LA NUOVA GEOPOLITICA DELL’ERA TRUMP (SECONDO LARIS GAISER)

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Interessantissima discussione al Caffè di BeeBeez, la settimana scorsa, sponsorizzata dalla multinazionale Kroll (http://www.kroll.com/en-us/default.aspx) con la partecipazione della sua Amministratrice Delegata Marianna Vintiadis e condotta da Stefania Peveraro, giornalista e fondatrice di BeeBeez insieme ad Anna Gervasoni e al gruppo Class Editori.
Ospite d’onore il professor Laris Gaiser, membro dell’ITSTIME (Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies) presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di esperto d’intelligence economica. Il più recente suo libro: “Intelligence Economica per un nuovo ordine mondiale” è stato l’anno scorso un bestseller il cui estratto è riportato al link che segue dallo stesso autore (https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/wp-content/uploads/2016/07/intelligence-economica-Gaiser.pdf). Dal 2009 insegna relazioni internazionali presso l’Università della Georgia (Usa) dove ricopre il ruolo di senior fellow all’istituto Globis. Insegna inoltre relazioni del Mediterraneo e geoeconomia presso l’Accademia Diplomatica di Vienna. Laris ha inoltre lavorato e studiato con il generale Carlo Jean (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Carlo_Jean).

 

TRUMP: MOLTO PIÙ CHE UN DILETTANTE ALLO SBARAGLIO

La tesi principale dell’intervento di Laris Gaiser, incentrato sulla figura controversa di Donald Trump quale nuovo Presidente americano, è stata quella della riuscita da parte di Trump nella progressiva instaurazione di un nuovo equilibrio geopolitico globale.
La tesi è ovviamente agli antipodi di quelle quotidianamente proposte al grande pubblico dalla stampa prevalente, ma ha un suo fondamento e Laris si è prodigato nell’argomentarlo.

Laris ci insegna che la geopolitica è una definizione olistica, composta da una parte fissa: la geografia, e da una parte flessibile, che è la politica. Secondo Laris, che è italo-sloveno, non tenere conto dei confini nazionali o delle esigenze economiche derivanti dalle caratteristiche geografiche degli Stati con i quali si intrattengono relazioni internazionali può sospingere i medesimi tra le braccia del nemico o semplicemente causare dure reazioni.

LA TORMENTATA RELAZIONE CON LA RUSSIA

È il caso ad esempio della guerra civile in Ucraina, dove tanto l’America quanto l’Unione Europea non hanno voluto tenere conto del fatto che si tratta di uno stato-cuscinetto al quale la Russia non può mancare di rivolgere delle attenzioni, sia per ragioni etniche (ci sono molti cittadini di origine russa) che per motivi di difesa nazionale.

Secondo Laris, Vladimir Putin ha oramai mostrato di essere un leader a livello internazionale affidabile, prevedibile e razionale. Pare anche che egli abbia scritto di proprio pugno due articoli accademici per i giovani diplomatici in erba nei quali esprime chiaramente la necessità per il suo Paese di far crescere il ceto medio e, con esso, le piccole e medie imprese. Per fare questo Putin aveva stanziato ingenti fondi sovrani che attingevano dalle entrate petrolifere.

La situazione generale ha fatto si che quelle risorse dovessero essere dirottate sugli armamenti, rimandando la rinascita dell’economia della Federazione Russa.

Che ciò non fosse casuale secondo Laris è comprovato dalle Sanzioni Economiche, non necessarie secondo lui. Anzi: di fatto hanno contribuito a spingere la Russia tra le braccia della Cina, storicamente in contrasto con la Russia per numerose questioni territoriali. Le sanzioni hanno inoltre creato l’urgenza di una nuova attività produttiva nazionale e in questo hanno nociuto all’Europa e fatto bene alla Russia.

IL RAPPORTO CON LA CINA E IL RUOLO DI HENRY KISSINGER

La qualità della leadership di Trump secondo Laris è inoltre dimostrata da come egli ha giocato la sua campagna elettorale, tutta in salita perché il sistema mediatico favoriva la fondazione Clinton. Ciò nonostante Trump ha vinto utilizzando le stesse armi  he i suoi rivali gli rivolgevano contro.
Trump però ha molti nemici che intendono oggi proclamarne l’impeachment e ritornare al potere attraverso la dimostrazione del coinvolgimento mediatico della Russia nella fuga di notizie che gli è servita per contrastare la Clinton.

In realtà Trump in campagna elettorale è stato molto ben consigliato dal “dottor stranamore”. Egli dovrebbe aver incontrato Kissinger almeno 5 volte (considerato il più grande tra i lobbisti a favore della Cina).
Ciò nonostante Trump in campagna elettorale ha attaccato più volte la Cina e ha predicato l’isolazionismo.
La retorica è andata dunque in una direzione, infatti in un’altra, dal momento che il rimuovere il Trattato Commerciale Pacifico da parte di Trump è stato nei fatti invece un grandissimo favore che lui ha portato alla Cina.

Una cosa simile Trump l’ha fatta nei confronti della Corea del Nord: nel trattato anti proliferazione l’Iran ha venduto armi atomiche alla Corea del Nord e allora Trump, per arginare il problema senza spaventare il mondo con la minaccia nucleare, la sta facendo “contenere” indirettamente dai cinesi per poi in futuro riservarsi casomai il privilegio e il merito di aver portato avanti un processo di riappacificazione del quale potrebbe avere il merito.

Con la Russia invece Trump, sotto schiaffo a casa propria, non può oggi pensare di fare presto accordi bilaterali, ma ha nominato alla carica di suo rappresentante un genio del settore energetico come Tillerson. Guarda caso oggi il petrolio sta risalendo (facendo un piacere a Putin) nonostante sia divenuto sempre più difficile controllarne il prezzo a causa dell’eccesso di offerta sul mercato.

L’ESATTO OPPOSTO DEL DISEGNO STRATEGICO DI OBAMA

Ovviamente la vera questione irrisolta è se Trump, nel frattempo, riuscirà anche a condurre a termine il suo mandato di Presidente, sulla quale questione non ci sono certezze. Se non ci riuscirà è quantomai probabile che quell’ordine globale che lui oggi sembra segretamente essere riuscito a ristabilire svanirà nel nulla, perché va a contrastare precisi interessi economici.

Secondo Laris esistono due grandi scuole di pensiero nelle relazioni internazionali: quella “liberale” e quella della “realpolitik”. In estrema sintesi una descrizione:

– Secondo la prima -fautrice di un “bene comune” e di grandi aggregazioni sovranazionali, questo può prescindere da ciò che vogliono le singole sovranità nazionali, e ha visto soprattutto Obama applicarla in ogni direzione nel definire i propri disegni geostrategici, scavalcando spesso i governi dei paesi più colpiti da contrasti interni o dal terrorismo.

– Secondo l’altra, la cosiddetta “geopolitica dei rapporti di forza” da sempre applicata da Henry Kissinger (silente ma attivissimo suggeritore di Trump) e oggi anche da Vladimir Putin, ha un’ottica completamente rovesciata e parte dalla considerazione che le singole realtà nazionali vanno rispettate, sebbene “pesino” più o meno nello scacchiere internazionale a seconda del ruolo bilaterale di ciascuno stato.

Come anticipato prima, secondo Laris oggi Donald Trump sta ragionando strettamente in termini di realpolitik e di una ripresa dei rapporti bilaterali dell’America con il resto del mondo, ottenendo come conseguenza il ristabilimento di nuovo ordine dal punto di vista delle relazioni internazionali, nonostante quel che scrive la maggior parte dei media, a lui contrari.

Trump -a torto o a ragione- ritiene che la politica di Obama abbia puntato su una decisa destabilizzazione dell’area mediterranea e medio-orientale e sta usando un approccio completamente diverso, con il ristabilire buoni rapporti bilaterali tra gli U.S.A. e l’Arabia Saudita. Il dialogo (indiretto) con la Russia ha poi permesso a Trump di arginare il problema Iran, vera spina nel fianco della politica estera americana e fornitore di tecnologie nucleari a tutti quei Paesi che sarebbe meglio non le avessero.

IN ATTESA DI TROVARE UN DIALOGO CON L’EUROPA

Nel ristabilire dunque ottimi rapporti di fatto con i due principali attori (Russia e Medio Oriente) nella produzione di materie prime energetiche come gas e petrolio, bisogna notare che Trump ha fatto indirettamente un piacere all’Europa, che ne è il primo consumatore, in attesa di ottenerne uno in cambio, quantomeno relativamente al sostegno economico delle truppe Nato di stanza nel vecchio continente.

Non tanto in termini di estrazione, quanto in quelli della distribuzione. L’aborto dell’oleodotto “South Stream” ha costituito un grande danno per l’Italia (ufficialmente ne era contro l’anti trust europeo) ma adesso viene raddoppiato il “Nord Stream” che ha le stesse problematiche di anti-trust ma circa il quale l’Unione nello scorso marzo 2017 si è espressa favorevolmente.

Nel permettere che ciò avvenga Trump di fatto ha dato una mano alla Germania che diverrà presto il più grande snodo energetico dell’Unione. Questo fatto, fortemente voluto dai Clinton e dai poteri che gli stavano dietro, è stato possibile grazie al sostegno della metà di tutti i costi del progetto da parte di aziende anglosassoni.

SOTTO ATTACCO A CASA PROPRIA

Anche sul fronte interno Trump mostra intelligenza e sta comportandosi di conseguenza, non aprendo troppi forti e aspettando un momento migliore per le due questioni che gli stanno più a cuore:
– il rilancio  dell’economia (con il taglio fiscale e la spesa per infrastrutture)
– lo smantellamento dell’Obamacare.
Su entrambe  le questioni preferisce non esporsi troppo per non creare nuovi fronti di conflitto.

Sempre secondo il professor Laris Gaiser anche per questo motivo Trump potrebbe riuscire a sopravvivere all’attacco politico in corso, facendo concessioni sulle tematiche di confronto con l’opposizione per attirare a sé consensi all’interno del Congresso Americano.

Il risultato perciò delle ritardate politiche economiche trumpiane è una diluizione di quegli stimoli all’economia americana che avrebbero potuto segnare la nuova era Trump come una di quelle più prospere che si potessero ricordare, ma in fondo non ne ha avuto troppo bisogno: i mercati vanno bene ugualmente e l’economia globale tira più del previsto: oggi è forse meglio mettere fieno in cascina per tempi migliori!

Stefano di Tommaso