Le boutiques finanziarie hanno cambiato (in meglio) il mercato delle fusioni e acquisizioni
Un recente articolo del Financial Times racconta, numeri alla mano, che negli ultimi tempi le boutiques di M&A (fusioni e acquisizioni) hanno migliorato le loro performances in paragone alle grandi banche d’affari internazionali, guadagnandoci e fornendo una serie di vantaggi anche alla loro clientela. Per chi volesse consultarlo, ecco il link all’articolo:
https://www.ft.com/content/23221ff8-de2c-11e6-86ac-f253db7791c6
Il loro numero è molto elevato (sono migliaia già solo in Europa) e molto spesso esse si caratterizzano per la fama di taluni professionisti di successo che provengono da importanti esperienze in realtà più grandi e più internazionali, desiderosi di privilegiare la qualità del lavoro, l’impegno nei confronti della clientela, nonché il loro tornaconto personale e quello della clientela azzerando i cospicui costi generali delle grandi istituzioni internazionali che pesano sulla retribuzione come sull’ammontare complessivo delle fees.
I VANTAGGI DELLA PICCOLA DIMENSIONE
Tipicamente le piccole banche d’affari possono assicurare alla clientela indipendenza e discrezione, oltre alla disponibilità ad occuparsi anche di operazioni di minor dimensione. Ma il vero vantaggio riscontrato nell’indagine promossa riguarda la passione e l’impegno profuso sul cliente che esse possono assicurare, a causa della prevalenza del fattore personale su quello “aziendale” nel rapporto con gli imprenditori, a volte anche a scapito dei profitti (per esempio quando le cose, strada facendo, si complicano ed esse tengono duro indipendentemente dalla ridotta convenienza).
LA FASE DI INTEGRAZIONE POST-DEAL
La cosa è ancora più evidente nella fase di integrazione successiva al vero e proprio “closing” di una qualche operazione straordinaria, meno strombazzata dai titoli dei giornali e nella quale l’intuitus personae fra professionista e cliente fa si che le c.d. Boutiques possano avere interesse a continuare ad erogare la loro assistenza. Accade poi spesso che quest’ultima si riveli particolarmente efficace in un segmento di attività (la fase post-merger) la cui importanza viene spesso sottovalutata dalla maggior parte degli imprenditori.
L’INTUITUS PERSONAE
Perché ciò accade? Innanzitutto bisogna notare che il “brand” più noto delle grandi organizzazioni internazionali le aiuta molto ad ottenere mandati di prestigio, ragion per la quale tutti gli altri mandati sono vissuti da queste ultime come “di serie B”.
In secondo luogo la prevalenza della grande organizzazione sull’individualità di chi ci lavora dentro non è un fattore oltremodo motivante per il singolo professionista a “dare l’anima” per riuscire a trovare soluzioni ai problemi più complessi. È ovvio ma succede ugualmente e questo significa minor attenzione alle esigenze specifiche di ciascun cliente.
Il fenomeno peraltro non riguarda soltanto le imprese familiari e/o di prima generazione, attente più alla fiducia che si instaura tra le persone di quanto possano contare gli standard e le interconnessioni internazionali che le grandi case possono vantare. Negli ultimi tempi sono state soprattutto le società di gestione dei fondi di private equity che si sono rivolte alle “boutiques”, alla ricerca di un miglior rapporto qualità prezzo e, spesso, di una più accentuata specializzazione per singoli settori economici. Nemmeno da trascurare è l’approfondita conoscenza delle logiche di chi investe denaro altrui, che fa sì che si preferiscano professionisti ben capaci di comprenderle a coloro che magari hanno fatto tutta la loro carriera nei principali dipartimenti di una grande banca generalista.
LA CONSULENZA STRATEGICA E L’ESPERIENZA NEGOZIALE
Ma la vera differenza sta nel contenuto di consulenza strategica che le piccole banche d’affari possono inserire nel “pacchetto” di servizi che vengono forniti all’impresa cliente, molto spesso di maggior valore per quest’ultima di quanto possano valere le grandi connessioni internazionali che esaltano la capacità di ricerca della società-target ideale.
La strategia non è soltanto quella “sulla carta” relativamente all’analisi di mercato e del posizionamento competitivo, ma soprattutto quella che può essere immediatamente ultilizzata per trovare le leve giuste che aiutino a concludere l’affare.
Spesso l’esperienza negoziale di chi è seduto alla regia dell’affare, unita alla conoscenza storica di taluni attori di uno specifico mercato possono fare la differenza, contribuendo non solo alla riuscita del deal, ma soprattutto alla corretta impostazione della società che risulterà dall’integrazione con la target, che non può che derivare da un duro lavoro di pianificazione strategica e di analisi delle singole fasi attuazione della medesima.
È in questo lavoro che prevalgono l’esperienza pratica e l’attenzione personale prestata dal professionista che si trova a lavorare nelle realtà più piccole e più esposte direttamente al rapporto diretto con il cliente. Per costui un eventuale fallimento dell’operazione da lui seguita sarebbe vissuto come una vera e propria disfatta personale, con la quale egli dovrebbe convivere per molti anni.
LA CONTINUITÀ DEL RAPPORTO NEGLI ANNI
In un mondo che continua a veder consolidare ogni settore economico che giunge ad una relativa maturità di prodotto, la vera sfida nel mercato delle fusioni e acquisizioni sta proprio nella riuscita delle unioni tra aziende più piccole e meno internazionalizzate, molte delle quali non hanno alcuna valida alternativa al percorso di progressiva crescita dimensionale.
Spesso per quegli imprenditori che si trovano di fronte ad un tale dilemma strategico il trovare professionisti entusiasti e dedicati ad una strategia di collaborazione con il cliente impostata sul medio-lungo periodo non è nemmeno praticabile senza aver individuato una banca d’affari che esprime talenti ma al tempo stesso anche calore umano!
Stefano di Tommaso