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La difficoltà del dialogo post-guerra fredda

Sono in molti a chiedersi quali conseguenze avrà nel mondo l’evoluzione del dialogo tra i due Paesi dopo l’elezione di uno dei Presidenti più desiderati dagli storici avversari dell’America di Obama e più avversati nella lotta politica interna.

Donald Trump potrebbe rappresentare una discontinuità nei rapporti tra le due superpotenze militari ma costituisce anche un’incognita nel suo modo di guardare al resto del mondo se si ripensa a slogan come “Prima l’America” e alle fortissime resistenze da parte dell’establishment che sta incontrando nel lasciargli prendere in mano le leve di comando della nazione.

Certo i recenti e reiterati attacchi che numerosi “media” di tutto il mondo occidentale hanno portato contro il Presidente Trump a proposito della sua reciproca simpatia con la Russia di Putin costituiscono indubbiamente un macigno che va a ostacolare non poco la positiva evoluzione dei rapporti tra gli Stati Uniti America e la Federazione Russa.

Ed è basandosi su questo presupposto che dobbiamo analizzare la possibilità che un giorno il dialogo arrivi a venire recuperato tra le due superpotenze militari del mondo, nell’interesse superiore dell’umanità intera, della pace globale e della possibilità che un’effettiva collaborazione possa giocare un ruolo di dissuasione nei confronti di tutti gli altri paesi che volessero contribuire ad accendere nuove guerre o a rinfocolare conflitti locali.

CHI SI OPPONE AL DIALOGO

Molte iniziative sono in cantiere per provare a dimostrare il coinvolgimento dell’intelligence russa nella campagna elettorale a favore di Trump, così come molti sospetti sono stati levati in direzione di possibili interessi privati di Trump riguardo al flusso di commercio internazionale che potrebbe riaprirsi con la Federazione Russa al cadere delle attuali sanzioni.

Chi poteva nutrire un interesse pratico a ostacolare tale dialogo, nell’alimentare quei sospetti di tradimento nazionale da parte di Donald Trump ha fatto una mossa degna di un grande maestro di scacchi. Il Presidente aveva giocato le sue carte elettorali proprio in direzione di un nuovo orgoglio nazionale ed è perciò per lui insostenibile la prospettiva di essere accusato di tradire la bandiera perché metterebbe a rischio la sua credibilità. Egli farà dunque tutto quanto nelle sue facoltà per non essere smentito proprio sulle note del patriottismo.
Per lo stesso motivo non può nemmeno immaginare di prendere l’air force one e recarsi in visita diplomatica a Mosca da un giorno all’altro senza scatenare nuovi dubbi sul supporto ricevuto alle elezioni piuttosto che sui suoi presunti interessi personali.
Sino ad oggi non lo ha fatto e nemmeno ne ha annunciato la volontà.

Letta in filigrana l’operazione di discredito mediatico di Trump rivela molto dei suoi ignoti registi: a chi può convenire promuovere il partito della guerra e la mancanza di coordinamento delle grandi superpotenze nei confronti dell’intero terzo mondo?
Sebbene non sia difficile rispondere, resta arduo immaginare l’immensità di risorse in gioco per riuscire a lanciare una campagna mediatica così in grande stile !

Anche questo aspetto può aiutare a identificarne le menti. Non certo una mera setta politica o soltanto un circolo di illuminati degno delle pagine di Dan Brown, bensì un importante gruppo di pressione con forti interessi nell’industria militare, dell’energia e delle materie prime, che ha interesse a veder aumentare il budget di spesa militare ma al tempo stesso vorrebbe veder crescere le tensioni e i conflitti locali lasciando Washington al centro del mondo mentre la figura del presidente americano viene piano piano sminuzzata e appannata dalle bordate di stampa, opinionisti e avversari politici.

LA MINACCIA DEI CONFLITTI LOCALI

Viceversa una riapertura del dialogo est-ovest potrebbe aiutare molto il contenimento dei conflitti locali, sopratquelli legati al petrolio e al medio oriente, ristabilendo un ordine globale e il predominio della politica e della diplomazia sul mercantilismo.

Esistono però oggettivi vincoli riguardo all’allineamento degli interessi russo-americani, a partire dalla necessità di non ferire l’orgoglio e la retorica politica delle schiere di stati satelliti che ciascuna delle due superpotenze ha tenuto a supportare per decenni al proprio fianco. Ogni mossa verso il disgelo dovrebbe risultare in una attenta miscela di distinguo affinché non venga a mutare la reciproca sfera di influenza.

Sul fronte opposto però a entrambe le superpotenze potrebbe far comodo vedere risalire il prezzo del petrolio (e del gas) di cui sono grandi produttori, veder limitare il terrorismo internazionale di cui sono entrambi possibili vittime, di veder arginare la marea crescente di espansionismo commerciale e militare cinese che può strappare loro una fetta sempre maggiore di influenza politica in Asia e Africa.

La Cina emerge infatti dal primo scorcio di secolo come la più grande potenza economica asiatica, da sempre in contrapposizione al Giappone che ha sviluppato invidiabili ricchezze e raffinate tecnologie ma che appare come un microbo al confronto geopolitico ed è sempre stato su posizioni opposte praticamente in qualsiasi direzione.
Quello di Cina e Giappone è solo un esempio delle miriadi di micro conflittualità che potrebbero risvegliarsi dall’affievolimento dell’ordine attuale e che viceversa rimarrebbero asfittici qualora le due grandi superpotenze giungessero a collaborare.

Negli anni della guerra fredda quasi nessun conflitto locale si era sviluppato evolvendo a vera e propria guerra. a causa della forte tensione bipolare USA-Russia che aveva costretto tutti gli altri paesi ad allinearsi all’una o all’altro polo. Con il disgelo abbiamo assistito a numerosi focolai di guerra che hanno travalicato i limiti locali.
Una nuova stagione di cooperazione potrebbe rendere più credibile il ruolo di poliziotto globale che oggi solo gli Stati Uniti d’America si sono arrogati.

I veri oppositori a tale dialogo sono però al loro stesso interno, dal momento che al loro governo non vi sono monolitiche dittature bensì un coacervo di interessi e di orientamenti che, almeno nel caso degli USA, non forniscono a chi è al vertice un potere assoluto, anzi.
Diversa è la situazione di Mosca, dove Putin non ha quasi oppositori, ma dove in cambio non esiste nemmeno lo stesso fermento economico, tecnologico e commerciale che esiste in America o anche in Cina.

IL PANORAMA GEO-POLITICO
Nella Federazione Russa molte delle funzioni primarie della società civile sono assolte da organismi e aziende di stato e il controllo di quasi tutto è di natura schiettamente politica, cosa che impedisce una sana concorrenza.
Nell’Unione Europea le divisioni prevalgono sulla coesione politica ma l’economia corre ed è il bacino nel quale si è sviluppato il mondo che oggi prevale. Essa è pertanto oggetto di possibile contrapposizione di interessi tra le superpotenze che potrebbero aggiudicarsene i brandelli.
Nella Repubblica Popolare Cinese la situazione è soltanto relativamente simile, perché essa ha sviluppato un germe di capitalismo e si è aperta di più agli investimenti stranieri e l’economia cresce di conseguenza ad un ritmo ben superiore.
Negli Stati Uniti d’America esistono invece moltissimi gruppi economici e moltissime scuole di pensiero (solo in parte localizzate nelle università e nei centri di ricerca) e, nonostante l’economia americana non cresca in termini nominali quanto quella cinese, essa è il crogiolo di nuove idee, iniziative e cultura. Questo porta a talune forti contrapposizioni politiche e a far temere che la democrazia al suo interno potrebbe non superare di molti gli attuali due secoli di permanenza. Ciò nonostante l’America ha sempre supportato i suoi interessi economici con un notevole predominio militare e tecnologico.

NON CI SONO ALTERNATIVE

Eppure, nonostante una loro leadership in quasi tutti i campi dello scibile che negli ultimi anni si è soltanto rafforzata, gli USA non possono pensare di guardare solo a sé stessi bensì devono poter contare su un equilibrio globale la cui mancanza eroderebbe alle fondamenta i suoi successi. Né possono immaginare di restare a lungo gli unici poliziotti dell’ordine mondiale, senza tenere conto della demografia (a loro sfavore) e del fatto che le nascenti superpotenze potrebbero coalizzarsi a discapito della supremazia americana.

Ecco dunque che il più simile a lei degli avversari (la Russia) può giocare un ruolo molto importante nel definire il futuro dell’America, così come può cercare negli altri un partner importante, contribuendo a ridefinire l’equilibrio globale.
Stefano di Tommaso