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GLI INTERESSI DIETRO LA QUESTIONE NORD-COREANA

Il puzzle geopolitico del Sud Est Asiatico in questi giorni è stato oggetto di molti, troppi commenti perché possa ai più risultare interessante leggerne un altro. Vorrei invece proporre una insolita chiave di interpretazione della vicenda sebbene sia chiaro che nessuno può davvero vantare di conoscere le intenzioni dei leader politici (e dei loro mandanti) che si confrontano in quel delicato intreccio di interessi e minacce che gli stanno intorno.

 

L’America di Donald Trump dice basta ai test nucleari condotti dalla Corea del Nord e lo fa mostrando i muscoli: portaerei, cacciabombardieri e fregate nei mari antistanti e dichiarazioni di condanna insolite e quantomai decise.

FAUTORI E DETRATTORI DI TRUMP

Ma con l’apertura del dossier i detrattori di Trump  (sono davvero molti e molto potenti, il che che me lo rende istintivamente simpatico) hanno sùbito approfittato del rischio di arrivare al conflitto nucleare, per rivolgergli le solite accuse, senza affermare mai cosa invece andrebbe fatto esattamente.
Indirettamente lo hanno dunque accusato di “svegliare il cane che dorme”, salvo il fatto che quel bamboccione che manda in galera i concittadini che osano camminare fuori casa senza il distintivo con il suo ritratto e che sembra uscito da un film dell’orrore lancia invece ogni due per tre qualche altro missile in giro affermando di poter minacciare la catastrofe globale.

I fautori di Trump sostengono la tesi che la questione della minaccia nucleare di Kim Yong-Sun era stata troppo a lungo colpevolmente ignorata da Obama e andava sollevata comunque, visto che sul tavolo c’è la necessità di ribilanciare di tutti i rapporti in essere con la Cina, all’ombra della quale indiscutibilmente la dittatura si è posta.
Trump tuttavia non ha ancora voluto mostrare alcuna chiara linea di azione nei confronti di Kim Jong-Sun se non una assai indiretta: quella di voler fare pressione sulla Cina perché lo “scarichi”, per poi coalizzare tutti i suoi vicini (a partire da Giappone e Sud Corea) in una stretta mortale nei confronti di quel regime. È probabile invece che in realtà egli abbia obiettivi relativamente diversi.

Che però le sanzioni economiche non funzionino quasi mai è risaputo e, anzi, normalmente esse vengono imposte (da chi non ne ha un proprio nocumento) ai propri alleati che hanno rapporti con il paese sanzionato e che invece, nell’applicarle, ci rimettono anche loro (dunque con il mugugno che ne consegue).
I giochi inoltre non sono mossi da detrattori o fautori di Donald Trump, bensì dai cospicui interessi in ballo (molti dei quali restano inconfessabili quando si tratta di conflitti) nonché dalla teorica necessità di sventare una minaccia, quella atomica, che si è sempre rivelata per quello che non può essere: un’opzione davvero concreta.

UNA GUERRA NUCLEARE È PIÙ CHE IMPROBABILE

L’opzione nucleare nella storia è stata anzi attivata esclusivamente dagli americani contro il Giappone e soltanto in un particolarissimo periodo storico che oggi è difficilmente confrontabile con quello attuale.
È quasi impossibile infatti pensare che lo sgancio di un’atomica da parte di chicchessia tra le grandi potenze possa trovare un largo consenso popolare tra gli elettori e, come non bastasse, il rischio di un’escalation globale per ritorsione fa sì che nessuno pensi davvero di sganciarla e di riuscire poi anche a salvarsi dalle conseguenze di quell’atto.

Queste semplici considerazioni portano a riflettere sul fatto che quando si parla di conflitto nucleare si deve pensare a qualcosa che può servire come deterrente ma che solo un pazzo potrebbe pensare di scatenare sul serio.
E forse nemmeno questo è vero: è infatti già “operativo” il sistema antimissile americano Thaad dispiegato in Corea del Sud per rispondere alle minacce nordcoreane. Lo ha reso noto il portavoce delle forze americane in Corea, colonnello Rob Manning, secondo cui il sistema “ha la capacità di intercettare i missili nordcoreani e di difendere la Repubblica di Corea (del Sud)”. L’installazione del Thaad, Terminal High Altitude Area Defence, è in un ex campo da golf nella provincia di Gyeongsang.

Le minacce agli altri Paesi dell’area del dittatore della parte nord della penisola coreana è dunque probabile che cadano nel vuoto quanto a conseguenze pratiche persino nel caso improbabile in cui si trasformino in realtà!
Chi non ricorda l’azione clamorosa dei missili antimissile “Patriot” dispiegati in Israele ai tempi dell’ultimo vero attacco subìto da quest’ultimo?

E poi Kim sembra matto ma non “fesso” e capisce bene che se attivasse l’opzione nucleare egli fornirebbe al resto del mondo la scusa per radere letteralmente il suo paese al suolo (probabilmente senza nemmeno usare bombe atomiche). Cosa che peraltro gli Stati Uniti d’America non si augurano ugualmente sia perché di certezze quanto all’efficacia del sistema Thaad nessuno può fornirne, come pure perché l’esperienza in Vietnam è un ricordo ancora troppo vivo per i suoi cittadini per andare a infognarsi una seconda volta!

Dunque la Corea settentrionale non è davvero probabile che scateni un’offensiva su chicchessia bensì che agiti la minaccia nucleare per poter giustificare impianti di produzione energia da una fonte relativamente a buon mercato.
Ma nemmeno è pensabile che l’America, dopo aver sventato una minaccia missilistica muova alla conquista di Pyongyang e vada in galera modo a cercarsi oggi un nuovo Vietnam. Sarebbe davvero difficile spiegarne le ragioni a chi ha votato “America a First”!

Ci sono dunque buone ragioni per credere che da domani mattina nessun conflitto militare si scateni davvero, salvo magari qualche colpo di cannone, qualche missile magicamente inceppato, qualche spavento mediatico insomma, per tenere alta l’attenzione internazionale sulla questione.

PARLARE A NUORA PERCHÉ SUOCERA INTENDA

Insomma Trump sembra urlare a nuora “perché suocera intenda”! E di suocere in giro sembra ce ne siano diverse (non solo la Cina quindi): il Giappone ad esempio potrebbe cogliere la palla al balzo per mettere fine a un articolo della sua attuale costituzione democratica che da un settantennio mette al bando il proprio intervento militare all’estero, pressato anzi dagli americani che intendono perseguire una politica di maggior spesa militare da parte dei propri alleati, cosa che farebbe bene alle loro esportazioni di tecnologie belliche e ridurrebbe l’onere (oggi tutto a loro carico) delle “missioni” che essi conducono in giro per il mondo.

Probabile che anche Shinzo Abe ne sarebbe a sua volta lieto, per rivendicare un ruolo più importante per il suo paese nelle grandi questioni geopolitiche che nascondono sempre un risvolto economico.

Il “perché suocera intenda”, oltre a Cina e Giappone, potrebbe riguardare la Russia, che sembra oggi poco interessata alla partita del sud-est asiatico ma i cui confini (quelli da penisola Kamchatka) sono a due passi dai razzi di Kim Jong-Sun e che non vede affatto di buon occhio un riarmo generale del resto del mondo occidentale perché alla lunga esso ridurrebbe il proprio vantaggio strategico militare sul resto del mondo. Per quanto a Putin chiaramente non interessi alcun conflitto che dissanguerebbe l’economia già precaria, la sua intelligenza lo ha spinto ad avventurarsi in Siria anche perché ha così potuto mostrare i muscoli ai suoi concittadini, ai suoi alleati storici (Iran compreso, oggi divenuto quantomai scomodo) e al resto del mondo.

La Russia non sarebbe felice di vedere oggi riuscita agli americani una delicata partita geopolitica in Corea, non subito quantomeno, perché la Cina è un suo storico alleato ma anche uno scomodissimo vicino di casa e i suoi rapporti con l’Unione Europea non sono ancora migliorati.

I VANTAGGI GEO-POLITICI PER TRUMP

Oggi con la nuova prospettiva geopolitica dettata da Trump e dalle sue portaerei nei mari antistanti la Corea, la Cina si è subito dichiarata più interessata a dialogare di più con l’America sulla cooperazione economica e sul ribilanciamento dei suoi rapporti commerciali, nonché sulla sua storica alleanza con la Russia, che resta ancora una superpotenza bellica.

L’America potrebbe dunque cogliere diversi obiettivi contemporaneamente denunciando i test nucleari del regime nord-coreano, ma soprattutto ci sarebbero in testa quelli economici. La Cina potrebbe sembrare soccombere a tale confronto, ma deve anche lei liberarsi di una scomoda minaccia dietro casa e poi potrebbe trovare il modo di beneficiare anche lei di un’alleanza di lungo termine con gli americani, finance qualora oggi ne dovesse sopportare qualche onere.

Trump perciò nell’impegnarsi in una guerra tutta mediatica contro il pericoloso dittatore di un minuscolo staterello confinante con Cina, Giappone e Russia, nello spaventare seriamente il mondo al riguardo e nel voler proporre infine magicamente al mondo una soluzione “pacifica” al dilemma coreano potrebbe guadagnare una decisa convenienza economica per gli interessi americani, dimostrando peraltro ai suoi oppositori che il clan dei Clinton (Obama incluso, ovviamente) nell’aver dissennatamente favorito eccessivamente i rapporti con la Corea del Sud (per guadagnarci non poco privatamente, tra l’altro) avevano commesso un gigantesco errore strategico, di cui ha beneficiato soprattutto la Cina, dichiarandosene nemica.

FOLLOW THE MONEY

I mercati finanziari guarda caso non risultano affatto intimoriti dalle minacce di guerra nei mari del Sud-Est Asiatico e non incorporano nelle loro quotazioni alcuna conseguenza economica di alcun conflitto militare, men che meno di natura nucleare!
Anzi, casomai essi fanno l’esatto contrario: ottimisticamente già prospettano i buoni risultati economici per l’America della strategia di pressione politica che l’Amministrazione Trump sta esercitando sul resto del mondo al riguardo.

Anche in questo caso potrebbe dunque risultare “illuminante” quel vecchio adagio che usano gli Inglesi (che se ne intendono) quando la questione diviene difficile da interpretare : “follow the money “! In tal modo di solito ci si prende…

 
Stefano di Tommaso