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FOUNDATION AND EMPIRE

Ho letto in rete un articolo estremamente interessante scritto da Ben Hunt, un analista finanziario che si propone di osservare l’andamento economico mondiale con le lenti ottiche della cultura, della storia e della narrativa. La narrativa adottata in questo è quella di Isaac Asimov nel romanzo Foundation and Empire, pubblicato in Italia con il titolo Il crollo della Galassia Centrale. Di seguito la traduzione non letterale del medesimo con l’avvertenza che è stato scritto pochi giorni fa da un americano e quindi il “noi” l’ho sostituito con il “loro”.

 

“Ogni vizio dell’Impero è stato ripetuto nella Fondazione. L’inerzia! La nostra classe dirigente conosce una sola legge: nessun cambiamento. Despotismo! Riconoscono soltanto la legge della forza bruta. Cattiva distribuzione delle risorse! Riconoscono un solo desiderio: tenersi quello che possiedono.”

Questa citazione è il centro della narrazione di Asimov nel suo secondo romanzo della “Trilogia della Fondazione” del 1952. E’ questo il difetto fatale della Grande Alleanza, formatasi originariamente come forma nobile di governo galattico e oggi assimilabile a qualsiasi altro Impero della storia. Il centro narrativo della trilogia scritta dal medesimo autore di questo articolo, denominata: “Il Crollo dell’Impero Americano” può essere dunque rinvenuto in questo grafico: è il rapporto tra la ricchezza delle famiglie americane e il prodotto interno lordo degli U.S.A. dal 1951 ad oggi:


Per 46 anni, fino al 1997, la ricchezza americana non cresce a più di quanto crescesse la sua economia. L’impostazione neutrale della politica monetaria è questo: assicurare che non vi siano vincoli di illiquidità alla crescita economica allo scopo di permettere che la ricchezza si accumuli al riparo dall’erosione dell’inflazione.

Da oltre una ventina d’anni invece, l’America ha visto comparire sui mercati finanziari una serie di bolle speculative (da quella di internet a quella dell’Immobilare fino a quella attuale delle attività finanziarie) che hanno incrementato artificialmente la ricchezza degli Americani più di quanto provenisse dalla crescita economica del Paese.

Ognuna di queste bolle speculative è stata dopo un po’ fatta scoppiare intenzionalmente dalla banca centrale americana (FED) ma prima di ciò ogni volta la medesima FED ne ha favorito il rigonfiamento, alimentando in questo modo la crescita della ricchezza americana e permettendo a ciascuna di quelle bolle di svilupparsi attraverso credito facile e tassi di interesse bassi. È un metodo che teoricamente potrebbe andare avanti all’infinito:

Ma ogni volta che il giochetto stava andando fuori controllo (e in questi giorni succede la stessa cosa) la FED ha tirato i freni e fatto scoppiare le bolle speculative per rispondere alla sua ragion d’essere: quella di tenere a bada l’inflazione, dei prezzi ma ancor più quella dei salari.

Alla domanda: perché lo fa, anche a costo di scatenare ogni volta una recessione, la risposta è quantomai semplice ed è nel nome stesso della banca centrale: è la banca delle banche, creata storicamente per supportare l’eterna lotta del capitale contro il lavoro! Non è un concetto marxista, casomai ispirato ad Alexander Hamilton (uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, fu il primo Segretario al Tesoro del “nuovo mondo”, NDR).

Avete notato che negli ultimi tempi la FED non ha più alimentato la bolla speculativa delle attività finanziarie? Anzi: l’ha sgonfiata intenzionalmente con la politica dei rialzi dei tassi. Una volta venuta meno la causa del disallineamento della crescita della ricchezza con quella dell’economia, dove si può pensare che si muoveranno allora i valori degli asset che si erano fino a ieri gonfiati artificialmente? Probabilmente a un riallineamento verso l’andamento dell’economia reale. Cioè verso una riduzione dell’ordine del 20-30% (dall’indice 250 a circa 220). Questa è una scelta anche politica, perché se la correzione di borsa dovesse arrivare a quei livelli l’attuale Presidente rischia di non essere rieletto nel 2020.

Ma c’è un altro modo per l’Impero di alimentare la crescita della propria ricchezza oltre il livello di crescita dell’economia reale: quella di sottrarla al resto del mondo. Nella storia l’hanno già fatto il popolo greco, quello romano e quello britannico, per esempio.

Vanno interpretati così i tentativi di Trump di ottenere vantaggi dalla rinegoziazione commerciale con i cinesi, gli europei, i coreani, gli iraniani e i russi.

Ma questo sistema di esercizio del potere tende a trasformare la “Grande Alleanza” originaria (individuabile nella NATO degli anni passati) in un “Impero” della superpotenza americana inteso alla maniera di Asimov (cioè rapace). È destinato a restare in piedi anche nel medio-lungo termine? Probabilmente no, questa storia come tutte le altre è destinata ad alimentare tensioni e conflitti con svantaggi per tutti.

Il dipinto qui sotto riprodotto di Thomas Cole denominato “Distruzione” può ben alimentare l’immaginazione del lettore in tal senso: “quando l’avidità prende il posto della ragione in una nazione, di solito questo è un presagio della sua disfatta!”

Libera traduzione di Stefano di Tommaso

Da un articolo di Ben Hunt