DOPO I PANAMA PAPERS, I PARADISE PAPERS

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La medesima sporca faccenda, quella degli ingentissimi patrimoni occultati dietro a società residenti in paradisi fiscali, emerge ancora una volta alla ribalta dei media poco dopo che il consorzio mediatico che vi sta dietro, l’international consortium of investigative journalists (ICIJ) abbia vinto il premio Pulitzer 2017 per la vicenda dei Panama Papers del 2015.

L’inchiesta ha generato (tanto allora quanto oggi) uno scandalo mondiale che coinvolge quasi tutti i grandi della terra in un contesto tuttavia di cooperazione mediatica globale (quasi 400 giornalisti di 67 paesi e oltre 100 testate di grande spolvero). Operazione che non convince troppo gli osservatori più attenti, anche per lo straordinario tempismo: pochi giorni prima di un altro grande scandalo, quello del sequestro di quasi 800 miliardi di dollari a una sessantina di principi arabi sauditi e loro ministri managers e attaché, accusati di corruzione dalla famiglia reale Saudita, tra le meno autonome nel prendere questo genere di decisioni e tra le più corrotte della terra.

UN’INCHIESTA COLOSSALE

L’inchiesta è di quelle da far tremare la terra sotto i piedi a mezzo mondo: 14 milioni di documenti riservati la cui rivelazione colpisce, direttamente e indirettamente, ricchezze occultate nei paradisi fiscali che sembrano arrivare a quasi 8 trilioni (si, avete letto bene: 8mila miliardi) di dollari, pari a circa il 10% del Prodotto Globale Lordo dell’anno in corso. Qualcun altro si sbilancia a dire che in realtà i patrimoni occultati attraverso società e consorzi “off-shore” (cioè nominalmente residenti nei paradisi fiscali) siano in realtà pari a circa tre volte tanto, se consideriamo anche l’intestazione fiduciaria ai medesimi veicoli a basso impatto fiscale anche di aziende industriali, beni immobili e articoli di lusso in generale. I personaggi coinvolti sono i più disparati: dalla Regina d’Inghilterra ai cantanti Bono e Madonna, fino al campione del mondo di Formula 1 Hamilton.

Vedremo più avanti che non troppo stranamente sono nelle liste anche personaggi vicini a Donald Trump e lo stesso Vladimir Putin. Tra essi anche Apple, la multinazionale che capitalizza di più al mondo (900 miliardi di dollari) e che possiede una liquidità di oltre 260 miliardi di dollari (per lo più al di fuori degli Stati Uniti d’America) sembra aver beneficiato non poco di soluzioni fiscali ardite e sostanzialmente elusive.

Sebbene questi veicoli siano del tutto legali nella stragrande maggioranza dei casi, la loro pubblicazione (che per inciso è stato misteriosamente deciso che avverrà integralmente solo domenica prossima) è destinata a sollevare una giustissima e vastissima ondata di sdegno in tutto il mondo civilizzato perché un millesimo della popolazione mondiale sembra non solo possedere in modo non visibile quella parte (da un decimo a tre decimi) di tutta la ricchezza globale prodotta e consumata in un anno da 8 miliardi di persone, ma anche non pagarci sopra le tasse !

IL MAGICO MONDO DELL’OFFSHORE

Praticamente ogni potente del pianeta ha avuto, direttamente o indirettamente, la possibilità di occultare, domiciliare o detassare buona parte del suo patrimonio,grazie a soluzioni sofisticate inaccessibili ai meno abbienti e del tutto legalizzate. L’Ocse ha stilato da anni una black-list di Paesi indisponibili a rivelare i nomi dei loro clienti, che però si è man mano svuotata grazie ad accordi di parziale “disvelamento” delle identità nascoste accettati da questi Paesi: un po’ per evitare le rappresaglie regolamentari sul fronte del commercio internazionale minacciate loro, un po’ per intorbidire le acque con modifiche normative fintamente aderenti alle richieste, fermo restando il perpetuare in altre modalità le pratiche opache e per questo molto apprezzate dai clienti stessi.

L’ondata di scandalo di fronte a una tale ingiustizia è dunque assolutamente plausibile e quasi doveroso (anche perché dietro a fondi neri, liquidità anonime parcheggiate fuori del mondo civile e profitti detassati spesso si nascondono I denari destinati alla corrruzione, al riciclaggio e alla sovversione) ma questo vastissimo scandalo -a guardarlo bene- sembrerebbe stranamente pilotato ed orientato a fini politici e di ribaltamento delle posizioni di potere da parte evidentemente di soggetti che ne hanno ancor di più.

UNO STRANO CONSORZIO DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO SPONSORIZZATO DAI PIÙ GRANDI FINANZIERI INTERNAZIONALI

Il consorzio ICIJ che ha portato all’attenzione globale tutte queste informazioni ha una particolare origine: un paio di giornalisti della “SÜDDEUTSCHE ZEITUNG” un quotidiano di Monaco di Baviera controllato da un gruppo mediatico tedesco e quattro investitori finanziari internazionali, Goldman Sachs, Apax Partners, Veronis Suhler Stevenson e 3i, dopo aver ricevuto tanto i documenti del 2015 quanto quelli attuali da una misteriosissima fonte (che tutti concordano non potere che essere di emanazione dei servizi segreti) trova la forza di costituire un potentissimo consorzio globale per diffonderli, sfidando l’ira di milioni di personaggi potenti e influenti a livello globale. Molto strano, vero ? Ancor più strano se si va a guardare quali fondazioni non-profit hanno finanziato il consorzio: legate a George Soros (tramite la sua fondazione Open Society, alla Fondazione Ford e alla USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale), le stesse guarda caso che finanziano le Organizzazioni non Governative per l’assistenza allo sbarco dei migranti del Mediterraneo…

Diffidate, gente. Diffidate!

Stefano di Tommaso