TRA AMERICA E CINA CI RIMETTE L’EUROPA?

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L’ultima sortita dei negoziati Cina-America sulle tariffe doganali ha improvvisamente incupito i mercati finanziari sollevando ancora una volta la prospettiva di un freno al commercio internazionale e, di conseguenza, alla crescita economica globale. Ma quanto è realistica quella prospettiva? Le considerazioni che seguono sono anzi di segno opposto dal punto di vista economico: la crescita globale è forse meno a rischio di quel che sembra e, più semplicemente, le due superpotenze economiche che vengono lambite dall’Oceano Pacifico stanno probabilmente trovando un nuovo paradigma di dialogo tra loro, che può ugualmente portarli ad un’intesa nel tempo e, parimenti, favorire indirettamente anche gli altri Paesi sullo scacchiere del commercio internazionale. E’ dal punto di vista politico però che l’Europa conta sempre meno.

 

L’EUROPA NON SI FERMA

Vediamo innanzitutto cosa succede alle esportazioni Europee, perché questa è e resta il primo produttore di impianti e tecnologie che vengono installati nei Paesi Emergenti. I rinnovati timori per la crescita economica globale stanno sicuramente facendo un qualche danno, perché tendono a far slittare in avanti l’agenda degli investimenti produttivi. Non per niente ci sono molti dubbi sulle prospettive dei principali esportatori europei. Ma al tempo stesso l’Europa procede nel rinnovare tanto le sue aziende quanto le sue catene commerciali, e la lenta e tardiva ripresa economica (rispetto ad America e Asia) non sembra arrestarsi.

TRA AMERICA E CINA NESSUNO HA FRETTA

I negoziati tra America e Cina è poi relativamente improbabile che finiranno molto bene e molto presto, perché ci sono grandi distanze da colmare e sono in gioco i rispettivi orgogli nazionali. America e Cina esprimono due concezioni dell’economia, della società civile e del ruolo dello Stato in essa che non potrebbero essere più diverse.

Trump poi ha dimostrato di non avere affatto fretta di concluderli adesso, dal momento che la sua campagna elettorale inizia davvero soltanto a fine 2019 per concludersi a ottobre 2020. Gli preme giusto non deprimere l’economia nè la borsa, che devono riuscire a risparmiare le forze per continuare il trend ascendente fino appunto a quelle date. E’ per questo motivo che risulta relativamente improbabile che un nuovo accordo veda la luce già al prossimo G20 di Giugno in Giappone. Casomai al G7 di fine Agosto, a Biarritz (Francia).

Xi Jinping dal canto suo ha capito benissimo che non può fare troppo in fretta agli americani le concessioni che questi chiedono in termini di legalità, rispetto dei diritti dell’impegno e ingerenza dello Stato sui mercati finanziari e perciò è quasi contento anche lui di fare melina ancora per qualche mese, onde lasciar elaborare il lutto ai suoi connazionali circa l’impossibilità di continuare a fregarsene dei diritti dell’ingegno americani.

LA FEDERAL RESERVE PUO’ DIVENIRE IL CAPRO ESPIATORIO

Il richiamo fatto da Trump alla Federal Reserve bank of America (la FED) dovrebbe poi essere servito da monito. Se l’America è cresciuta fino ad oggi del 5% l’anno, con l’inflazione che è restata sotto al 2%, allora forse la cosa da evitare è che il dollaro si apprezzi troppo e danneggi la competitività delle esportazioni americane. Dunque i tassi d’interesse americani non possono restare a lungo così elevati se il resto del mondo va in un’altra direzione. E soprattutto sappiamo che -come già succedeva a inizio anno- dopo questi risultati della politica fiscale (che sono stati un successo del Governo nonostante i rialzi dei tassi della FED) se adesso qualcosa andrà storto, tutti guarderanno alla banca centrale americana come primo responsabile.

E in effetti la Cina sta riuscendo ad evitare il peggio (cioè il crollo dell’export) attraverso la svalutazione della sua moneta, che però può rendere troppo costose le esportazioni europee in Cina se l’Euro non viene svalutato altrettanto. Sicuramente la vera battaglia tra gli esportatori è infatti sui cambi, più che sulle tariffe doganali, ma anche sull‘inflazione che la svalutazione del cambio valute può alimentare indiscriminatamente. Fino ad oggi tuttavia un po’ d‘inflazione s’è vista praticamente solo in Asia, nonostante la crescita economica globale vada avanti da parecchio tempo.

IL COSTO DELL’ENERGIA POTREBBE RIMANERE STABILE

È anche probabile che il Dollaro forte scongiuri quasi del tutto l’inflazione in America, evitando di surriscaldare l’economia e i salari. Ma è anche probabile che la rinnovata tensione commerciale tenga a bada il prezzo del petrolio, nonostante le politiche di contenimento della sua estrazione. Certo, saranno prezzi non così a bada per chi non potrà spendere dollari per acquistare il petrolio, dal momento che esso è universalmente denominato in dollari, i quali potrebbero continuare a rivalutarsi.

D’altra parte la domanda di petrolio nel mondo non accenna a scendere, nonostante gli sforzi per la difesa dell’ambiente vadano in quella direzione. Quindi se c’è anche domanda il suo prezzo non scenderà nemmeno. E se si mantiene elevata la domanda allora possiamo anche affermare che l’economia globale non è evidentemente in crisi.

 

UNO SCENARIO DA “BAMBOLA DAI RICCIOLI D’ORO” NON E’ COSI’ IMPROBABILE

Quello che perciò può venirne fuori è uno scenario globale piuttosto rassicurante, nel quale l’America farà di tutto per sostenere la crescita dei consumi interni e degli investimenti strategici, l’Europa quel che potrà per non perdere quote di export e l’Asia tutto ciò che sarà in grado di mettere in campo per controllare l’approvigionamento di materie prime mentre continuerà a stimolare i consumi interni nonostante la progressiva svalutazione delle divise valutarie. Cosa che non dispiacerebbe a nessuno se vi riuscisse nonostante le svalutazioni, perché per farcela non potrà che continuare a muovere la leva degli investimenti a rotta di collo.

Dunque la cappa che le mosse dei presidenti americano e cinese stanno cercando in questi giorni di mettere all’economia globale tutto sommato può arrivare a dipingere uno scenario economico di grande stabilità. Gli americani usano un’espressione per indicarlo: “da bambola con i riccioli d’oro” (a causa del motto dell’arcinota protagonista dei giochi per bimbi denominata“Goldolocks” la quale per qualsiasi argomento preferisce la via di mezzo).

E I MERCATI FINANZIARI RESTANO SU

E questa presunta stabilità prospettica non può che far bene ai mercati finanziari, i cui strateghi sono spesso un passo avanti a tutti gli altri osservatori e che stavolta continuano a scommettere sulla prosecuzione del ciclo economico positivo. Se avranno ragione è oggi impossibile a dirsi, ma la cosa carina è che ci credono. E quindi gli investitori non fuggono dalle borse, i capitalisti di ventura non abbandonano le innovazioni e risparmiatori anzi comprano dosi sempre maggiori di titoli a reddito fisso e a tassi decrescenti. E se i tassi d’interesse fanno di conseguenza un passo indietro questo vuol dire che dell’inflazione non si trova traccia, almeno tra le valute più forti.

C’E’ SPAZIO PER UNA NUOVA YALTA?

Possiamo perciò dormire sonni tranquilli? Assolutamente no: sulle cause dell’incertezza sono altresì tutti d’accordo, perché tanto a livello di contrasti geopolitici quanto per le crescenti tensioni sociali il mondo anzi accresce le sue turbolenze e nessuno può garantire che non ne deriverà istabilità. È poi cosa tutt’altro che scontata che Trump venga rieletto e che l’Europa non esca profondamente lacerata dalle prossime elezioni. Il medio oriente resta una polveriera e un eventuale attacco ai porti iraniani potrebbe rimettere in discussion anche la stabilità economica.

Ma per il momento l’economia globale sembra invece andare piuttosto bene e il confronto commerciale tra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare Cinese tutto sommato potrebbe proseguire anche in termini costruttivi ed evolvere sino a giungere a trasformarsi in una sorta di nuova Yalta.

Dalle attuali guerre (oggi soltanto commerciali) potrebbe anche sortire un disegno intelligente di nuovo ordine mondiale, magari meno segreto e forse più lungimirante di quello che ha subdolamente governato il mondo fino a ieri.

Ma di certo a quel tavolo (dove una volta sedevano i russi accanto agli americani e oggi i cinesi) mancheranno gli europei. A parte il fatto che di personalità come Churchill -che potevano confrontarsi a testa alta con Roosevelt e Stalin- non se ne vedono piu da tempo, ma poi resta sempre valida quella battuta di Henry Kissinger ai tempi della guerra fredda: “se devo chiamare l’Europa, a chi telefono ?”

Stefano di Tommaso