1

Il paradosso del sistema bancario tedesco

L’economia globale non si è mai ripresa del tutto dallo shock del 2008 nè, a maggior ragione, si è mai risollevato granché il commercio internazionale dopo quel periodo, anche a causa di molti altri fattori che ne hanno ridotto stabilmente i volumi.

In tale situazione il settore dei trasporti navali non ha tardato a confrontarsi con una crescente concorrenza e con prezzi dei noli in deciso ribasso. L’offerta sul mercato internazionale ha semplicemente prevalso con preponderanza sulla domanda, portando le aziende di trasporto meno grandi e meno competitive al tracollo dei propri margini.

In particolare l’Europa ha tardato più di altre zone a riprendersi dal crollo del commercio globale e uno dei modi in cui la Germania ha pensato bene di rispondere alla crisi è stato proprio quello di incrementare le proprie esportazioni al di fuori del vecchio continente.

Le spedizioni navali da quel Paese dunque hanno sofferto decisamente di meno di quelle di altri e anzi, la minore incidenza dei costi di trasporto sembrava favorire l’aggressiva politica di incremento delle esportazioni tedesche.

Tuttavia questo ha fatto credere alle grandi compagnie navali -soprattutto tedesche- di poter godere di un proprio vantaggio competitivo, da utilizzare per spiazzare la concorrenza internazionale anche a causa della concomitanza di tassi di interesse prossimi allo zero, per finanziare la costruzione di gigantesche nuove navi porta-container con costi impliciti di esercizio significativamente più bassi.
Anche l’apertura del nuovo canale di Panama giustificava questa mossa lasciando ritenere che l’intero sistema avrebbe raggiunto un’efficienza molto maggiore.

La strategia suddetta però si basava su un assunto, in generale quantomai ovvio, riguardante la -seppur prolungata- temporaneità del calo del commercio internazionale. Non il suo crollo strutturale che stiamo oramai registrando.

Negli ultimi anni perciò il settore del trasporto navale internazionale, invece di ridurre il numero di navi in circolazione in attesa di caricare merci, lo ha visto incrementare.
Con l’ovvia conseguenza di una letale guerra dei prezzi, che hanno toccato il loro minimo storico verso la metà del 2016, anno in cui persino i grandi nomi storici dello shipping come Maersk o Cosco hanno registrato perdite record!

Dunque ciò che è stato positivo per l’industria tedesca (minore incidenza dei costi di trasporto sulle vendite internazionali e un avanzo primario delle esportazioni sulle importazioni di 270 miliardi di dollari nel 2016) non lo è stato invece per le banche tedesche, molte delle quali sono risultate decisamente esposte a gravi perdite proprio sullo shipping.

Le compagnie tedesche di trasporto controllano infatti quasi un terzo della capacità di trasporto globale su container, mentre le banche tedesche sono esposte su più di un quarto di tutti i crediti navali concessi nel mondo (circa 90 miliardi di dollari). Una cosa coerente con il fatto che il prodotto interno lordo tedesco si regge per il 47% sulle proprie esportazioni, ma tale da destabilizzare non poco la solidità del sistema bancario.

Prima la Deutsche Bank poi la Commerzbank hanno già annunciato pesanti perdite economiche nel settore del finanziamento navale, ma c’è da attendersi che esse si estendano a banche più piccole come DekaBank, che ha già annunciato una cospicua riduzione dei profitti 2016 a causa degli accantonamenti necessari per le perdite sul comparto navale.
Altre banche tra le medie e grandi hanno registrato problemi nel medesimo settore già negli anni precedenti, come ad esempio DVB Bank e HSH Nordbank.

E dopo di ciò non è più così certo per il mercato che le perdite e gli accantonamenti dichiarati dalle banche tedesche corrispondano all’entità completa delle perdite realizzate.

Un servizio televisivo recente, per esempio, ipotizzava un intervento pubblico di almeno 20 miliardi di euro a favore delle banche delle regioni settentrionali della Germania, le più esposte ai rischi derivanti dalle garanzie concesse sul credito navale.
Un numero molto diverso dal totale delle perdite e degli accantonamenti dichiarati !

Una bella grana per quei politici tedeschi che continuano a mostrare il grugno duro in sede Europea quando si parla di trasparenza…
Stefano di Tommaso