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E-COMMERCE, PARCEL & LOGISTICA IN ITALIA

E-COMMERCE E FINANZA

L’ultimo Black Friday ha posto sotto gli occhi di tutti lo sviluppo tumultuoso degli acquisti online. Un fenomeno di cui i “retailers” italiani non stanno molto approfittando. La rivoluzione digitale passa anche dal commercio ma i suoi pionieri non sono certo i nostri connazionali, nemmeno sul mercato interno. Ben poche delle catene commerciali italiane hanno fatto qualcosa per adeguarsi alle nuove tendenze di mercato. Chi guadagna posizioni con il rimescolamento che ne deriva sono le grandi corporations multinazionali come Amazon o Alibaba. E mentre il commercio elettronico avanza esso condiziona anche i servizi ad esso collegati, come quelli della logistica e del trasporto.

 

Non è un vero problema di know-how, dal momento che procurarsi la tecnologia di un “market place” o di un sito di e-commerce è veramente alla portata di tutti. La ragione del ritardato sviluppo online degli operatori nazionali è casomai legata alle dimensioni degli investimenti pubblicitari che sono necessari per avere successo e che non si giustificano se non raggiungono l’intera nazione. Altro motivo del ritardato sviluppo online dei nostri operatori commerciali è poi l’ingiustificato timore di danneggiare i propri punti vendita fisici.

Dunque quando parliamo di ritardato sviluppo del commercio elettronico nel nostro Paese vediamo principalmente cause finanziarie e culturali, che sono due facce della stessa medaglia: se l’Italia vuole alimentare la sua industria deve riuscire a evitare che essa risulti incapace di vendere i suoi prodotti, a partire dal mercato domestico. Le motivazioni finanziarie tra l’altro sopravanzano di gran lunga quelle culturali perchè si può constatare chiaramente che gli operatori che oggi risultano leader nel settore del commercio online sono tutti passati dalle forche caudine di due o tre anni di perdita economica prima di veder affermato il proprio successo online.

in Italia con un mercato finanziario e borsistico assai poco capace di far affluire capitali di rischio a operatori dell’e-commerce che vogliano partire da zero e, più in generale. poco capace di avere a che fare con i rischi e le esigenze tipico delle start-up innovative, è più difficile che qualcuno si avventuri a fare vendite online con i quattrini dei soliti “family&friends” a fare vendite online.

IL “DIGITAL DIVIDE” ITALIANO (L’ARRETRATEZZA NEL MONDO ONLINE)

Dal punto di vista culturale il problema è forse ancora più grave: nonostante che per gran parte degli articoli che si possono reperire in rete esista un risparmio di prezzo dell’ordine del 20-40%, oggigiorno le vendite online in Italia appaiono ridottissime, anche perché solo una piccola parte della popolazione è entrata nell’ordine di idee di cambiare seriamente le proprie abitudini. Questo ovviamente riduce la domanda potenziale e di conseguenza l’attrattivitá del settore per chi ci potrebbe investire.

Nel 2016 soltanto un terzo degli italiani ha fatto almeno una volta shopping online, contro il 52% medio dei Paesi OCSE (cui apparteniamo anche noi). Mentre in rete naviga ancora solo il 69% dei connazionali e tra le aziende italiane solo il 71% di esse ha un proprio sito internet e solamente il 37% del totale è presente sui social networks.

Infine esiste un problema oggettivo: se un operatore è basato in America e propone un articolo o un servizio innovativo è molto probabile il mercato di sbocco per quell’articolo sia il mondo intero. Se lo fa in Italia è possibile che esso non risulti interessante nemmeno per certe aree geografiche dello Stato. Dunque il forte impatto sulle prospettive di business della dimensione del mercato potenziale non può che disincentivare quelle iniziative che non nascono subito globali. Per far decollare queste ultime però servono ancora più quattrini. Insomma non esistono in natura le pari opportunità, tantomeno nel commercio.

PARCEL & LOGISTICS (TRASPORTI E LOGISTICA DEL COLLETTAME)

Esiste poi tutta un’attività di supporto al commercio elettronico (stoccaggio, packaging, distribuzione ecc…) che solo ogni tanto affiora sulle prime pagine di giornali e telegiornali ma i cui investimenti e le cui dimensioni sono spesso ignote ai più.

Amazon quando è sbarcata in Italia ha comperato/ realizzato/ automatizzato un certo numero di piattaforme logistiche per potersi attrezzare per le consegne a domicilio, e ciò nonostante che persino nella situazione attuale si affidi ancora poi a operatori logistici e vettori terzi per le consegne.

Allo scorso Agosto Amazon dichiarava ai giornali di aver già investito oltre € 450 milioni e di aver dato lavoro a circa 2000 persone solo in Italia. Non si può certo investire (in tutto il mondo per di più) se non si dispone dei necessari capitali e finanziamenti per far concorrenza a giganti come Amazon.

In realtà Amazon è un commerciante online sbarcato in borsa già vent’anni fa (1997), e oggi per le sue dimensioni, per la sua visibilità, per la capillarità della propria pubblicità e per mille altri motivi pratici appare essere piu visibile di tanti altri grandi operatori. Amazon è dunque solo la punta di un iceberg ben più massiccio che riguarda gli oligopolisti del commercio elettronico, destinato a costringere numerosissime altre imprese ad adeguarsi alle nuove tendenze. (Nel grafico l’incremento di valore solo fino a Maggio scorso).

Ad esempio i corrieri espressi italiani, già presenti da anni sul territorio e in precedenza attivi per altri tipi di consegna, si stanno attrezzando non poco per beneficiare (e anche per resistere all’impatto) di volumi decisamente crescenti nel settore delle consegne a domicilio. La loro appare come un’attività piena di insidie ma con forti prospettive di crescita e con la necessità di incrementare l’automazione dei processi, per mantenersi competitivi!

COME CAMBIANO LE CONSEGNE B2C (BUSINESS TO CONSUMER)

Innanzitutto parliamo delle consegne ai privati, i quali spesso non sono in casa. Quelle consegne devono perciò adeguarsi a tale fattispecie e necessariamente avvenire fuori degli orari di lavoro più comuni. Poi prendiamo in considerazione tutte le problematiche relative alla consegna, spesso impossibile perché spesso, nonostante essa avvenga agli orari concordati, capita ugualmente che all’indirizzo di destinazione non ci sia nessuno al momento dell’arrivo del corriere, generando un traffico di ritorno per il quale nessuno paga nulla. Parliamo infine delle tariffe di consegna, oggi sempre più stracciate per venire incontro alle esigenze commerciali.

Come fa un corriere espresso a consegnare merce di peso (e valore) molto limitato a costi bassissimi per il cliente senza andare in rosso? Può riuscirvi quasi solo con l’ausilio di grandi volumi e dell’automazione (il rilevamento digitale di ogni passaggio, come: picking, deposito, spedizione, logistica e smistamento, consegna) e deve disporre di grande potenza nei sistemi informativi, che devono oggigiorno “dialogare” con il mittente (soprattutto quando è un colosso come Amazon o Zalando) e deve obbligatoriamente riuscire a mostrarne online il “tracking” (cioè deve far vedere in ogni istante all‘acquirente che si collega al sito della Amazon di turno dove si trova in quel momento il suo pacco).

Dimensioni aziendali e automazione sono dunque elementi essenziali anche per i corrieri espressi perché i conti tornino loro in tasca, sebbene la forte crescita del mercato delle consegne di acquisti online ai privati non accenni a flettere e possa quindi ampiamente giustificare la montagna di investimenti ed efficientamenti che risultano necessari per potervi operare.

Se ne può facilmente dedurre che l’intero settore dei trasporti ne subirà uno scossone rimescolando le carte della competizione e facendo rimanere a galla solo i migliori operatori. Ma per qualcuno di essi sarà anche l’occasione di emergere e fare profitti.

Stefano di Tommaso