Italia: beata inflazione, san dollaro e san petrolio la proteggono

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La congiuntura economica che si può osservare nel primo scorcio di Marzo di quest’anno può far pensare che una serie di circostanze giochino in termini positivi per aiutare l’economia italiana ben al di là delle scarse attese che si leggono sulla stampa. Parafrasando una vecchia allocuzione (in voga negli anni ottanta), mi sono permesso di imputarne il merito a tre santi in paradiso che potrebbero involontariamente regalarci “o’miracolo”: il risveglio dell’attività economica non soltanto nel nostro Paese ma anche nell’intero continente.

SAN DOLLARO

Il primo risultato del pronosticato aumento dei tassi di interesse, annunciato per le idi di Marzo dalla governatrice della Federal Reserve Bank of America, è stato infatti e potrebbe essere ancora un rialzo del biglietto verde.

Il Dollaro potrebbe essere ulteriormente premiato tanto perché è oramai l’unica e incontrastata valuta di riserva, dopo le scarse performances e l’accresciuta volatilità delle sue più dirette concorrenti, quanto perché l’America vanta mercati finanziari ancora una volta orientati a nuovi record e un’economia che nel 2017 è attesa migliorare decisamente rispetto al magro risultato di crescita dell’1,6% nel 2016.

La svalutazione dell’Euro nei confronti del Dollaro può avere per noi dunque un effetto mediamente positivo, perché aiuta a rilanciare la parte dell’economia continentale che “tira” di più: le esportazioni, dal momento che i consumi invece ristagnano più del previsto in Europa.

BEATA INFLAZIONE

Ma dal punto di vista dell’andamento economico europeo non è escluso che il generalizzato riaccendersi delle aspettative di crescita dei prezzi non possa donare nuovo slancio al mercato immobiliare, ai beni di consumo durevole, e sinanco alla spesa per consumi, controbilanciando gli effetti negativi che possono avere i maggiori prezzi delle importazioni sul paniere di spesa.

Il fenomeno dell’inflazione -quantomai controverso quanto ai suoi effetti in letteratura economica- è stato additato in passato come fattore di sconvolgimento della pianificazione di investimenti e politiche salariali, è invece salutato oggi (e solo per il momento) come una bellissima notizia, perché scaccia definitivamente l’ipotesi di una deflazione endemica che era vista come la causa principale del crollo della spesa per investimenti.
Sono in tal modo rimossi i fantasmi delle varie ipotesi di stagnazione secolare, legate al calo demografico e al raggiungimento di una fase di maturità per le economie occidentali (sino a ieri agitati da vari economisti).

Se vogliamo essere più precisi il processo di santificazione dell’Inflazione è ancora in corso, dal momento che essa può contribuire ad accelerare l’abbandono del Quantitative Easing Europeo e conseguentemente dell’ombrello della Banca Centrale Europea, che sino ad oggi ha garantito il buon esito delle nostre emissioni di titoli di stato alla scadenza di quelli precedenti. Tale evento rinforzerebbe i dubbi circa la capacità del Bel Paese di sostenere il proprio debito pubblico e potrebbe invece provocare una nuova tornata fiscale, con evidenti effetti depressivi sull’economia.

SAN PETROLIO

Al momento però le attese di risveglio dell’inflazione non hanno turbato più di tanto la bolletta petrolifera (e quella del gas, ad essa strettamente collegata) che il nostro Paese paga per non esserne produttore, a causa di almeno due fattori :
– Innanzitutto esiste una grande riserva di pozzi di petrolio con elevato potenziale che oggi non sono sfruttati per evitare di farne affluire troppo sul mercato. Ma qualora il suo prezzo si risvegliasse, quell’ulteriore capacità produttiva avrebbe immediatamente l’effetto di calmierarlo di nuovo.
– In secondo luogo oramai i costi di produzione delle energie derivanti da fonti rinnovabili sono scesi a tal punto da poter competere con quelli del greggio anche senza gli incentivi fiscali. Il settore può inoltre vantare un numero di nuovi impianti di produzione in costante espansione.
– In terzo luogo l’incremento dei tassi di interesse e quello del dollaro, la valuta in cui è negoziato il petrolio, hanno un effetto calmieratore sui suoi prezzi.

Per quanto sopra si può ragionevolmente prevedere che il Petrolio potrà restare a lungo nel “tunnel” di 45-55 dollari al barile (WTI) nel quale è entrato da più di un anno a questa parte e, sinanco nel caso in cui la crescita delle aspettative economiche potesse arrivare a rilanciarne la speculazione, difficilmente sfonderebbe a lungo la soglia dei 60 dollari.

Non c’è dunque da attendersi troppo una nuova fiammata speculativa come accadeva in passato quando c’erano segni di un risveglio della domanda di petrolio. È più probabile che il mercato sia sufficientemente maturo per assicurare uno sviluppo molto più rilassato dell’incontro prospettico tra domanda e offerta.

MORALE (NECESSARIA, DISCORRENDO DI SANTI)

L’andamento economico dell’Italia come sempre corre tanti rischi, vuoi per la debolezza strutturale del nostro sistema industriale, vuoi per l’eccessiva dipendenza dalle perturbazioni del mercato finanziario, cui è appeso l’ingente debito pubblico.

Ma questa volta la congiuntura può riservare più di una sorpresa positiva per il nostro Paese, sebbene si possa seriamente dubitare che -se dovesse arrivare- sarebbe colta al volo dai nostri arguti politici per avvantaggiarsene nella prospettiva di un riassetto complessivo.

Godiamoci perciò il presente. Dal momento che, con la schiarita in corso delle nubi che si addensavano sull’Italia, le imprese esportatrici possono sperare di rafforzarsi e le spese per investimenti potrebbero vedere un bel rimbalzo, senza un forte rischio di aggravio della bolletta energetica, che potrebbe guastarci la festa.
«Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza»
cantava Lorenzo de’ Medici, nella canzona di Bacco, all’alba del sedicesimo secolo.

Dio volesse che per qualche altro secolo ancora l’Italia possa allegramente continuare a farlo!

 

Stefano di Tommaso