IL SUCCESSO DI PRIVATE EQUITY & VENTURE CAPITAL FA LIEVITARE LE VALUTAZIONI AZIENDALI E IL BENESSERE ECONOMICO

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IL CLAMOROSO SUCCESSO DELL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO  (PRIVATE EQUITY & VENTURE CAPITAL)

Il combinato disposto di ottime performances, cautela negli investimenti e un successo crescente nella raccolta (830 operazioni di fundraising nel 2016 hanno raccolto quasi 350 miliardi di Dollari) ha determinato un aumento considerevole della massa di denaro a disposizione dei fondi di private equity di tutto il mondo (per un totale di 820 miliardi di Dollari a fine 2016) e, ancor più importante, una crescente valutazione media delle imprese oggetto di investimento da parte loro!

È quel che riporta l’analisi pubblicata dal Prequin Global Private Equity & Venture Capital Report https://www.preqin.com/docs/samples/2017-Preqin-Global-Private_Equity-and-Venture-Capital-Report-Sample-Pages.pdf
con un’analisi molto dettagliata per settori e comparti nel mondo.

GLI INVESTIMENTI AVVENGONO A VALUTAZIONI SEMPRE PIÙ ELEVATE

Le grandi disponibilità dei fondi e la rinnovata possibilità di ottenere leva a tassi di interesse molto bassi, hanno però spinto verso l’alto in maniera importante le valutazioni delle società target: il 38% dei fondi intervistati da Preqin ha detto di aver visto crescere molto le valutazioni delle imprese e ciò nonostante ha dichiarato che gli investimenti nelle imprese continueranno in maniera decisa.

L’alternativa all’ingresso del Private Equity nel capitale, per tutte le aziende che se lo possono permettere è, si sa, la quotazione in Borsa. Ora i livelli stratosferici raggiunti oramai da tempo delle loro quotazioni , parallelamente ai bassi livelli dei tassi di interesse, aiutano ad elevare i parametri di riferimento (benchmark) per le valutazioni che i fondi devono riconoscere se vogliono ottenere un assenso dai migliori imprenditori.

La logica che ne consegue è senza dubbio che gli investitori del private equity dovranno necessariamente partire da livelli più alti di prezzo iniziale nella loro strategia di costruzione del valore per poi riuscire a disinvestire con un guadagno e tenere testa alle aspettative di chi ha dato loro fiducia, ma non solo.

CRESCE IL NUMERO DI AZIENDE INVESTITE E L’M&A CROSS-BORDER

Due interessanti corollari seguono infatti quella logica al rialzo:

– Il primo riguarda il fatto che, con importi di denaro contante più interessanti sul tavolo, molto probabilmente un sempre maggior numero di imprenditori prenderà nel prossimo futuro la decisione di accogliere un fondo chiuso nel proprio capitale azionario;

– Il secondo riguarda il fatto che ciò non potrà che favorire a sua volta le operazioni di fusioni e acquisizioni ( M&A ) nonché le combinazioni industriali “cross-border” (oltre confine)dal momento che i fondi di private equity cercheranno di giocare la partita della crescita di valore soprattutto su di esse, non potendo limitarsi a comprare bene per vendere meglio.

Le operazioni di “taglia e cuci” dei perimetri aziendali giocano indubbiamente un ruolo fondamentale nella possibilità di prendere in mano un business (soprattutto quando esso è in un settore industriale tradizionale) e cercare di efficientarlo, di esasperarne i punti di forza o di limitarne quelli di debolezza.
Ma più che nella ricerca delle sinergie e delle efficienze la vera partita i grandi investitori di Private Equity la giocano sui mercati di sbocco, dal momento che spesso è in quella direzione che le aziende non già completamente globalizzate possono lavorare per guadagnare la propria presenza su mercati nuovi, emergenti, o in maggior crescita. Primi fra tutti ovviamente quelli asiatici…

LA BORSA DA UNA MANO AL VENTURE CAPITAL

Anche per il venture capital il periodo più recente è stato innegabilmente il più roseo: l’avvento della digitalizzazione e della globalizzazione ha certamente favorito lo sviluppo di queste ultime e, con esse, del valore creato dalle imprese che hanno cavalcato le innovazioni.
Anche per il venture capital l’evoluzione delle quotazioni borsistiche ha favorito i favolosi rendimenti di chi vi ha investito: senza l’avvento delle molteplici quotazioni in Borsa degli “unicorni” (le start-up tecnologiche valutate più di un miliardo di Dollari) il disinvestimento dei fondi di capitale di ventura sarebbe stato più difficile e, con esso, il loro guadagno.

In definitiva dunque il successo del mercato dei capitali che condanna i suoi operatori a lavorare sempre meglio e sempre più su scala globale, favorisce lo “shake-out” del panorama industriale, che con essi si rinnova più velocemente, si consolida nelle dimensioni aziendali e nella capacità distributiva e, soprattutto, si rende più efficiente nei margini e nella produttività anche grazie all’adozione di innumerevoli nuove tecnologie.

QUALI CONSEGUENZE SOCIALI

Nel lungo termine questo fenomeno non può che generare ricchezza e, per tale motivo, ha aspetti positivi da qualunque parte lo si guardi, dal momento che senza la generazione di nuova ricchezza non può incrementarsi il benessere economico collettivo.
Nel breve termine viceversa alcune conseguenze negative dello shake-out industriale indotto dal rinnovamento radicale che consegue alle accelerazioni provocate dal mercato dei capitali sono innegabili, perché efficientare le aziende significa spesso liberarsi delle vecchie abitudini e dei vecchi dirigenti, i quali rischiano di ritrovarsi in gran numero a spasso e senza più il ruolo -anche sociale- che avevano in precedenza, magari importante.

L’accelerazione delle ricombinazioni industriali necessita perciò del supporto di sistemi di previdenza sociale capaci di assicurare adeguati ammortizzatori alle vicende personali di chi si trovava a lavorare nell’ambito sbagliato o nel mercato che si rinnova maggiormente, per permettergli di ricollocarsi altrove. E questa è la nota più dolente, dal momento che i governi del mondo occidentale hanno sempre minori risorse per il “welfare” da spendere per i meno giovani.

Ma, come si sa, l’unica vera assicurazione per il benessere collettivo è la crescita economica e, mai come in questo momento prima, il mercato dei capitali è stato alacremente al lavoro per realizzarla!

 

Stefano di Tommaso