vita di quasi tutti i cittadini che verranno sottoposti ad un’economia segregata per più di 5-6 settimane, e per di più in assenza della possibilità di protestare, manifestare o andare a votare, data anche la sospensione di quasi tutte le libertà civili.
Sembra di paventare uno scenario distopico da romanzo di fantascienza, ma in caso di prolungamento forzoso delle chiusure aziendali e commerciali è invece una possibilità molto concreta, che provocherebbe ulteriori problemi al sistema bancario e crolli dei mercati finanziari nel disperato tentativo collettivo di trasformare in liquidità le risorse immobilizzate. Una crisi che per di più si propagherebbe velocemente in tutto il mondo e che -viene da dire- risulterebbe molto più amara dei lutti provocati dalla polmonite interstiziale indotta dal virus. Lutti che peraltro non sarebbero affatto debellati nemmeno nell’ipotesi della segregazione più totale. La segregazione infatti aiuta soltanto a non ingolfare le strutture sanitarie, non a debellare la pandemia.
Per contrastare l’avvitamento a spirale dell’economia è dunque necessario che la “serrata” non prosegua troppo a lungo, ed è altresì ovvio che sarebbero comunque necessarie risorse pubbliche molto ingenti, probabilmente troppe, per gli attuali orientamenti politici più comuni. Dunque è lecito attendersi che le manovre governative che verranno messe in atto potranno soltanto cercare di limitare i danni e che comunque nessuna “serrata” potrà definitivamente contrastare il “contagio di ritorno” del virus sino a quando non arriveranno farmaci in grado di curarne i pazienti affetti.
IL MONDO HA FAME DI LIQUIDITÀ
Con queste premesse perciò, a meno di un attento monitoraggio dello stato di “salute dell’economia” appare piuttosto improbabile che dopo un mese o due l’economia globale si riprenda così come si poteva sperare fino all’inizio di marzo. È più lecito attendersi invece da un lato una limitazione temporale della serrata (che ne ridurrà inevitabilmente l’efficacia) e dall’altro lato probabilmente ugualmente una recessione epocale indotta dall’ “economia segregata” e dal molto, molto nervosismo nella gente che la subirà a causa della carenza di mezzi finanziari per il sostentamento.
Dunque la svendita dei valori mobiliari e immobiliari detenuta dai risparmiatori probabilmente proseguirà per questo motivo, così come la continuità operativa prospettata con lo “smart working” (il lavoro da casa) sarà molto limitata. I profitti aziendali si ridurranno perciò di conseguenza, come peraltro appare implicito nelle attuali quotazioni di borsa :
Difficile d’altra parte attendersi oggi che appaia presto una “luce in fondo al tunnel”. Più probabile è invece che la speculazione al ribasso sui mercati finanziari continui ancora almeno sino a quando non verrà programmato uno stop al blocco di aziende ed esercizi pubblici, a causa dell’impellente necessità dei risparmiatori di tutto il mondo di trasformare in liquidità i propri risparmi, dal momento che soltanto ora i paesi più ricchi dal punto di vista finanziario stanno entrando in quel blocco economico che in Italia stiamo già sperimentando da qualche settimana.
La forte volatilità che osserviamo sui mercati è dunque principalmente funzione di due fattori: 1) la necessità di fare cassa e: 2) delle ricoperture messe in atto da parte di chi ha venduto allo scoperto. Ma è probabile che nonostante ciò (le ricoperture) la tendenza di fondo sia ancora impostata al ribasso a causa dei timori e delle esigenze di liquidità che sembrano crescere esponenzialmente. E sembra consolidarsi altresì una tendenza al rialzo del Dollaro americano, il principale beneficiario dei movimenti di denaro transnazionali. Un Dollaro forte è inoltre di per sé stesso un problema per buona parte delle economie emergenti, fortemente dipendenti da quest’ultimo per i debiti contratti in tale valuta.
UNA VERA CRISI ECONOMICA POTREBBE SEGUIRE LA “SERRATA”
Morale: se il contagio non accenna a rallentare o se nonostante tutto non si riapriranno presto aziende ed esercizi pubblici, le prospettive di ripresa dei mercati resteranno soltanto affidate alla speranza di un precoce arrivo di valide cure contro la pandemia ovvero di fortissimi interventi dei governi (e sappiamo già che quelli meno decisi non sortiranno effetti pratici), oppure a ulteriori, importantissime immissioni di liquidità da parte delle banche centrali, tali da raggiungere finalmente i privati cittadini senza fermarsi agli intermediari finanziari.
Per le cure si parla di diverse possibilità: ad esempio si dice che i Giapponesi stiano già utilizzando con successo un farmaco, l’Avigan (il cui principio attivo sarebbe il Fapiravir) per curare i malati di Coronavirus e che di conseguenza i danni della pandemia sarebbero molto limitati. Quanto agli interventi pubblici e monetari è ancora presto per valutarne la portata, ma al momento quelli italiani sono soltanto stati annunciati e in generale quelli attuati nel resto del mondo non sembrano sino ad oggi di misura sufficiente ad alleviare il blocco economico derivante dalla “serrata”.
Se lo scenario non cambia in fretta perciò una vera e propria crisi economica globale è in agguato!
Stefano di Tommaso