Faremo shopping solo su Amazon?

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Negli ultimi tempi c’è allarme generale riguardo alla sopravvivenza dei supermercati e negozi al dettaglio: se il commercio si sposta sullo spazio virtuale c’è ancora ragion d’essere per il commercio “tradizionale”?
E se nessuno occuperà più gli spazi fisici degli empori tradizionali (tanto per le strade del centro città quanto tra i corridoi dei centri commerciali), allora il valore di quegli immobili e di quelle vetrine da essi utilizzati resterà quello di prima?

La prima risposta che viene in mente è che no: il cambiamento non avverrà in un giorno, ma è altrettanto vero che esso è inesorabile.
Così come inesorabilmente la grande distribuzione e la distribuzione organizzata hanno in buona parte soppiantato i negozi alimentari della signora Maria che ricordiamo da bambini, allo stesso modo le edicole dei giornalai stanno progressivamente scomparendo e, quando sopravvivono, vendono soprattutto schede del telefono, coltellini, patatine e biglietti del tram.

 

IL CREPUSCOLO DEGLI EMPORI

Avevamo già vissuto le avvisaglie della fine del commercio tradizionale con la scomparsa (o quasi) dei grossisti, dei negozietti famigliari (rimpiazzati da catene almeno regionali di negozi -nemmeno troppo piccoli- magari con il commesso multilingue).
Avevamo iniziato a fare shopping quasi solo nei centri commerciali e qualche volta anche on-line, magari solo quando volevamo la pizza pronta all’ultimo istante.
Ma adesso sembra proprio che persino i centri commerciali siano divenuti roba del passato, e che se via internet troviamo i migliori prezzi e la scelta più ampia, è solo questione di tempo prima che per la maggior parte delle nostre abitudini di consumo ce ne staremo seduti comodi a casa davanti allo schermo (o altrove in panciolle con il maxi-smartphone in mano).

 

LE IMPLICAZIONI DI VALORE

Cosa significa da un punto di vista finanziario? Che dovremmo vendere i titoli delle aziende commerciali quotate in borsa e comperare quelli di chi produce poltrone e sedute? Che dovremmo attenderci un calo dei valori immobiliari legati alla vendita al dettaglio e un innalzamento di quelli connessi alla logistica e al trasporto verso “l’ultimo miglio”?
Probabilmente sì. Ma non solo.

La verità (completa) è che difficilmente il lusso vero (per quel che ne resterà) sarà venduto dal cellulare senza l’ausilio di splendide commesse nelle vie del centro, che difficilmente l’emozione di entrare da un concessionario di automobili che vi fa provare l’ultimo modello e supervaluta l’usato potrà essere sostituita dalla migliore offerta di un sito cinese che vi offre la Mahindra a prezzi di saldo.

Difficile che l’acquisto dell’ultimo grido di prodotti cosmetici o di lucida-labbra non avvenga ancora in un piacevole salone dove le signore possono prima provarne un paio di dozzine, nelle varie nuances di colore e di profumo…

 

VINCANO I PIÙ SIMPATICI!

In tutti quei casi cioè dove prevale l’interazione umana (e dove ce lo si può permettere), lo spazio virtuale è perdente. L’uomo ha bisogno di trovare calore e “comunità”. L’altro ieri erano: la sezione XY del partito, il bar sport, il circolo cittadino oppure la serata rotariana, domani sarà probabilmente qualcos’altro, ma il bisogno di interagire è innato in noi. “L’uomo è un animale sociale” scriveva Aristotele nel IV secolo avanti Cristo!

Quindi non basta l’esplosione di “pet”, ovvero cani, gatti e altri pelosetti in giro per la casa, spesso al posto dei bambini e degli anziani. Quando usciamo di casa vogliamo incontrare qualcuno, discutere di qualcosa e provare emozioni… tra cui lo shopping!

Alcuni analisti suggeriscono che sarà il concetto di “comunità ” a farsi strada nelle nostre scelte, anche perché in un mondo sempre più complesso ci risulta difficile fidarci di qualcuno.

 

IL FUTURO È DIFFICILE DA GESTIRE

Poi però cercheremo ugualmente di risparmiare (anche perché arrivano cose nuove a risucchiare il nostro budget), cercheremo ugualmente di evitare luoghi noiosi, sporchi o male illuminati o anche solo troppo difficili da raggiungere.

Ma il piacere qualche ora di passeggiata per le vie del centro o dei mall più simpatici, con gli animatori che ci intrattengono o gli spazi-gioco per i bambini probabilmente non scomparirà mai.

Se invece proviamo a gettare uno sguardo nel futuro e più profondo, allora gli oracoli parlano di realtà aumentata e virtuale, di intelligenza artificiale, di robot domestici… potrebbero anche essere cose che arrivano domani mattina ma oggi sarebbe difficile costruirci sopra qualche ragionamento di puro business.
Accontentiamoci allora soltanto della prospettiva (c’è chi è disposto a pagare bene per averne una davanti a casa propria!).

Morale: lo shopping cambia, si virtualizza, è soggetto a selezione naturale e a un processo inesorabile di erosione dei margini unitari. Non c’è dubbio.
E dal punto di vista dei valori in gioco, delle dimensioni aziendali, del prezzo degli immobili non potremo non tenerne conto.

 

MA LA VITA VA AVANTI… E IL COMMERCIO PURE !

Ma la vita va avanti, la selezione severa lascia emergere le catene di dettaglio più simpatiche, più “fidelizzanti” (nessuno ammazzerà mai i “ricchi premi e cotillons”), più pronte all’uso e meno invadenti.

E poi l’economia cresce, il nostro potere d’acquisto (insospettabilmente) pure, e la scelta di articoli e “luoghi” dello shopping che avremo davanti a noi nei prossimi anni è probabilmente destinata ad ampliarsi.
Le nuove generazioni vengono considerate come “native digitali” ma non disdegnano nemmmeno loro le emozioni.
Sono perciò piuttosto sicuro che ci sarà spazio per tutti (coloro che se lo meritano).
Basta riuscire a capire dove e a quali condizioni..!

 
Stefano di Tommaso