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LA PRIMA METÀ DEL 2019 È ALL’INSEGNA DELLE BORSE

A livello globale non poteva andare meglio di così per le borse valori: +30% su base annua. Un risultato che a Natale 2018 era persino difficile immaginare. Wall Street ha fatto ancora meglio : +17% (come dire +34% su base annua). Le borse europee un po’ meno bene ma comunque hanno tutte di fatto soltanto recuperato le perdite occorse a fine 2018. Trovandosi spesso sui livelli massimi di sempre, non è niente male!

 

Da un lato sicuramente hanno giocato le aspettative favorevoli circa una soluzione alle guerre commerciali e doganali che l’America ha imposto a mezzo mondo, dall’altro lato hanno sicuramente favorito la ripresa tanto le ottime risultanze dei profitti aziendali quanto la grandissima liquidità su cui galleggiano ancora oggi i mercati globali.

LA GRANDE LIQUIDITÀ GLOBALE E I BASSI TASSI DI INTERESSE

È forse quest’ultima che ha giocato un ruolo decisivo, per almeno due motivi: a) perché è difficile ottenere fuori dall’investimento azionario rendimento anche soltanto lontanamente comparabili e: b) perché quella stessa liquidità si è riversata in massa nei confronti dei titoli obbligazionari (il cosiddetto “reddito fisso”) determinandone una forte discesa dei rendimenti (che è inversamente proporzionale all’andamento dei corsi dei titoli stessi sul mercato secondario).

I bassi tassi d’interesse che ne derivano non possono che spingere verso l’alto le valutazioni teoriche delle imprese i cui titoli sono quotati, dal momento che la valutazione non può che replicare il valore cumulativo atteso degli utili futuri. Se il fattore di sconto di quegli utili è basso, ecco che il valore finale ne risulterà innalzato.

CHI CI GUADAGNA SONO GLI INVESTIMENTI AZIONARI

Ne hanno beneficiato anche gli investitori che hanno sostenuto i fondi di “private equity” (capitale privato investito in aziende non quotate ma già ben funzionanti) e “venture capital” (capitale di ventura investito in aziende innovative e tecnologiche, spesso note come “start-up”). Mai come in questo momento infatti il private equity e il venture capital hanno prodotto risultati eccellenti (in media) e mai come in questo momento hanno raccolto così tanto denaro per effettuare nuovi investimenti.

Ma soprattutto della grande liquidità in circolazione hanno beneficiato le numerose “IPO” (initial public offers: cioè le proposte di investimento che giungono dalle matricole che intendono approdare al listino della borsa valori). Non soltanto in America, ma anche nei mercati alternativi europei (circuito A.I.M.) e persino in Cina, dove è notizia fresca che sulla borsa di Shanghai sta partendo un listino dedicato alle imprese più innovative e tecnologiche (dalle biotecnologie all’intelligenza artificiale passando per la fabbricazione di nuovi microchip e lo sviluppo di nuove piattaforme digitali) che si chiamerà “Shanghai Technology Board” (in sigla anche : STAR).

IN PARTENZA: LO SHANGHAI TECHNOLOGY BOARD

L’iniziativa prende piede dall’intensa attività di molti giovani ricercatori e imprenditori cinesi che vogliono replicare a casa loro ciò che più di cento loro predecessori hanno già creato: i cosiddetti “Unicorni” (cioè le start-up innovative che vengono valutate più di un miliardo di dollari) creando di fatto un clone del Nasdaq. Non soltanto l’iniziativa ha senso dal momento che il numero di imprese cinesi che è stata oggetto di interesse e investimenti da parte dei capitalisti occidentali è di molti ordini di grandezza superiore a quella schiera di imprese che sono approdate al Nasdaq e hanno avuto successo, ma anche perché esiste già una lista di oltre 100 potenziali IPO alla nuova piattaforma della borsa di Shanghai, pronte per accogliere capitali cinesi per una valutazione complessiva di circa 16 miliardi di dollari!

D’altra parte l’evoluzione moderna dello sviluppo economico in Cina ha generato enormi flussi di risparmio che affluiscono al mercato dei capitali e che oggi trovano spesso la via dell’estero (nei limiti imposti dal governo centrale sull’esportazione dei capitali), anche per mancanza di buone alternative domestiche e la Cina ha tutto l’interesse a dirottare tali flussi verso le proprie imprese. Nulla toglie poi che chi dall’occidente ha in passato investito al Nasdaq in imprese cinesi in futuro possa farlo in Cina, soprattutto se i pesanti vincoli al movimento dei Capitali dentro e fuori l’ex celeste impero in futuro sarà meno vincolato.

Le cose insomma sembrano andare bene anche in Cina, che osserva attentamente il resto del mondo e intende indirizzare nella giusta direzione i mercati finanziari, perché essi svolgano la più importante delle loro funzioni: quella di far affluire risorse per l’innovazione e lo sviluppo. Se anche nei confronti degli investimenti infrastrutturali succederà lo stesso allora sarà proprio arrivato il momento che la Cina possa smettere di svalutare la propria divisa (il Renminbi) e alzare la testa quale prima potenza economica globale.

Se non avesse effettuato svalutazioni competitive a raffica ciò sarebbe già successo addirittura nel 2012 !

Stefano di Tommaso