ALLA FINE UNICREDIT COMPRERÀ COMMERZBANK
Molte voci si sono rincorse quando è venuta fuori, all’attenzione della stampa, la notizia di una trattativa segreta tra Unicredit e Commerzbank.
SMENTITE E PRECISAZIONI
Innanzitutto sono corse le smentite, da entrambe le parti e addirittura con il commento che piuttosto l’azionista al 15% (lo Stato tedesco) della possibile preda avrebbe preferito una banca francese (BNP PARIBAS) come acquirente. I soliti simpaticoni!
Poi sono ancora in molti a ricordarsi l’avventura straniera del 2005 con la HypoVereinsbank poi divenuta Unicredit Bank AG e oggi significativamente ridimensionata ma pur sempre presente in Germania.
Infine sono arrivate le precisazioni, attraverso le quali si faceva notare che entrambe le banche sono nel bel mezzo dei rispettivi processi di ristrutturazione, ivi compresi tagli di spesa e riduzione del personale.
Dunque i sindacati non avrebbero gradito che da una parte si faccia economia e si dichiari di voler concentrare la propria attenzione sul mercato interno e sul core business e dall’altra si profondano risorse in una avventura oltre frontiera tutta da precisare, senza prima aver pubblicato un nuovo piano industriale (quello attuale ha come orizzonte il 2019) e poi consultato le parti sociali.
IL RUOLO DEI GOVERNANTI TEDESCHI
In Germania probabilmente la minor pressione della disoccupazione rende l’argomento molto più “morbido” da trattare, ma il problema di non poter procedere contemporaneamente alla messa in atto di una lenta ristrutturazione (va avanti dal 2010, dopo che l’anno prima il governo tedesco era entrato nel capitale per salvare la banca) ce l’ha anche Commerzbank e lo scenario ambientale è complicato dal fatto che il paese è in piena campagna elettorale.
La verità anzi è che i vecchi azionisti di Unicredit (a partire dalle fondazioni bancarie) si sono già ridimensionati con le perdite degli anni post-crisi e si sono diluiti con i decisi aumenti di capitale (l’ultimo di 13 miliardi ha spiazzato tutti e provocato il plauso degli analisti) mentre se oggi cedesse la sua partecipazione in Commerzbank il governo tedesco dovrebbe iscrivere al proprio stato patrimoniale una perdita decisa nel valore dell’asset, stimato dal mercato circa la metà di quanto ha investito. Un portavoce del governo lo ha già dichiarato: agiremo nell’interesse di chi paga le tasse.
Dunque ne hanno dedotto tutti gli osservatori che manzonianamente parlando “il matrimonio non s’ha da fare” e che l’argomento è quantomeno rimandato di un paio d’anni.
L’AMBIZIONE DI MUSTIER E LE PRESSIONI DEL MERCATO DEI CAPITALI
Ma sebbene sia entrato in azione solo un anno fa (nel 2016) chi conosce Pierre Mustier sa che è uomo di grandi ambizioni e poi molti investitori stanno concentrando le proprie attenzioni sui principali titoli bancari, scommettendo inizialmente un po’ su tutti ma si sa che alla fine essi preferiranno quelli che riescono ad esprimere una maggior crescita di valore. E -come direbbe Totò- qui casca l’asino!
Il mondo negli ultimi anni è cambiato a tal punto che l’attività creditizia è tornata in auge tra gli investitori, le economie del vecchio continente sembrano puntare a sempre migliori risultati man mano che l’Unione procede nel suo accidentato percorso di integrazione e la Germania resta il centro dell’attrazione dei capitali in fuga tanto dall’America quanto dalla Cina.
E nessuna grande azienda, nemmeno una banca “di interesse nazionale” (come si sarebbe detto in passato), nemmeno se sottoposta a un aspro confronto con i sindacati dei lavoratori, può sottrarsi alle pressioni dei propri azionisti e del mercato dei capitali, i quali possono risultare molto pazienti ma alla fine vogliono dire l’ultima parola.
Il boccone è goloso: la combinazione delle due realtà risulterebbe ai vertici delle classifiche bancarie europee e potrebbe vantare attivi totali per la bellezza di 1300 miliardi di euro (cioè ben oltre un trilione e mezzo di dollari).
Molte attività nelle quali le economie di scala contano (a partire dal “consumer business” ne risulterebbero avvantaggiate e la caratteristica he in passato ha reso debole Commerzbank: quella di avere una maggior clientela tra le piccole e medie imprese, per Unicredit risulterebbe invece di grande interesse per potersi piazzare come leader incontrastato di quel segmento nel continente europeo. L’unico nel quale la concorrenza delle grandi banche d’affari americane e asiatiche ha molto meno presa e capacità di attrazione.
SI FARÀ MA NON SUBITO
Solo che un orizzonte di un paio d’anni può risultare normale per la ristrutturazione di due grandi aziende ma appare come un tempo infinito a coloro che operano sul mercato dei capitali. Questi ultimi non aspetteranno così a lungo per emettere il loro verdetto e questo Mustier lo sa bene! Ecco allora che i tempi dovranno stringersi, magari già all’inizio del 2018 o nel corso dell’anno.
Dunque se fosse a Unicredit non converrebbe mollare l’osso nel frattempo, con il rischio che la potenziale sposa nel frattempo si accasi altrove. È più probabile che le trattative proseguano sotto traccia.
Mentre entrambe le banche provano a mettere a punto i rispettivi nuovi piani industriali magari ne abbozzano anche uno comune, magari con la complicità di qualche importante advisor, come Mediobanca di cui UniCredit è il primo singolo azionista, insieme a Vincent Bollorè. E non a caso Mediobanca che di solito tace sulla stampa invece resta, unica voce fuori dal coro, possibilista sul matrimonio.
E IL VALORE DEI RISPETTIVI TITOLI SALIRÀ
È solo il titolo di una favola oppure è realistico pensarlo? Si vedrà. Ma aspettiamoci che l’ultima parola la dicano i mercati, che hanno già premiato il titolo Unicredit con un +80% e che potrebbero adesso fare altrettanto con Commerzbank. Allora forse per il Governo tedesco sarebbe politicamente più accettabile dare il consenso, insieme alla necessità di fare cassa, mentre inizialmente si era parlato di un’operazione “carta contro carta” meno conveniente per lo stato germanico e per gli azionisti di minoranza.
Resta il fatto che la strategia di Mustier non sarà abbandonata così in fretta e che di conseguenza è piuttosto probabile che da oggi ai primi del 2018 entrambi i titoli potranno registrare prezzi più elevati degli attuali, anche perché i fondamentali si avviano ad essere molto migliori e di terreno, negli ultimi anni, ne avevano perduto parecchio. E questa sì che è una buona notizia per gli azionisti!
Stefano di Tommaso