SENZA LIMITI E SENZA RIFERIMENTI

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Tutti noi avevamo creduto di poter commentare gli eventi che accadono sui mercati con una serie di considerazioni logiche e razionali che ne giustificassero le evoluzioni in corso e ne potessero, in qualche misura, anticipare le prossime, ma questa volta dovremmo forse arrenderci all’evidenza dei fatti: è difficile trovare delle logiche di fronte allo spettacolo di completa disfatta che essi stanno offrendo. Salvo cercarle altrove, nella prospettiva di una catastrofe che essi possono evocare…

 

SULL’OTTOVOLANTE

Ho evitato volutamente di aggiungere alla parola “mercati” l’aggettivo “finanziari” perché non ci sono solo questi ultimi sull’ottovolante, bensì anche quelli dell’energia (il petrolio è precipitato di prezzo più delle borse), delle materie prime, forse sinanco delle derrate alimentari e degli altri beni di prima necessità (cui qualcuno oggi aggiunge i disinfettanti e le mascherine) e persino di quelli immobiliari.

Di fronte ad evoluzioni dei mercati come quelle osservate fino a ieri ci possono essere soltanto due spiegazioni possibili alle loro evoluzioni (che ai più appaiono senza limiti e senza riferimenti razionali) : o la “mano invisibile” che li orienta ha nel suo complesso capacità divinatorie -che nessuno di noi singolarmente può vantare- di scenari apocalittici che vanno ben oltre le aspettative collettive oggi prevalenti, oppure essi non rispondono più ad alcuna logica se non all’isteria collettiva, cioè al “panico di gregge”.

Ma poiché di considerazioni a supporto della prima spiegazione ce ne sono pochine, è allora più probabile che appaia più consistente la seconda possibile spiegazione: quella che sia il panico a guidarne l’attuale discesa agl’inferi. Cosa che peraltro appare in linea con l’altra caratteristica che i mercati stanno esprimendo negli ultimi giorni: l’estrema volatilità dei loro corsi. Fino alla loro totale impredittibilità.

E se le quotazioni di qualsiasi valore saltano di livelli quantici in un batter d’occhio, allora c’è da chiedersi se esse sono reali oppure sono divenute solamente e totalmente virtuali, immaginarie, cioè sempre più disconnesse dalla realtà.

Ed ecco che, come d’incanto, si chiude il cerchio logico delle considerazioni appena esposte con quest’ultima qualità dei mercati : la disconnessione dalla realtà cui essi dovrebbero riferirsi ne azzera d’un colpo l’attendibilità, la consistenza, il valore segnaletico. I mercati in queste ore appaiono altrettanto attendibili quanto il valore catastale degli immobili di centro città (in periodi normali): il loro riferimento alla vita reale appare così vago che nessuno si sarebbe mai sognato di utilizzarli in una vera compravendita, se non per motivi strettamente burocratici.

Osservando l’ottovolante della Borsa delle borse (Wall Street) di ieri sera (scesa nella giornata di oltre l’11% per poi limitare i danni a -5%) l’unica considerazione razionale che mi viene in mente è dunque che non ci sono affatto considerazioni razionali dietro agli attuali movimenti in cui ogni cosa può saltare di valore in un giorno anche del 14%, come è successo ieri all’indice di oro e argento (la tabella qui sotto si riferisce alle variazioni di ieri dei principali indici) :


Se quell’indice fosse reale sarebbe come dire che in soli sette giorni il prezzo di oro e argento potrebbe andare allo zero assoluto!

I POSSIBILI EFFETTI DEL “PANICO DI GREGGE”

Ecco che allora si possono cominciare a toccare con mano gli effetti pratici del cosiddetto “panico di gregge”. I medesimi che si sono visti durante le crisi economiche pregresse, e in particolare le più truci, come quella del 1929 e quella del 2008. In entrambi i casi sono state le borse valori a trasmettere all’economia reale un devastante contagio: le depressioni economiche che sono conseguite a quelle due crisi finanziarie del XX secolo hanno lasciato strascichi importanti e hanno ridotto sul lastrico milioni di persone.

Ma -a conferma della totale incapacità di chiunque di prevedere il prossimo futuro- nessuno può escludere la prospettiva che oggi adombrano i mercati: quella di una recessione indotta dalla permanenza della carenza di offerta di beni e servizi (e dunque il rischio di inflazione dei prezzi che ne può conseguire). Una possibile recessione che potrebbe risultare almeno tanto brutale quanto le due precedenti appena citate, capace anche di giustificare la caduta verticale della fiducia sui mercati.

E stavolta potrebbe andare ancora peggio, perché se da un lato la misura delle loro oscillazioni ci indica chiaramente che non si tratta più soltanto di uno “scossone” bensì di un terremoto epocale, dall’altro lato c’è la minaccia del virus alla vita reale delle persone, che spinge a predicare e praticare l’isolamento sociale nelle more dell’arrivo di vaccini e cure efficaci. E la necessità di isolamento può amplificare le conseguenze della crisi di fiducia che, se prosegue, può scuotere come un fuscello l’economia. La disgregazione sociale che ne può derivare fa però pensare che questa volta la catastrofe umanitaria possa essere ancora più cruenta perché capace di scuotere alle fondamenta a convivenza nella nostra società civile, cosa che ci sembrava essere un valore stabilmente e storicamente acquisito.

UNA CATASTROFE SOCIALE ?

Ovviamente è presto per dirlo, ma -di fronte alle fortissime oscillazioni dei mercati- bisogna arrivare a chiedersi cosa potrebbe significare per l’umanità l’essere costretta a una prolungata ed eventualmente ripetuta ondata di contagi (cioè anche “di ritorno”). Bisognerebbe chiedersi cosa succederebbe se l’esigenza di contenimento della pandemia dovesse arrivare a esporre l’umanità al rischio di fermo di quasi ogni attività produttiva e commerciale, alle conseguenti indisponibilità sostanziali dei beni di prima necessità, al rischio di sommovimenti sociali e dell’azzeramento delle più elementari libertà civili (come quella di poter prendere una boccata d’aria fuori della porta di casa).

Queste ipotesi estreme potrebbero lasciare il tempo che trovano se non fosse che, una volta che dovessimo constatare la possibilità di giungere a questo livello dei danni, occorrerebbe chiedersi meglio se la reale minaccia che proviene dal virus (cioè se il rischio di morte da asfissia che esso genera in una porzione molto ridotta della popolazione) possa giustificare la distruzione alle fondamenta delle nostre società civili.

Bisogna cioè chiedersi fino a qual punto la necessità di un suo contenimento può giustificare i danni economici e sociali che ne derivano. La nostra eredità culturale, sociale e religiosa ci porta ad affermare che “ogni vita umana ha un valore inestimabile”. Ma cosa succederebbe se arrivassimo a correre il rischio di morire di fame? È una possibilità che dobbiamo considerare anche perché alla debolezza della nostra società civile potrebbe opporsi la forza relativa di altre società civili, che magari hanno fatto scelte diverse dalle nostre e che -in caso di successo- a un certo punto potrebbero arrivare a prendersi tutto: le nostre case, il nostro posto di lavoro, i nostri campi, le nostre spiagge e montagne.

USQUE TANDEM ?

E questa domanda (fino a che punto vogliamo sospingerci nel combattere il virus con l’isolamento e il blocco delle attività produttive) appare ancora più attuale alla luce di una lettura “emancipata” delle statistiche epidemiologiche: poiché è presumibile che i tamponi per scovare il contagio possano arrivare al massimo al 10% della popolazione, è possibile dedurne che il numero dei contagiati sia in realtà da moltiplicare per dieci rispetto alle statistiche ufficiali. Se così fosse saremmo di fronte ad una conseguenza statistica confortante: che il tasso di mortalità da corona-virus sarebbe cioè decisamente inferiore all’1% di coloro che ne contraggono il contagio.

Questa possibilità, se da un lato ci rassicura, dall’altro ci rimanda alla terribile questione di cui sopra: fino a che punto saremmo disposti a perdere tutto pur di salvare il maggior numero di vite umane possibili quando dovessimo venire a sapere che il reale rischio di mortalità da contagio del virus non supera lo 0,7%?

Difficile rispondere a tali questioni ma, come sempre, uno sguardo ai mercati e alla dura realtà di numeri e fatti deve farci riflettere diversamente e più freddamente. E ci dischiude orizzonti e prospettive (anche terribili) che altrimenti finiremmo per ignorare, salvo l’eventualità di arrivare a sbatterci contro il nostro naso…

Stefano di Tommaso