SE LA POLITICA FA CHIAREZZA, I MERCATI APPLAUDONO

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Molti osservatori sono rimasti “straniti” del fatto che i mercati hanno sonoramente applaudito la vittoria britannica del partito che vuole allontanare l’Europa. Molti altri però assolutamente no: sapevano benissimo che c’era aria di vittoria per il movimento politico di Boris Johnson ma, ciò nonostante, hanno festeggiato ugualmente e sonoramente, e -forse- anche a ragione. Come mai? Qual’è la narrativa che il “mainstream” (cioè la lobby globale dell’informazione) non ci racconta integralmente? Proviamo a esplorarne gli argomenti e a misurare i fatti per rispondere a questo interrogativo.

 

UN’UNIONE A METÀ

L’Unione Europea è riconosciuto essere ancora una costruzione monca, forse anche sbieca (visto che le sue deliberazioni propendono spesso per un gruppetto di membri che agiscono da protagonisti) e, soprattutto, instabile. Per una serie di motivi tanto storici quanto tattici i suoi membri hanno sempre preferito non completarla bensì attendere, mentre l’Unione veniva cementata ugualmente con l’adozione di una moneta unica e con l’avvio di una serie di unificazioni normative e regolamentari che neanch’esse, tuttavia, sono state mai completate.

Il risultato attuale dell’opera è però oggettivamente uno sgorbio, come si poteva d’altronde ampiamente ipotizzare avendo il coraggio di guardare oggettivamente alle premesse di cui sopra. Per quali motivi politici, storici e demagogici non si sia voluto mai completarla, tuttavia, non può essere oggetto di questa esplorazione, anche perché nessuno può seriamente affermare di averne la risposta definitiva, sebbene concrete ragioni di interesse da parte di taluni Stati dell’Unione possano ugualmente venire individuate.

Ciò che invece è certo è il disagio che tale mancato completamento dell’unificazione significa in termini pratici : non si sono formati gli Stati Uniti d’Europa, non è stata rimossa l’annosa questione dell’eccesso di indebitamento da parte degli Stati più deboli (come il nostro) e non sono state poste le basi per un florido sviluppo economico collettivo.

COME RINVIGORIRE IL “SOGNO EUROPEO” ?

Per una serie di ragioni tutti si chiedono come farà l’attuale governo dell’Unione -cioè la Commissione Europea- che sembra impostato a criteri fortemente conservativi, a individuare percorsi di crescita economica, culturale e di efficacia delle istituzioni, all’indomani della vittoria di coloro che hanno chiesto un addio definitivo da parte del Regno Unito. Sarà capace di creare le condizioni per rinverdire (soprattutto nei giovani) il “sogno europeo”?

Quello della Brexit è a tutti gli effetti un sonoro ceffone volato ai danni di una “cupola” che detiene saldamente il potere a Bruxelles e che ricorda l’aristocrazia di Versailles dell’ultimo scorcio del settecento. Fatta di intrighi, delicati equilibri, e nefandezze, ma soprattutto imbrattata di sprechi, privilegi ed eccezioni alle regole che vorrebbero essere imposte alle periferie dell’impero. L’élite al potere lo aveva compreso benissimo, e ha fatto tutto quanto immaginabile per ostacolarne l’arrivo. Ma, ahimè, si è scontrata con la fierezza britannica, molto più pragmatica e molto meno incline al compromesso.

L’EUROPA DEVE TORNARE AD ATTRARRE CERVELLI E CAPITALI

A ben vedere i malesseri che attraversano i popoli dei Paesi membri, hanno infatti una radice comune: la disaffezione dei giovani europei. La loro mancanza di speranza verso un futuro migliore del vecchio continente. Quanto accaduto insomma è probabilmente soltanto un sintomo precursore delle conseguenze dell’incapacità comunitaria di fornire indirizzi e risposte alle sfide del nuovo millennio: la tempesta di innovazioni tecnologiche e la necessità di investimenti infrastrutturali che queste comportano, la polarizzazione della ricchezza in poche avide mani, l’insicurezza del posto di lavoro per tutti gli altri, l’emergenza ambientale e i costi sempre maggiori delle cure mediche, eccetera,eccetera…

Il mondo cambia. Più velocemente che mai. E i suoi cittadini si spostano sempre più facilmente. E insieme ad essi le ricchezze e le competenze. La mancata risposta alle questioni appena citate non può che determinare un malcontento diffuso che però, a differenza che nei secoli passati, non comporta più la schiavitù o le rivolte nel sangue, bensì l’emigrazione.

La vera sfida del vecchio continente, dopo la ferita aperta da uno dei membri che è fuggito a furor di popolo, sarà quella di tornare ad essere un luogo attraente per i giovani, le imprese, i capitali e le idee. E senza assicurare loro un certo livello di libertà sarà difficile, come dimostra la potentissima e popolosissima Cina, che fa ancora fatica a trattenere le sue risorse migliori e certamente non ne attrae.

LA RISPOSTA DEL MONDO ANGLOSASSONE

Il mondo anglosassone invece lo ha capito benissimo, e ha reagito con un forte scrollone politico quale l’entrata in scena di soggetti come Donald Trump e Boris Johnson. Questi ultimi hanno sicuramente interpretato la volontà popolare molto meglio dei loro predecessori, promettendo autonomia e speranze per il futuro, ma soprattutto hanno avuto il pregio di fare chiarezza. Ed è la stessa chiarezza che oggi i mercati finanziari apprezzano, con la rivalutazione della Sterlina e con le borse che giungono a nuovi massimi.


L’America oggi applaude Trump per la stessa ragione: con la Cina (e anche con gli altri partner commerciali) ha compiuto un’operazione di chiarezza. Ed ora che chiarezza è stata fatta anche la pace commerciale è divenuta più semplice. Come scrive John Authers nella sua newsletter settimanale, se così non fosse stato, lo Yuan non si sarebbe apprezzato e il Dollaro non si sarebbe svalutato.

Si poteva obiettare in passato al fatto che il voto popolare fosse stato sedotto dal populismo, ma quando sono i mercati finanziari a dire la loro -nella stessa direzione- quell‘impostazione di pensiero è meno facile da sostenere. Ora sono i quattrini (e chi li possiede) a parlare. E dicono la stessa cosa: il mondo ha bisogno di tornare a sperare in un futuro migliore.

Stefano di Tommaso