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Giappone: disoccupazione ai minimi storici

Il tasso di disoccupazione in Giappone per il mese di Gennaio è sceso al 3% della forza lavoro, ben al di sotto di quel 4% che da decenni gli economisti definiscono “tasso di piena occupazione ” a causa di tutti i fattori distorsivi che impediscono di azzerare completamente il numero di quelli che cercano lavoro (quantomeno per il fatto che lo stanno cambiando o che non sono idonei).

Gli analisti anzi prevedono che esso possa scendere ancora al 2,5% entro il prossimo anno.

Per fare un paragone, gli U.S.A. stanno avvicinandosi al 4% e la Federal Reserve teme che il “surriscaldamento” della dinamica salariale possa determinare un forte incremento dell’inflazione. La cosa è avvalorata da un altro dato statistico che da noi sarebbe inconcepibile : il numero di posti di lavoro disponibili per ogni 100 giapponesi occupati è pari a 143 in Gennaio! Cioè c’è per essi il 43% di posti in più di quanti ne cerchino.

Ma il vero dato da analizzare come sempre non è quello della disoccupazione (strombazzato dai media) che dipende troppo dall’iscrizione o meno dei disoccupati nelle liste di ricerca del lavoro (gestite dalla mano pubblica), bensì quello dell’occupazione: più mezzo milione di occupati negli ultimi 12 mesi, per giungere al mirabolante numero di quasi 65 milioni di persone che lavorano! Su un totale di meno di 130 milioni fa più o meno esattamente la metà.

Qui si impone un paragone con il nostro sonnolente Paese, nel quale vivono poco meno della metà del numero dei cittadini giapponesi (poco più di 60 milioni)ma lavora solo un terzo di quel numero: circa 22 milioni di persone.

Dunque non soltanto la disoccupazione in Giappone è quasi “negativa” ma è soprattutto l’occupazione che va a gonfie vele. In un paese che non ha quasi immigrazione questo significa addirittura necessità di stimolare la crescita della natalità. Cosa che peraltro il governo sta facendo in ogni modo.
Anche il numero di lavoratori stranieri sta crescendo fortemente in Giappone, ma conta per poco più dell’1,6% : circa un milione.

Ma nonostante tali numeri mirabolanti le paghe sono cresciute meno del 2% e addirittura la spesa media per nucleo familiare si è leggermente ristretta nell’ultimo anno, rimanendo poco sopra i duemila euro, al netto però di una consiste svalutazione dello Yen.
Conseguentemente l’inflazione in Giappone è più bassa che in tutti gli altri paesi industrializzati, cioè quasi inesistente, ancora lontana dunque da quel 2% che resta l’obiettivo del governo per fine 2017.

Un’ulteriore buona notizia per l’andamento dell’economia mondiale e niente paura per il Giappone, che mostra anzi segnali di una certa vitalità nell’economia, ma anche di molta più armonia che non nei paesi occidentali, pressati da migrazione, tensioni sociali e maggior difficoltà nella ricerca di un posto di lavoro.

Non stupisce che il governo di Abe goda ancora di ottimo consenso: la politica locale si concentra sui fatti e sarebbe fortemente disapprovata se alzasse il tono delle polemiche con l’opposizione.

Un modello sociale da prendere ad esempio per noi occidentali, che invece nel nostro intimo continuiamo a considerarci superiori!
Stefano di Tommaso