A gonfie vele

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Pur tra mille timori il vecchio continente naviga bene

 

Fugati i timori legati al discorso di Mario Draghi (il Governatore della Banca Europea) i dati positivi sulla crescita economica dell’Eurozona sono stati perlopiù osservati sotto un’altra luce: l’inflazione subito dopo quel discorso sembra non preoccupare più nessuno (almeno per il momento, sino a quando non arriverà a mordere davvero il freno) e nel frattempo le revisioni al rialzo delle attese di crescita per l’anno in corso (poco meno del 2% di incremento del Prodotto Lordo) forniscono motivi di euforia ai mercati e alle quotazioni di banche, assicurazioni e servizi finanziari.

Draghi insomma è stato cauto ma ottimista ed è stato preso molto sul serio dai mercati, che hanno potuto celebrare così l’ennesimo successo di uno dei migliori banchieri centrali degli ultimi decenni.

I FATTORI DI OTTIMISMO

Questa volta sembra che oltre al dato (vero) sull’inflazione, anche un certo numero di ulteriori fattori positivi (da verificare) stiano congiurando per assicurarci una prima parte del 2017 relativamente in discesa, elezioni europee permettendo :

– Un Dollaro non troppo precipitoso (nonostante i ripetuti rialzi dei tassi annunciati) nel rivalutarsi sull’Euro;

– Un petrolio che difficilmente sfonderà soglie critiche, dato l’eccesso di offerta che ancora si riversa sulla relativamente scarsa domanda industriale ;

– Una moderata ripresa dei prezzi delle materie prime alimentari e il conseguente vantaggio per i Paesi Emergenti e i loro mercati finanziari;

– La miglior capacità degli stessi di pagare investimenti ed importazioni “made in Europe” crea una dinamica più che positiva per le imprese esportatrici ;

– L’assimilazione delle nuove tecnologie nelle imprese europee crea efficienza e produttività (già verificate negli USA dove sono arrivate in anticipo);

– La speranza che venga varato un programma di investimenti in infrastrutture comunitarie;

– L’ipotesi che in Italia parta un programma “tagliadebito” che scongiuri il peggioramento del rating nazionale.

Non è eccessivo ottimismo. È semplicemente (nonché sorprendentemente) la realtà dei fatti: il barometro dell’Eurozona sta salendo, con buona pace per tutte le polemiche che impazzano e per i Paesi come la Grecia (e in parte anche l’Italia) che, gravati da una serie di problemi, rischiano di non accorgersene nemmeno!

I MOTIVI DI FONDO

La prima causa ovviamente è l’innestarsi di un nuovo e più robusto ciclo positivo a livello mondiale, dopo che l’esaurimento del precedente, più timido e incerto, sembrava condurre verso una nuova recessione globale.
Scongiurato il pericolo invece, ogni indicatore sembra oggi mostrare che siamo entrati in un nuovo periodo di crescita.

La seconda è la pesante eredità del recente passato: rispetto alle dinamiche economiche di Asia e America, l’Europa ha vissuto un ritardo che ora sta recuperando. Lo stesso vale per le borse e per i tassi di interesse. Meno per l’inflazione, dal momento che la forte tassazione continentale non può che limitare decisamente la ripresa dei consumi.

I “CAVEAT”

Ovviamente l’ottimismo che si registra tanto sui mercati finanziari quanto tra le imprese va soppesato: la storia ci insegna che non esistono le favole a lieto fine. Ci sono invece molti possibili eventi che potrebbero rovinarci la festa:

– Una bella crisi di fiducia nel mercato americano: gli indici di Wall Street sono sostenuti dal buon andamento di pochi fortissimi titoli. Non si può escludere alcuna sorpresa anche perché la borsa non può salire sempre. Le conseguenze in termini di fiducia nella ripresa si ripercuoterebbero in tutto il mondo;

– Una crisi politica U.S.A. potrebbe fare anche peggio: se si legge la stampa, si capisce che sono molti quelli che vorrebbero tendere una trappola a Donald Trump e bloccare sul nascere le sue riforme;

– Il prevalere dei falchi tedeschi nel determinare le prossime politiche monetarie europee può ridurre o azzerare le prospettive di crescita e spaccare politicamente l’Unione;

– L’insorgere di nuovi conflitti in giro per il mondo o più semplicemente una recrudescenza del terrorismo può far rimandare gli investimenti previsti, pregiudicando le prospettive;

– Nuovi problemi del sistema bancario cinese, da tempo in situazione di precario equilibrio, potrebbe provocare una svalutazione del Renminbi e una riduzione della competitività delle imprese europee, oltre che innescare una nuova guerra delle valute;

– Il “contagio” di nuovi problemi economici nei Paesi Emergenti, vuoi per un Dollaro troppo forte, vuoi per un’eccessiva discesa dei prezzi di petrolio e materie prime, pregiudicherebbe anch’esso le esportazioni europee.

NESSUNA CERTEZZA DUNQUE MA SOLO UNA BUONA CONGIUNTURA

Il positivo momento congiunturale andrebbe colto per rinsaldare i bilanci pubblici, per ridurre i debiti, per riformare le normative eccessivamente burocratiche di tutta l’Unione. In fondo le politiche monetarie attuate dovevano servire a questo: guadagnare tempo per promuovere le riforme. Ma non v’è alcuna certezza che i governi in carica lo faranno davvero.

Ciò nonostante, anche grazie all’abbondante liquidità ancora immessa dalla Banca Centrale Europea, tra le borse si festeggia allo scampato pericolo di una nuova fiammata inflazionistica.
Poi nel prosieguo si vedrà meglio se sarà stato giusto dare credito al cauto ottimismo di Draghi.
E come si potrebbe -d’altronde – fare diversamente?

 

Stefano di Tommaso