FOOD & BEVERAGE: “L’ERA DEL BIO”

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NELL’ERA DEL BIO LE SOCIETÀ DEL SETTORE PERDONO LA FIDUCIA DEGLI INVESTITORI MA NON QUELLA DEI CONSUMATORI 

Nell’ultimo anno i titoli delle grandi società quotate nel settore biologico, nonostante la notevole espansione del mercato, non sembrano beneficiare del trend positivo, ma al contrario registrano performance negative sui mercati azionari. Dall’analisi di settore dei prodotti alimentari emerge invece un boom del segmento “Bio”, descritto già da tempo come quello più dinamico nell’ambito del settore industriale (quello del “food”) forse più trainante dell’economia italiana. Proviamo dunque ad esplorarne le ragioni.

COSA SONO I PRODOTTI “BIOLOGICI”

L’agricoltura “biologica” è un tipo di agricoltura che sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, vuole promuovere la biodiversità delle specie domestiche (sia vegetali, che animali), esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati (OGM). I prodotti alimentari realizzati con materie prime di tale provenienza sono detti pertanto anch’essi “biologici” (in inglese “organic food”).

Se osserviamo l’andamento delle vendite di prodotti Bio negli ultimi due anni non si può fare a meno di notare che la dinamica migliore proviene indubbiamente dal canale della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), mentre per molte ragioni sembra perdere terreno il negozio specializzato.

Il 2017 è stato l’anno del boom della diffusione dei prodotti alimentari cosiddetti “biologici” nella Grande Distribuzione (+16,6% con un giro d’affari di circa 1 miliardo e 451 milioni). Si pensi che tra il 2001 e il 2016 le catene di supermercati con referenze “Bio” nel loro assortimento sono cresciute del 144%, con un ampliamento dell’offerta di prodotti in assortimento del 330% (grafico 1); inoltre la marca del distributore (MDD) vale il 41% del mercato complessivo del biologico nei supermercati e ipermercati :

IL DESIDERIO DI SALUTE E SICUREZZA ALLA BASE DEI CONSUMI DI PRODOTTI BIOLOGICI

In Italia il consumatore è sempre più portato ad acquisire prodotti “biologici” per due principali ragioni: salute e sicurezza. Secondo la Survey Nomisma, il 76% dei consumatori acquista prodotti “Bio” perché considerati più sicuri (di cui il 34% per la qualità e il 29% per il rispetto dell’ambiente). Nel carrello della spesa medio si registra nel 2017 un’incidenza del Bio del 3,4% (4 volte il peso che aveva nel 2000 pari a 0,7%). A livello mondiale i prodotti biologici hanno all’interno del carrello della spesa medio una quota di mercato ancora superiore: circa il 5,3% nel 2016, secondo dati elaborati dall’Organic Trade Association:

LA CRESCITA PERO’ RALLENTA

Ciò nonostante, se il valore di mercato dei cibi biologici sembra poter continuare a crescere anche in futuro, in Europa quella crescita sta rallentando già dal 2015, passando dal 13,73% a circa l’8%. Il trend di riduzione del tasso di crescita marginale pare peraltro proseguire, almeno fino al 2020 secondo le stime dei prossimi 3 anni:

In Italia il tasso di crescita dei prodotti alimentari biologici ha corrispondentemente subito un rallentamento nell’ultimo anno, seppur attestandosi su livelli alti, come è possibile notare nel grafico qui riportato: (circa il 16% di incremento delle vendite di prodotti “bio” nel 2017, contro un tasso di crescita generale del settore alimentare pari circa a 2,4%) :

Il mercato dei cibi biologici, anche se con tassi di crescita minori rispetto al passato, sta dunque vivendo la sua era di boom, trainato dalla crescente offerta del numero di prodotti e da altrettanta richiesta da parte dei consumatori. Ma non tutte le società impegnate nella produzione e distribuzione dei cibi biologici stanno passando un buon momento.

L’INDICE DI MERCATO ELABORATO DA LCF

Per supportare questa evidenza è stato da noi costruito un indice di mercato “ad hoc” del settore biologico che abbiamo denominato Organic Food Index (LCF-OFI). Esso comprende 10 fra le società più significative al mondo nel nel mercato del settore del Bio, ne rappresenta l’andamento in 5 anni (da Agosto 2013 a Giugno 2018) ed è un indice “Price Weighted”, ovvero ogni società all’interno del campione ha un peso ponderato per la sua capitalizzazione di borsa. Inoltre, al fine di fornire una visione più ampia del mercato, le società selezionate sono sia americane che europee così da ottenere un campione più eterogeneo :

L’indice di mercato LCF-OFI da noi appositamente creato mostra un andamento particolarmente altalenante ma comunque in crescita fino al 2015, per poi mantenersi relativamente stabile dal 2016 dopo una decrescita :

La situazione è molto meno rosea se si confronta l’indice globale MSCI che riporta l’andamento medio delle borse di tutto il mondo con l’indice di mercato LCF-OFI appositamente creato (grafico qui sotto riportato). Partendo infatti da una base pari a 10.000 per entrambi gli indici, attraverso le variazioni percentuali gli andamenti si discostano in modo evidente fino a riportare trend opposti a partire dal 2016 :

Quindi anche se il mercato del cibo biologico è in crescita (seppur con tassi marginali che rallentano) la capitalizzazione di borsa delle grandi società quotate attive nel comparto dei cibi biologici dal 2016 sembra aver perso la fiducia non tanto dei consumatori quanto degli investitori, che non premiano le società considerate per i loro valori fondamentali. Si è registrata nel medesimo periodo in particolare una complessiva crescita dei ricavi (+5%) e dell’EBITDA (+3,7%). Cerchiamo allora di comprenderne le ragioni.

PERCHÉ LE BORSE VALORI NON PREMIANO L’ “ORGANIC FOOD”

L’iniziale boom delle società specializzate nella produzione o distribuzione di alimenti biologici è dovuto principalmente al fatto che successivamente alla crisi del 2007 i player di più grandi dimensioni (con più linee di prodotto e quindi non focalizzati esclusivamente sul bio) hanno abbandonato il mercato, in quanto nel periodo in questione i consumatori hanno ridotto la spesa per prodotti a maggior valore aggiunto, come quelli biologici. Alla ripresa della crisi, il mercato si ritrova così dominato dai pochi player rimasti attivi e specializzati nel biologico, i quali hanno visto impennarsi le proprie vendite.

Dunque, cosa ha portato le grandi società quotate specializzate nel bio a perdere la fiducia degli investitori? A seguito del grande successo del bio nel quinquennio che va dal 2010 al 2015, un numero crescente di player è entrato nel mercato, compresi grandi colossi come Danone, General Mills, Campbell Soup Company, Conagra Brands e Amazon, attraverso l’acquisizione di brand specializzati nel settore. Di conseguenza, l’andamento delle minori società quotate con focus sul bio ha cominciato a peggiorare drasticamente in funzione della maggior concorrenza.

Secondo una ricerca condotta da Mike Alkin (The Stock Catalyst Report), i consumatori di prodotti biologici tendono a preferire i piccoli punti vendita locali, e a diffidare dai maggiori brand. I grandi produttori sarebbero però avvantaggiati dal crescente interesse della grande distribuzione verso il biologico (vedi Walmart, Kroger e Costco) a discapito dei supermercati specializzati.

Secondo una ricerca condotta da Bio Bank infatti, oggi oltre il 90% dei prodotti certificati Fairtrade oggi passa dagli scaffali dei supermercati. Questo va a vantaggio dei piccoli produttori e agricoltori, che hanno trovato più possibilità di guadagnarsi spazio per i propri prodotti sugli affollati banchi della grande distribuzione.

NEL “BIO” PICCOLO E’ BELLO !

Per un breve periodo quindi le più grandi società quotate attive nel biologico hanno visto un boom in termini di consumo e di quotazioni di borsa, ma poi il trend è recentemente cambiato, confermando invece vincitori i piccoli operatori non quotati produttori di cibi biologici.

Si pensi infatti che nel 2016 più del 10% dei 200 ETFs lanciati nell’anno sono stati investiti in tecnologie o in “organic farming” come Janus Capital che ha lanciato The Organics ETF.

In definitiva i “Winner” sono “piccoli”, “locali”, “produttori” e Amazon che, acquistando nel 2017 l’americana Whole Foods Market, si è assicurata oltre a 460 punti vendita fisici di prodotti biologici anche la piattaforma strategica di acquisto di cui Whole Foods gode, ha scelto di porsi all’inizio della filiera in rapporto diretto addirittura anche con i produttori di frutta e verdura.

 

Jessica Foglietti

Pia Pedota

Stefano di Tommaso