LA CINA STA CAMBIANDO IL PARADIGMA GLOBALE DELLA CRESCITA ECONOMICA

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Perché dovremmo preoccuparci della Cina se è così lontana e così diversa da noi? Ricorre spesso questa domanda nella nostra mente: praticamente tutte le volte che leggiamo qualche roboante notizia sulla seconda economia mondiale! Eppure dovremmo farci più attenzione…

 

Le notizie che arrivano a noi dalla Cina spesso sono solo quelle roboanti, perché le altre non vengono nemmeno riprese dai più comuni organi di informazione. Inoltre le notizie cinesi sono spesso roboanti perché le dimensioni di quella nazione spesso sfuggono alla nostra capacità di fare paragoni: non bastano infatti il miliardo e quattrocento milioni di abitanti per ricordarci che la popolazione dell’intera Italia è il 4,3% di quella cinese, cioè meno di un ventitreesimo, ma bisogna tenere conto di altre “dimensioni”.

LA TECNOLOGIA GALOPPA

Quella tecnologica innanzitutto: oggi gli strumenti di pagamento elettronico in Cina hanno superato i 425 milioni di persone, cioè il 65% del totale degli utenti di telefoni cellulari. Per fare un paragone l’utilizzo della moneta elettronica è 55 volte più diffuso che negli Stati Uniti d’America!

È notizia di oggi sul Financial Times che “JINRI TOUTIAO” (che tradotto significa “le principali notizie di oggi” o “Today’s Headlines”), la piattaforma più diffusa al mondo di articoli di stampa e video, ha raggiunto i 600 milioni di utenti (di cui 78 milioni in media attivi ogni giorno), sforna ogni giorno dell’anno più di 200.000 contenuti, ed è stata valutata da un gruppo di venture capitalists americani guidati da SEQUOIA CAPITAL la bellezza di 11 miliardi di Dollari nel suo ultimo round di finanziamento. JT non è altro che una app per smartphones che aggrega e seleziona notizie e video interessanti. Dunque impiega pochissimo personale e funziona in maniera quasi automatica, ma ciò nonostante ha raggiunto una valutazione che è più di venti volte quella ottenuta nel suo primo round di finanziamento internazionale, nel 2014 ed è nata nel 2012. Un modello di business che ha recentemente portato Tencent, la WhatsApp cinese più nota con il marchio WeChat, ai vertici della capitalizzazione mondiale.

LA PATRIA DELLA “SHARING ECONOMY”

Probabilmente in Cina la televisione è meno diffusa e i cellulari sono divenuti lo strumento di diffusione dei media più popolare, anche perché essi servono anche a fare tante altre cose. Basti pensare a colossi del commercio elettronico come Baidu, Tencent e Alibaba (tutti cinesi) per comprendere quanto “profondo” può diventare il mercato online in un Paese in rapida crescita economica: giovane, coeso e dove la sharing economy può attecchire molto più velocemente che laddove deve vincere la concorrenza degli strumenti più tradizionali.

La sharing economy non fa quasi fatturato (distribuendo gratuitamente buona parte del suo “prodotto”) ma crea enormi valori finanziari come si può riscontrare dalla classifica delle società di maggior valore al mondo.

IL CALO DEL PETROLIO HA MATRICE CINESE

Una notizia passata quasi inosservata è quella del brusco calo del prezzo del petrolio negli ultimi giorni (che, unità a quella della rivalutazione dell’Euro, avrebbe dovuto provocare una discesa importante del costo dei carburanti, ma nel ns.paese questo è quasi impossibile). Ebbene: pare che il principale motivo questa volta sia non più l’eccesso di offerta del greggio, bensì il calo della sua domanda cinese, in un contesto di ridotta crescita economica (sebbene sempre superiore al 6% annuo) e soprattutto di un ancor più vistoso calo degli investimenti produttivi. In pratica un’oscillazione della domanda in quel Paese è capace di influenzare il prezzo della principale risorsa energetica del Paese. Non succede nemmeno con gli Stati Uniti d’America!

È perché la Cina compra meno petrolio? Pare che la causa principale sia l’eccesso di debito privato e il conseguente stato di crisi del suo sistema finanziario-ombra (una sorta di contro-sistema bancario), sino ad oggi assai tollerato dalle autorità centrali perché favoriva il finanziamento dello sviluppo economico. Un’eventuale scossone al sistema finanziario cinese potrebbe provocare enormi ripercussioni nel resto del mondo, ma i nostri giornalisti con enorme negligenza quasi non ne parlano!

LA CRISI DELLO “SHADOW BANKING”

Il governo cinese è di recente intervenuto con una stretta creditizia che rischia però di essere tardiva, esponendo il sistema finanziario cinese al rischio sistemico di un crollo generalizzato. Ne è un esempio la forte discesa del valore di capitalizzazione delle due borse cinesi negli ultimi mesi, proprio mentre nel resto del mondo accadeva il contrario. Anche il valore dei titoli obbligazionari cinesi sta scendendo regolarmente, suggerendo un pervasivo timore di shock finanziario. La cosa peraltro rischia di danneggiare presto anche molte altre economie emergenti, nonché le loro borse e le loro valute.

Con le sue grandi dimensioni e le sue specificità la Cina sta insomma cambiando il paradigma mondiale della crescita economica, ma sta anche mettendo a rischio il resto del pianeta.

Ma quella della Cina nel restare l’economia più regolamentata al mondo e nel perseguire il suo autonomo modello di crescita rimane tuttavia estremamente osmotica al commercio internazionale, estremamente proiettata al futuro, alle tecnologie e all’innovazione, ed estremamente permeata dai capitali occidentali e dai valori che essi coltivano. Da quelle parti una coalizione di politici, imprenditori, finanzieri e tecnologi sta forgiando anche il nostro futuro, ma per i media nazionali l’argomento è ancora spesso relegato alle seconde linee.

IL BATTITO D’ALI DI UNA FARFALLA…

La digitalizzazione e la globalizzazione sembrano avere improvvisamente realizzata quell’antica profezia, secondo cui il battito d’ali di una farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del mondo…

 

Stefano di Tommaso