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ORA TESLA HA SFANGATO

Per tutti i deterattori delle iniziative visionarie di Elon Musk, uno dei più controversi imprenditori dell’automobile dai tempi di Preston Tucker, è una pessima notizia: la sua Tesla Inc. adesso fa utili e genera cassa, dopo ben 16 anni di fatica , investimenti e perdite finanziarie a dir poco da capogiro, colpi di scena sensazionali e un‘incredibile serie di annunci a sorpresa relativi a nuove modalità di produzione, nuovi veicoli, nuove modalità di guida e, a breve, persino nuove modalità di possesso del veicolo.

 

Ora è la volta dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle automobili e Tesla ha avuto di nuovo il coraggio di fare un importante passo avanti nella tecnologia, ben prima dell’annuncio di risultati economici positivi, effettuando la costosa acquisizione di una società come DeepScale. Fondata da un gruppo di professori dell’Università di California, che ha sviluppato la capacità di inserire in pochissimo spazio e con un trascurabile consumo di energia il funzionamento di un computer basato su reti neurali per l’elaborazione della visione artificiale. Ragione

Ce n’è abbastanza per girarci un film e raccontare la saga di un imprenditore -neanche cinquantenne- che ha saputo evitare di fermarsi persino quando i giornali lo dipingevano come un truffatore e lui stava per finire in galera. Indubbiamente la fortuna aiuta gli audaci ma, dopo 16 anni di detrattori e accuse di bancarotta fraudolenta, è oramai abbastanza chiaro che, se Musk sembra avercela fatta, non è soltanto merito della sua cocciutaggine.

QUALI INGREDIENTI DEL SUO SUCCESSO

Strategia: Tesla ha voluto perseguire un modello di business-per così dire- “olistico”, cioè basato su h ecosistema totalmente differente da quello dei produttori tradizionali, basato su un prodotto radicalmente innovativo e dal costo intrinseco più basso di quello tradizionale;

 

Distribuzione: Tesla ha basato lo sviluppo delle proprie vendite sulla notorietà e la comunicazione, non sulla capillare presenza sul territorio;

Produzione: è qui che forse Tesla ha davvero mostrato la propria capacità di innovare nonché quella (ancora da dimostrare) di fabbricare a costi decisamente più bassi e fare quasi tutto in casa. Sicuramente la Gigafactory del Nevada e l’imminente inaugurazione di quella Cinese hanno creato lo standard di produzione prossimo venturo: totalmente automatizzato e verticalmente integrato. Due qualità oramai nemmeno più perseguite dai produttori tradizionali;
Tecnologia: Tesla ha avuto il coraggio di immaginare il prodotto in una forma e un sistema di funzionamento completamente diversi sino la punto che la gente lo chiede perché è comodo e soprattutto perché è “cool” e quasi mai per coscienza ecologica o per ragioni pratiche. La nuova frontiera della guida autonoma peraltro lo porterà a sostenere modelli di possesso completamente diversi, con l’inaugurazione dei “robo-taxi” e altre modalità di condivisione dell’uso del medesimo, cosa che aprirà le porte al “pay-per-use” che oggi è solo sulla carta e che opporrà una decisa concorrenza al modello di ride-hailing (offri un passaggio) di Uber et similia;

Assistenza : le auto Tesla anche quando sono in circolazione restano costantemente in contatto con la casa madre per poter intervenire in caso di incidente o di mancanza di energia a breve distanza. Tesla ha inoltre promosso la creazione di “punti di ricarica” gratuiti in buona parte dei Paesi Occidentali e nelle principali città del mondo, contribuendo a sfatare il mito della difficoltà di utilizzo pratico dei suoi veicoli.

INDUSTRY DISRUPTION

Con la sua radicale volontà di innovazione la Tesla ha dunque probabilmente sepolto in maniera ostinata e definitiva il precedente oligopolio delle fabbriche di automobili tradizionali, capace di far miseramente fallire qualsiasi tentativo di concorrenza da parte dei nuovi entranti, di respingere buona parte delle nuove tecnologie che avrebbero comportato la necessità per esse di rinnovarsi, di investire pesantemente e di rischiare l’osso del collo.

Oggi non c’è dunque molto da stupirsi se l’industria automobilistica tradizionale boccheggia con le vendite di veicoli nuovi e subisce ancora gli strascichi giudiziari della frode relativa alla misurazione delle emissioni nocive, ed è in pesante arretrato nello sviluppo di risposte di mercato efficaci per tenere botta alla nuova generazione di produttori di veicoli basati su tecnologie alternative, con il serio rischio di non riuscire a riconvertirsi in tempo prima di veder scomparire l’ecosistema che le sorreggeva.

E non c’è nemmeno da stupirsi del fatto che la capitalizzazione di borsa di Tesla sia tornata alle stelle (54 miliardi di dollari) mentre quelle dei colossi del recente passato resti o molto più indietro: da General Motors (36 miliardi di dollari) alla Toyota (24 miliardi di dollari) fino a FiatChrisler (meno di 12 miliardi di dollari) e alla Ford (meno di 9 miliardi di dollari).


Stefano di Tommaso