Nuovi modelli di business nell’abbigliamento americano

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Negli USA la maggior parte dei grandi operatori della distribuzione al dettaglio dell’abbigliamento sta incontrando serie difficoltà. Diverse grandi catene -di un certo standing e ben affermate nel mercato- stanno orientandosi a ridurre il numero dei loro punti vendita, se non addirittura a chiudere completamente i battenti e a sottoporsi alla “bankruptcy reorganization”, una specie di concordato preventivo.

Numerosi i casi di crisi, dal più noto e recente: quello della catena di abbigliamento di fascia medio-alta BCBG di Max Azria, che secondo un recente articolo di Reuters

(http://www.reuters.com/article/us-bcbgmaxazria-bankruptcy-idUSKBN16401N))

è in procinto di fallimento a: The Limited, Aeropostale, American Apparel e Wet Seal che hanno incontrato destini comuni a causa del cambiamento in atto.

I NUOVI CONSUMATORI

Ciò che sta alla base della crisi è la revisione delle abitudini del consumatore moderno, che ha rimodulato la sua “scala delle priorità” e le sue preferenze.
Innanzitutto al giorno d’oggi i nuovi consumatori (i cosiddetti “millennials”) prediligono la tecnologia, la cui spesa ha un ruolo predominante rispetto ad ogni altro settore di consumo. Inoltre essi preferiscono gadgets ed “esperienze” come, ad esempio, i viaggi, ai primi posti della classifica.

Secondo gli ultimi dati disponibili al Bureau of Labor Statistics la spesa annua media dei cittadini statunitensi per l’abbigliamento è di $1.846, mentre quella per l’intrattenimento, nella sua nozione più ampia, è circa mille dollari più alta.

L’E-COMMERCE E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Altra minaccia per i tradizionali negozi d’abbigliamento “brick-and-mortar” (cioè caratterizzati dall’esistenza di strutture fisiche, in cui i clienti posso recarsi di persona per vedere ed acquistare i prodotti) è l’e-commerce. I suoi numerosi vantaggi, dalla convenienza economica alla comodità, fanno sì che la quota di acquisti online effettuata dai consumatori stia incrementando velocemente.

Fare shopping online è più comodo per diversi motivi fra cui: risparmio di tempo e stress, ma soprattutto si tratta di un negozio virtuale aperto 24 /7, cioè sempre disponibile per il consumatore.
Infatti il settore dell’ “online apparel” (vendite di abbigliamento su internet) risulta decisamente in crescita come dimostra un report di eMarketer del 2015 a spese della distribuzione tradizionale.

Di seguito il collegamento alla ricerca citata:
https://www.emarketer.com/Article/Apparel-Retailers-Ecommerce-Direct-Marketers-Dominate/1012671

In aggiunta bisogna considerare la generale situazione di crisi economica derivante da quella finanziaria del 2008 che ancora oggi lascia i suoi segni sul consumatore medio.

Alcuni articoli citano anche l’influenza delle condizioni climatiche: il riscaldamento globale farebbe ridurre gli acquisti dei capi più pesanti quali cappotti, maglioni, ecc. Ma questo non può avere un’incidenza così elevata.

I RECENTI CASI DI CRISI

1) BCBG di Max Azria

Fondata nel 1989 dal disegnatore Tunisino Max Azria a Los Angeles, BCBG produce linee di abbigliamento alla moda, di qualità e a prezzi medi. Ha goduto di un’ottima crescita durante i suoi primi anni, vantando una certa visibilità grazie ad attrici statunitensi che indossavano gli abiti del Gruppo. Ha fatto anche alcune acquisizioni, fra cui quella del famoso stilista francese Hervé Léger nel 1998. Negli ultimi anni però una serie di circostanze le sono risultate fatali: innanzitutto l’impatto negativo della crisi finanziaria del -2008 sui consumi ha causato una riduzione del fatturato, poi la crescita smodata del numero dei magazzini (circa 570 in tutto il mondo, di cui 175 negli USA) e dei costi di gestione ad essi connessi, combinati con una cattiva gestione finanziaria (elevati livelli di debito) l’hanno condotta al fallimento. Nel 2013 vi erano voci di una possibile vendita del Gruppo per un valore di $1 miliardo, due anni dopo BCBG Group ha ristrutturato il suo debito e ottenuto un’iniezione di cassa di $135 milioni da investitori fra cui Guggenheim Partners, la compagnia di servizi finanziari che oggi detiene una rilevante quota del Gruppo.

2) The Limited

La società è stata fondata nel 1963 a Columbus in Ohio, produceva abbigliamento formale per donne ad una fascia di prezzo modesta. Ultimamente aveva incontrato seri problemi di decrescita delle vendite ed elevati livelli di debito. Nel 2007 a seguito di uno spin off dalla holding L Brands, era stata comprata per il 75% attraverso un’operazione di LBO dalla società di private equity Sun Capital Partners, che ne ha anche acquisito il controllo totale tre anni dopo.

Tuttavia il cambio della guardia non è bastato, nel corso del 2016 The Limited ha chiuso tutti i 250 negozi negli Stati Uniti e nel Gennaio 2017 e ha richiesto la protezione dai creditori appellandosi al cosiddetto Chapter 11 della legge fallimentare americana (simile all’ articolo 182bis della nostra).

3) Aeropostal

Il brand è nato negli anni ’80, lanciato da R.H. Macy & Co. (oggi Macy’s, catena della grande distribuzione statunitense) e produce abbigliamento casual per teenagers. Per quest’azienda la concomitanza dell’avvento dell’ Internet shopping, delle preferenze per il fast fashion e di una cattiva gestione finanziaria sono state la causa dei suoi ultimi tre anni di perdite e della conseguente richiesta di protezione secondo il Chapter 11 nel Maggio 2016.

Sembra vi siano stati anche conflitti di interesse a livello di vertici aziendali che hanno influito negativamente sulla performance aziendale. La società era stata quotata nel 2002 al NYSE e ad Aprile 2016, è stata delistata a causa del valore molto basso raggiunto dalle sue azioni.

La compagnia ha chiuso nel corso del 2016 ben 154 negozi, degli 811 da lei operati e ha comunicato che entro sei mesi sarebbe ritornata ad operare attraverso una ristrutturazione e un ridimensionamento del proprio modello di business, quale obiettivo della bankruptcy law.

LA NUOVA SFIDA DELLA DISTRIBUZIONE NELL’ ABBIGLIAMENTO: REINVENTARE IL MODELLO DI BUSINESS

Anche altre catene della grande distribuzione stanno soffrendo, annunciando tagli e chiusure di negozi. Per esempio Macy’s ha annunciato che chiuderà 100 negozi nell’anno, Sears Holding chiuderà 150 negozi mentre Amazon sta aumentando il numero degli impiegati più del 50% per velocizzare le spedizioni.

Oggi il consumatore attuale ricerca flessibilità e valore. La prima viene normalmente meglio soddisfatta con lo shopping online mentre la seconda con l’ “off-price concept” (in Italiano potremmo tradurlo con “formato convenienza”). Quest’ultimo non è un concetto nuovo. Già agli inizi della seconda metà del 1900 TJX lo aveva introdotto, si tratta di vendere prodotti di marca a prezzi scontati nella misura del 20-60% acquistati a seguito di residui di magazzino, errori di ordini di fabbricazione oppure del mancato riscontro di una linea di prodotti nei confronti dei gusti dei consumatori.

È proprio nel settore dell’abbigliamento che l’off-price riscontra grande diffusione. Come risulta in un articolo della società di ricerche di mercato “The NPD Group”, il 75% dei consumatori del settore abbigliamento è costituito da coloro che acquistano in negozi come TJMax e Ross, oramai leader incontrastati di questo mercato.
Secondo Marshal Cohen, chief industry analyst a NPD, l’off-price è secondo solo all’e-commerce in termini di tassi di crescita.

Di seguito il link all’ar citato:
https://www.npd.com/wps/portal/npd/us/news/press-releases/2016/two-thirds-of-all-retail-shoppers-shop-off-price-reports-npd-group/

DUE CASI DI SUCCESSO NELL’OFF-PRICE RETAIL

A) TJMaxx

La catena di negozi è parte del Gruppo TJX Companies, il quale fonda le sue radici nel 1919 quando i fratelli Max e Morris Feldberg fondarono la New England Trading Company a Boston, che diventò trent’anni dopo Zayre, una catena di discount. A seguito di una serie di acquisizioni e la realizzazione di piani di internalizzazione,

TJX Companies oggi è leader nel settore dell’off-price retailing apparel e home. Il Gruppo vanta 1.156 negozi a insegna TJMaxx e 1.007 Marshalls negli USA e una presenza internazionale con negozi in Canada, Australia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Germania, Austria e Polonia grazie alle società TJX Canada e TJX International, pioniere nell’off-price retailing all’estero.

TJMaxx insieme a Marshalls rappresentano il business segment “Marmaxx” del Gruppo, il quale nel 2016 ha registrato un fatturato di venti miliardi di dollari, con una crescita del 7% rispetto al 2015.
La mission aziendale parla chiaro: “delivering value” in cambio del denaro speso bene.

B) Ross “dress for less”

Fondata nel 1950 a Dublin in California da Morris Ross, oggi è leader nel settore off-price retail per l’abbigliamento e vanta ben 1.342 negozi negli USA. Ross Inc. ha inoltre lanciato nel 2004 dd’s DISCOUNTS che ha fasce di prezzo ancor più modiche rispetto a Ross.

Nel 2015, ha raggiunto i dodici miliardi di dollari di fatturato, con una crescita del 4%. Nei primi nove mesi del 2016, le vendite sono cresciute dell’8% a quasi dieci miliardi di dollari nell’infraperiodo. In termini prospettici, la società pianifica di espandersi ulteriormente nel territorio statunitense raggiungendo i 2.500 punti di vendita e circa venti miliardi di dollari.

LE CHIAVI DEL SUCCESSO

Per entrambe, la chiave del successo è un nuovo e diverso modello di business, imperniato sulla diffusione capillare, sulla presenza anche online, sulla flessibilità e sulla convenienza. Esso si esplica in: cogliere le opportunità d’acquisto (gli “affari”), gestire efficientemente le scorte, offrire formule di prezzo convenienti e razionalizzare i propri costi operativi.

Tutte cose che vengono ovviamente molto meglio quando le dimensioni aziendali non sono piccole.

E probabilmente è ciò che molti operatori dovranno fare presto anche in Europa!

 

Vittoria Roà