NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE, ALTERNATIVI AL SISTEMA BANCARIO
Negli ultimi sette-otto anni il processo di deleveraging (riduzione della leva finanziaria) che ha interessato l’intero sistema creditizio da un lato ha permesso alle Banche di contenere il livello di stress finanziario, dall’altro ha ridotto notevolmente la disponibilità delle stesse alla concessione del credito, contribuendo a generare il cosiddetto “credit crunch” che ha fatto tanti danni all’economia italiana.
Il management delle banche però ne è solo parzialmente responsabile: l’intero settore del credito infatti, dovendo avviarsi a rispettare i requisiti sempre più stringenti di capitale e liquidità dettati da Basilea III, non poteva che ridurre la leva finanziaria.
Inoltre, osservando la domanda di finanziamenti, le politiche economiche di austerity volte a ridurre il deficit pubblico hanno a loro volta agito negativamente su di essa. L’effetto combinato della morosità sui crediti precedentemente concessi (dovuto alla recessione economica che ha seguito la crisi finanziaria internazionale del 2008-2009) e delle citate nuove normative di politica fiscale e monetaria, ha avuto come diretta conseguenza una brusca contrazione dei prestiti offerti e domandati.
L’impatto sull’economia reale, consumatosi negli anni in cui il nostro Paese avrebbe dovuto riprendersi dalla recessione del 2008-2009, si è rivelato per l’Italia a dir poco catastrofico, portando a una diminuzione dei consumi come degli investimenti e allo strangolamento finanziario di molte imprese tra quelle meno capitalizzate.
La riduzione del credito si è peraltro accompagnata ad una generale riduzione della disponibilità e di velocità della circolazione di moneta liquida in Italia che a sua volta si deve principalmente alla fuga generalizzata di capitali, in buona parte comprensibile se si pensa all’inasprimento fiscale degli anni successivi alla recessione.
In un contesto generale così deteriorato dal punto di vista delle risorse finanziarie è divenuto necessario per gli imprenditori valutare ogni forma alternativa di finanziamento o capitalizzazione delle aziende, anche per ridurre la forte dipendenza dal canale bancario che ha da sempre caratterizzato le imprese italiane. Eccone alcune tra le più utilizzate:
I FONDI DI PRIVATE DEBT E I MINIBOND
Il “private debt” è uno strumento innovativo per lo sviluppo delle PMI in rapida crescita e rappresenta un canale diretto di collegamento tra il mercato dei capitali e l’impresa. Fino a qualche anno fa era tuttavia praticato soltanto dai grandi gestori di internazionali di risparmio e fondi pensione, così come da grandi gruppi assicurativi, principalmente esteri dunque e, per tale motivo, interessati quasi solo alle imprese italiane medio-grandi.
Un punto di svolta si è verificato con l’introduzione di una normativa specifica riguardante l’introduzione dei “Minibond” in Italia, il cui trattamento fiscale è stato equiparato per molti versi ai finanziamenti a medio termine.
Con tale innovazione un ruolo importante è stato poi ricoperto dai gestori di fondi di Private Equity, i quali avevano già sviluppato competenze e know-how fondamentali nella valutazione dell’opportunità di ingresso nelle realtà imprenditoriali e di affiancamento nella definizione di strategie di sviluppo, nonché nella conduzione della delicata fase di fundraising e si sono rivelati quindi come i soggetti ideali per sviluppare, a fianco al loro core business, anche fondi specializzati nella sottoscrizione di strumenti di debito (tra cui i Minibond) nonché strumenti ibridi (capitale/finanziamento) che, tenendo conto di prospettive e piani di sviluppo, possono prescindere talvolta dalle garanzie reali e dal limitato livello di capitalizzazione delle imprese.
Secondo i dati raccolti da Aifi, nel 2016, in Italia il settore del private debt ha registrato una crescita del 65% rispetto all’anno precedente e la raccolta si è aggirata attorno ai 632 milioni di euro. Il settore non ha ancora raggiunto numeri significativi ed è ancora piuttosto ristretto ma questo trend di crescita lascia ben sperare.
Nel corso del 2016 sono stati collocati 221 mini bond per un controvalore di 8,6 miliardi di euro.
I mini bond costituiscono uno strumento di accesso al credito alternativo al sistema bancario per le PMI che necessitano di liquidità per perseguire i loro obiettivi strategici. Sono titoli di debito con un orizzonte di medio-lungo termine attraverso i quali le imprese reperiscono fondi dagli investitori (sia istituzionali che altri soggetti qualificati), dietro il pagamento di un tasso di interesse sotto forma di cedola.
I requisiti tipici di emissione sono un fatturato superiore ai 2 milioni di euro ovvero la presenza di almeno 10 collaboratori dipendenti. Inoltre normalmente il bilancio delle imprese emittenti deve essere certificato da una società di revisione.
Nell’emissione di Minibond, tra le figure chiave spicca il ruolo dell’Advisor, il quale si occupa di supportare l’impresa sin dalla prima fase in cui viene presa la decisione di farvi ricorso, aiutandola ad analizzare e completare il business plan, predisponendo l’information memorandum e definendo con i possibili sottoscrittori le condizioni di emissione dei titoli.
IL CROWDFUNDING
La raccolta di capitali online è ai primordi in Italia ma inizia a rappresentare un’opportunità concreta per le imprese più innovative e capaci di mostrare formidabili opportunità di sviluppo. In particolare per le start-up tecnologiche che per finanziare i loro progetti difficilmente riescono ad accedere a forme di finanziamento più tradizionali o più strutturate.
Si tratta di una forma di micro-finanziamento basato sulla rete internet e che parte dal concetto “bottom-up”, che consiste nel ricorso a piattaforme online che fungono da intermediari tra imprenditori e potenziali finanziatori.
É quindi una forma di accesso a risorse finanziarie perfettamente in linea con l’evoluzione digitale che sta interessando l’attività delle imprese e l’approccio al business e ovviamente si adatta alle imprese che per qualche motivo sono maggiormente in grado di catalizzare l’attenzione dei cibernauti più evoluti che sono normalmente quelli più pronti ad investirvi.
I fundraiser (gli imprenditori interessati a raccogliere fondi) per raggiungere i loro obiettivi tipicamente si rivolgono a una piattaforma specializzata che fornisce un’ampia varietà di soluzioni a disposizione.
Trattandosi di una soluzione recente, per lo più diffusa nei paesi più evoluti, è probabilmente necessario attendere una maggior diffusione di questo strumento, che contribuisce più di ogni altro al processo di disintermediazione bancaria, perché diventi uno strumento davvero utilizzabile dalle imprese che ritengono di averne i requisiti.
SPAC
Le SPAC o special purpose acquisition company sono nuove forme di società per azioni nate una decina di anni fa negli Stati Uniti e il loro successo è stato tale da farle approdare anche in Italia negli ultimi anni.
La SPAC è un veicolo societario di investimento, una scatola vuota insomma nel cui attivo è presente solamente cassa. È costituita con lo scopo di reperire risorse finanziarie sul mercato dei capitali e poi richiedere la propria quotazione in Borsa prima ancora di raggiungere lo scoop per il quale viene generata, che è quello di fondersi con una società target non quotata.
I fondatori detengono tipicamente una partecipazione del 10-20% nella SPAC e ricoprono il ruolo di manager. La loro buona reputazione è fondamentale ai fini del successo dell’operazione.
La SPAC subito dopo essere stata costituita dai suoi fondatori viene quotata sul mercato azionario con lo scopo di reperire liquidità per il restante 80-90% dagli altri sottoscrittori. Il collocamento delle azioni di nuova emissione avviene tramite IPO (initial public offering: l’offerta di pubblica sottoscrizione) e riguarda in genere solo titoli azionari e correlati warrant gratuiti.
Una volta raccolte le risorse finanziarie la SPAC ha a disposizione 18 – 24 mesi (in funzione delle regole che le hanno dato i suoi fondatori) per l’individuazione dell’impresa “target” con la quale celebrare le proprie nozze. Individuata quest’ultima la SPAC avvia il processo di fusione che permette all’impresa selezionata di ottenere le risorse liquide presenti nella SPAC nonché di ritrovarsi quotata alla Borsa Valori.
Si tratta di un veicolo di investimento di tipo “one-shot” in quanto normalmente effettua un unico investimento con il denaro raccolto.
Dopo aver individuato l’azienda target la candidatura di quest’ultima viene sottoposta all’assemblea dei soci della SPAC e, in caso di accettazione da parte dei suoi sottoscrittori, si procede alla fusione tra SPAC e target. In caso contrario, i sottoscrittori hanno facoltà di recedere dall’investimento e il capitale precedentemente investito verrà loro restituito.
I vantaggi della SPAC sono il basso profilo di rischio dal momento che si rivolge ad imprese qualificate per fondersi con un veicolo societario quotato, mentre le potenzialità di profitto per gli investitori dipendono dall’apprezzamento in Borsa dei titoli da essi sottoscritti , dopo la fusione con la società target.
PIR
A partire dal 2017 in Italia sono stati introdotti i PIR o piani individuali di risparmio. Si tratta di una forma di investimento a medio-lungo termine che ha come obiettivo quello di canalizzare parte dei risparmi verso le PMI italiane, nelle quali i PIR devono investire una quota significativa del capitale raccolto (70% di cui il 30% in imprese non appartenenti al Ftse MIB).
I PIR sono gestiti da intermediari finanziari e assicurazioni che hanno il compito di investire le somme ricevute garantendo così la diversificazione del portafoglio.
I PIR prevedono un trattamento fiscale agevolato, infatti se gli investimenti sono mantenuti in portafoglio per almeno cinque anni non verrà applicato alcun prelievo fiscale sul capital gain per il sottoscrittore.
È il primo segnale di un impegno concreto del Governo a favore del mercato dei capitali.
CONCLUSIONI
Come si può notare, le novità introdotte nell’ambito delle fonti alternative di finanziamento sono molteplici e variegate ma per selezionarle e potervi accedere è auspicabile in parallelo anche un cambiamento nella cultura finanziaria d’impresa.
Con l’ausilio di un qualificato advisor finanziario ogni impresa può oggi immaginare di sopperire ampiamente alla minor disponibilità di credito del sistema bancario individuando, tra quelle disponibili, le soluzioni più adatte alle proprie esigenze.
Marta Sironi